Urbanistica

Distanze, deroghe locali possibili solo tra più costruzioni viste come un unico edificio

di Mauro Salerno

Le deroghe alle distanze minime tra gli edifici sono possibili soltanto quando è in gioco un piano particolareggiato che includa più fabbricati, che è possibile considerare come una costruzione unica ai fini dell'assetto urbano. Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza numero 29867/2019, depositata ieri.

A far nascere il caso, il piano proposto da due proprietari che, a fronte di un'istanza comune, avevano ottenuto una concessione edilizia per ampliare le rispettive porzioni di un edificio. Ottenuto il permesso, uno dei due proprietari aveva sopraelevato la propria costruzione senza rispettare il limite minimo della distanza di 10 metri lineari dalle pareti finestrate. Secondo la ricostruzione della difesa, il superamento del limite era reso possibile dal fatto di aver presentato un «progetto unitario» insieme all'altro proprietario e questo sarebbe stato elemento sufficiente a far scattare la deroga prevista dal Dm 1444/1968 (articolo 9, ultimo comma) secondo cui «sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche».

La Cassazione ha bocciato questa interpretazione, ricordando che il regime delle distanze tra le costruzioni private appartiene alla legislazione esclusiva dello Stato. Le Regioni «possono derogare solo con previsioni più rigorose, funzionali all'assetto urbanistico del territorio». Stabilito il principio i giudici della Corte ricordano che eventuali deroghe da parte degli strumenti urbanistici sono legittime quando fanno riferimento «a una pluralità di fabbricati ("gruppi di edifici") che siano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate, con previsioni planivolumetriche che evidenzino una capacità progettuale tale da definire i rapporti spazio dimensionali e architettonici delle varie costruzioni, considerate come se fossero un edificio unitario e siano finalizzate a conformare un assetto complessivo di determinate zone». Tutto questo, spiega la sentenza, perché la legittimità alla deroga del principio della distanza minima di 10 metri «è strettamente connessa al governo del territorio e non, invece, ai rapporti tra edifici confinanti isolatamente intesi».

La conseguenza, dunque, è che non basta un piano unitario tra due privati a far scattare la deroga. Perché un piano simile «non è equiparabile ad un piano particolareggiato e ad una lottizzazione convenzionata, risolvendosi, come è stato osservato, in una istanza congiunta di concessione edilizia relativa a singole costruzioni e non concernente in alcun modo l'assetto urbanistico di un'intera area del territorio comunale».

La sentenza della Cassazione

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