Urbanistica

Edificio abusivo? La Pa non paga i danni in caso di esondazione

di Pietro Verna

La pubblica amministrazione non è tenuta a risarcire i danni da esondazione subiti dal proprietario di una costruzione realizzata senza titolo edilizio. Tale violazione, infatti, recide, ex art. 1227 cod.civ. ( « Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate»), il nesso causale tra il bene in custodia della Pa e il danno subito dall'interessato, azzerando la responsabilità che grava sulla stessa Pa in forza dell' art. 2051 cod. civ. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (ordinanza 26 luglio 2019, n.20312), che ha accolto il ricorso proposto contro la pronuncia con la quale la Corte di appello di Salerno aveva confermato la condanna del Comune di Positano a risarcire quota parte dei danni procurati dall' esondazione delle acque piovane a due locali abusivi realizzati su una costruzione esistente ( il primo dei quali sotto l'arco strutturale della strada pubblica, l'altro in adiacenza al tratto di sede stradale investito dal fango e dall'acqua).

La vicenda processuale
La Corte territoriale aveva riconosciuto la responsabilità del Comune nella misura del 66% per i danni arrecati dall'esondazione di acque meteoriche al locale abusivo sito al primo piano della costruzione e nella misura del 34% per i danni arrecati all'altro locale. Ciò in ragione del concorso di colpa del proprietario nella causazione dell'evento (« aveva costruito […] abusivamente e senza attenersi alle regole dell'arte » e della «negligente manutenzione dei condotti fognari della strada» da parte del Comune. Di qui il ricorso in Cassazione con il quale il Comune aveva evidenziato che l'esondazione non sarebbe stata causa del danno , ma l'occasione dell'evento, « essendosi il danno prodotto su immobili edificati senza titolo e in spregio delle regole di costruzione».

La sentenza della Cassazione
La Suprema Corte ha "richiamato" la Corte d'appello a risolvere il problema del concorso di cause nella produzione dell'evento dannoso cagionato alla cosa in custodia alla luce dell'art. 41 cod. pen. (« Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento») ossia mediante un'indagine delle singole condotte colpose e della loro incidenza sul piano causale (ex multis, Cassazione, Sez.VI, ordinanza 8 febbraio 2019, n.3779).

Indagine che è mancata nel caso di specie, perché il giudice di merito non ha tenuto né della gravità dell'abuso edilizio, né dell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui:

- l'assenza dello jus aedificandi determina di per sé « l'effetto di esclusiva efficienza causale sul piano degli eventi causativi del danno da risarcire, stante la natura "conformativa" dei vincoli di edificabilità apposti sul diritto di proprietà, ex art. 42 Cost.» (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 7 aprile 2010, n. 1982);

- al dovere di precauzione imposto dall'art. 2051 al titolare della cosa in custodia si accompagna il dovere di cautela posto in capo a chiunque entri in contatto con la stessa

Dovere, questo, che risponde al principio di solidarietà sancito dall' art. 2 della Costituzione e, dunque, all'obbligo di adottare «condotte idonee a limitare […] gli aggravi […]. in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile» (da ultimo, Corte di Cassazione- Sez. VI – ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27724).

Pronuncia con la quale si afferma che quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno.

La sentenza della Cassazione

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