Urbanistica

Diniego del permesso in sanatoria, il Consiglio di Stato detta linea sull'obbligo di motivazione

Per rifiutare il rilascio di un titolo edilizio basta accertare la non conformità del progetto alle norme urbanistiche, senza necessità di altre spiegazioni

di Pietro Verna

L'accertamento della non conformità delle opere edilizie con la normativa urbanistica vigente è condizione sufficiente a sorreggere il diniego del permesso di costruire, senza che l'Amministrazione abbia l'onere di fornire ulteriori spiegazioni, in quanto ad essa spetta unicamente l'attività di verifica della conformità urbanistico-edilizia dell'istanza.

In questi termini, il Consiglio di Stato (sentenza 7 febbraio 2020 n.984) ha confermato la pronuncia con la quale il Tar Campania- Napoli aveva rigettato il ricorso proposto contro la richiesta di accertamento di conformità ex art. 36 del Dpr n. 380 del 2001 avanzata dai proprietari di un immobile sito nel centro storico di Napoli sul quale erano state realizzate opere abusive di cui era stata disposta la demolizione. Provvedimento che l'amministrazione comunale aveva adottato per due ordini di motivi. In primis perché l'area interessata ricadeva in una zona soggetta a vincolo disposto ex art. 157 del codice dei beni culturali e del paesaggio. In secondo luogo perché l'intervento edilizio oggetto della domanda di sanatoria ( definito «pergolato ligneo») consisteva in realtà in una «tettoia con palizzata di legno e tegole sul terrazzo di copertura in sostituzione di un precedente sottotetto», realizzata in contrasto con l'art. 92, comma 5, della variante al piano regolatore generale («gli interventi […] non devono comportare modificazioni della posizione e della quota degli elementi strutturali»).

La vicenda processuale
I ricorrenti avevano impugnato l'ordine di demolizione sostenendo che sarebbe stato adottato in assenza del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo e in violazione delle norme sul procedimento amministrativo (omissione della comunicazione di avvio del procedimento, omessa indicazione del responsabile del procedimento, mancato rispetto dell'ordine cronologico di presentazione nell'esame delle domande ecc. ). Argomentazioni che i giudici amministrativi partenopei avevano respinto alla luce dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'ordine di demolizione di opere abusive è un atto dovuto in presenza di opere realizzate senza titolo abilitativo (ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI n. 4743 del 28 giugno 2004) e dell'art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 («non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato»).

Fermo restando che dalla perizia giurata era emerso che l'innalzamento della pendenza della tettoia aveva determinato la realizzazione di due nuovi volumi per i quali sarebbe stato necessario sia il permesso di costruire che il nulla osta paesaggistico. Ragion per cui la sanatoria doveva essere negata ai sensi dell' art. 36 del Dpr n.380 del 2001 a mente del quale l'accertamento di conformità è ammesso nel solo caso che «l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda».

La sentenza del Consiglio di Stato
Diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, che avevano riproposto i motivi del ricorso di primo grado, il Collegio di Palazzo Spada ha condiviso la decisione dei giudici amministrativi partenopei, evidenziando che:

1) l'opera realizzata non poteva qualificarsi come "pergolato ligneo" in quanto il pergolato, per sua natura, è un manufatto realizzato in struttura leggera di legno che funge da sostegno per pianti rampicanti e o per teli, che realizza una ombreggiatura di modeste dimensioni, destinate ad un uso momentaneo (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 29 settembre 2011, n. 5409) né poteva rientrare fra le categoria delle opere di manutenzione straordinaria in quanto gli interventi di manutenzione straordinaria sono caratterizzati da un duplice limite: la necessità che i lavori siano diretti alla mera sostituzione o al puro rinnovo di parti dell'edificio e il divieto di alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari o di mutare la loro destinazione (Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 giugno 2013, n. 3270);

2) l'ordinanza di demolizione, nel richiamare le previsioni dello strumento urbanistico, aveva «congruamente» motivato esplicitate le ragioni che avevano indotto l'amministrazione a ravvisare il contrasto delle opere abusivamente eseguite con le norme urbanistiche (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 17 ottobre 2017, n. 8, secondo cui l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione, può dirsi soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate).

La sentenza del Consiglio di Stato

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©