Urbanistica

Abuso edilizio, per la sanatoria è necessaria la «doppia conformità»

di Q.E.T.

Se e come è possibile sanare un edificio rurale ristrutturato negli anni '80. Cosa è possibile fare se non si riceve risposta dopo aver inviato un esposto per un presunto abuso edilizio. Quando è sanabile la conformità edilizia di un edificio che non rispetta le distanze minime. Sono alcuni degli argomenti affrontati dai tecnici del Sole 24 Ore nei più recenti quesiti pubblicati da L'esperto risponde.

Per sanare l'abuso edilizio occorre la doppia conformità
QUESITO: Ho ereditato un terreno sulle colline venete con annesso fabbricato rurale di remota costruzione (ante 1967), su cui sono stati eseguiti a fine anni '80 lavori di ristrutturazione edilizia, senza alcun titolo abilitativo. Il fabbricato è stato successivamente iscritto al catasto edilizio urbano come abitazione civile (soggetta quindi a Imu e Tasi), ma a livello urbanistico risulta tuttora rurale (nel rogito d'acquisto, stipulato nel 1983, è specificato che l'immobile è costituito da un locale e stalla al piano terra e due locali al 1° piano).Poiché, in assenza di conformità urbanistica catastale, non mi è possibile alienare l'immobile e il Comune non rilascia alcun provvedimento in sanatoria, in base al Dpr 380/2001, cosa posso fare per regolarizzare la situazione?
RISPOSTA: La situazione non sembra risolvibile. Infatti in base al Dpr 380/2001, per ottenere la sanatoria edilizia occorre la doppia conformità. L'immobile, quindi, doveva essere conforme alle norme edilizie vigenti all'epoca in cui sono state realizzate le opere di cambio d'uso e deve essere conforme alle norme vigenti al momento in cui si chiede la sanatoria. Queste condizioni in base al Comune non sussistono e quindi non è possibile regolarizzare la situazione. La regolarità catastale ha solo valenza fiscale, ma non edilizia. (Vincenzo Petrone)

Esposto per abusi edilizi e mancata risposta
QUESITO: Qualche tempo fa ho inoltrato al sindaco e alla Polizia locale un esposto per un presunto abuso edilizio che mi danneggiava nella realizzazione di una tettoia. Nella lettera chiedevo di accertare se l'opera fosse stata realizzata in assenza di autorizzazione e in contrasto delle leggi urbanistiche vigenti, per veder tutelato anche il mio interesse legittimo di veduta a piombo. Chiedevo anche che mi venisse data notizia dell'esito dell'accertamento, al fine di decidere le azioni da intraprendere per la tutela del mio diritto. Dopo circa tre mesi mi sono recato in Comune per chiedere notizie al comando della Polizia locale: la mia segnalazione non risultava trasmessa. Il Comune è tenuto a rispondere alla mia richiesta? Cosa posso fare per verificare le ragioni che hanno impedito la consegna dell'atto alla Polizia locale?
RISPOSTA: Il proprietario di un immobile che confina con quello oggetto di lavori edilizi che si ritengono abusivi è senz'altro legittimato non solo a effettuare un esposto al Comune per sollecitare adeguati controlli, ma anche a formulare la richiesta di accesso agli atti per verificare quale seguito abbia avuto la propria segnalazione. In caso di omesso riscontro a quest'ultima istanza, entro il termine di trenta giorni può essere proposto ricorso al difensore civico, ove costituito, oppure al tribunale amministrativo regionale. (Umberto Fantigrossi)

Finestre abusive usucapite dopo 20 anni dalle modifiche
QUESITO: In un fabbricato adiacente a un altro, da più di 20 anni sono state aperte delle luci (non finestre) in modo abusivo, non rispettando il progetto iniziale che è presso il Comune, senza mai neanche condonare tali opere. Il fabbricato vicino, in caso di sopraelevazione o ricostruzione, può attaccarsi a quello vicino, chiudendo pertanto le luci, oppure ha il dovere di distanziarsi?
RISPOSTA: Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, è ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal Codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici, anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso per l'usucapione (Cassazione, 18888/2014 e 14916/2015). Se, come sembra dalle informazioni riportate nel quesito, i venti anni necessari per l'acquisto per usucapione fossero già trascorsi, il vicino avrebbe acquisito il diritto a mantenere le finestre e il relativo diritto di veduta, a prescindere dall'esistenza o meno di idoneo titolo abilitativo a costruire, salvo comunque l'eventuale intervento dell'amministrazione comunale volto a sanzionare l'intervento abusivo a suo tempo realizzato. Di conseguenza, le modifiche al fabbricato adiacente non possono essere eseguite in violazione della normativa in materia di luci e vedute. (Massimo Sanguini)

La concessione edilizia e l'irreperibilità in Comune
QUESITO: Nell'atto pubblico di vendita di un appartamento (seconda casa), stipulato nel 1983 da parte di una ditta individuale, è citato il numero della licenza edilizia rilasciata il 17 luglio 81 dal Comune ai proprietari dell'area venduta alla ditta che, su tale area, ha costruito un complesso di dieci appartamenti, tra cui quello oggetto della compravendita. In seguito l'appartamento è stato ereditato da due fratelli; poiché uno dei due intende cedere all'altro la sua quota, lo studio notarile incaricato ha chiesto, tra i vari documenti, la concessione edilizia citata nell'atto originario. Il Comune interpellato non trova traccia alcuna della concessione, nonché della richiesta di abitabilità, dichiarata come in corso alla data di stipula del citato atto pubblico. Devo considerare il complesso edificato come abusivo?
RISPOSTA: Nel caso in cui la concessione edilizia non sia rinvenibile agli atti del Comune, bisognerebbe cercare di fornire tutta la documentazione eventualmente utile (istanze, progetti, risultanze catastali e, se del caso, perizie basate su tali atti e documenti), al fine di ottenere una certificazione sostitutiva da parte dell'ente. Nel caso in cui invece - e malgrado le risultanze dell'atto di compravendita - la suddetta concessione non fosse mai stata richiesta al Comune, solo allora l'immobile dovrebbe essere senz'altro considerato abusivo, con tutte le conseguenze sia da un punto di vista sanzionatorio che, eventualmente, demolitorio. (Massimo Sanguini)

Distanza minima di 10 metri: la difformità non è sanabile
QUESITO: Ho ereditato un immobile che presenta una difformità urbanistica (distanza tra fabbricati minore di 10 metri). A suo tempo è stata rilasciata l'abitabilità dal Comune, in seguito a un sopralluogo dell'ufficiale sanitario e del tecnico comunale, asserendo che non vi erano violazioni del regolamento municipale di igiene e sanità (aprile 1975). Attualmente l'ente comunale mi chiede di demolire l'immobile o di fiscalizzare l'abuso al valore di 90mila euro. A questo punto non so quali strade intraprendere, ma soprattutto se posso vantare dei diritti. Vorrei vendere l'immobile. L'ente comunale non vuole assumersi le dovute responsabilità in merito ai titoli abilitativi rilasciati: sicuramente hanno rilasciato autorizzazioni non conformi, ma mi chiedo perché debba essere solo io a pagare. Inoltre, per quel che riguarda il metodo di calcolo della sanzione comminata, non vengono applicati i coefficienti correttivi del costo base di produzione dell'immobile.
RISPOSTA: La situazione è alquanto complessa. Per quanto concerne il mancato rispetto della distanza di 10 metri tra fabbricati, si tratta di una misura imposta dal Dm 1444/1968, che non risulta derogabile e quindi sanabile. L'abitabilità rilasciata nel 1975 non fa riferimento ad alcun abusivismo, ma si limita ad affermare che "non vi erano violazioni del regolamento municipale di igiene e sanità", ossia per il rilascio di questa autorizzazione sono stati valutati i soli aspetti igienico-sanitari e non gli aspetti urbanistici.Alla luce della non sanabilità del misura di 10 metri, desta meraviglia il fatto che il Comune quantizzi in 90mila euro la non demolizione. Circa, poi, la valutazione quantitativa della sanzione, nulla si può dire in merito per mancanza di elementi valutativi. Se si vuol vendere il fabbricato occorre tenere presente che gli immobili abusivi, stante molte sentenze, non hanno mercato. (Vincenzo Petrone)

Comunicazione al Comune se la sanatoria non serve più
QUESITO: Ho presentato una Scia in sanatoria per una copertura in policarbonato fissata con bulloni sul mio terrazzo. Dopo aver ricevuto la comunicazione da parte della Procura della Repubblica competente, per presentare documenti riguardo il presunto abuso edilizio, il tutto è stato archiviato perché non è stato riscontrato nulla di anomalo, visti i verbali di sopralluogo della Polizia giudiziaria, e con la documentazione allegata risultava tutto conforme alla normativa vigente riguardante l'edilizia libera. In campo amministrativo devo continuare l'iter o comunicare dettagliatamente il provvedimento della Procura?
RISPOSTA: Nel caso in cui sia venuto meno l'interesse a ottenere un titolo abilitativo a costruire in sanatoria, è comunque consigliabile comunicare la relativa rinuncia all'amministrazione comunale procedente, facendo presente le ragioni per cui si ritiene non più necessaria la regolarizzazione a suo tempo richiesta. Ciò al fine di allineare, da un punto di vista amministrativo, la posizione del privato con quella dell'ente locale, nonché per evitare inutili spese e/o sanzioni relative a una sanatoria che, stante anche la pronuncia del giudice penale, non ha motivo di sussistere. (Massimo Sanguini)

Condono del '94: ampliamenti non superiori al 30 per cento
QUESITO: Secondo il condono del 1994, è possibile sanare un aumento di volume di circa 360 metri cubi di un fabbricato già esistente (di 1.100 mc), avente una destinazione di deposito e costruito sulla base di una concessione edilizia, e, contestualmente, cambiare la destinazione d'uso da deposito a scuola dell'intero fabbricato (inclusa la parte asserita)? Sussistono limiti specifici all'accettabilità della pratica in tal senso? Il provvedimento può rischiare di essere parziale, sanando solo l'aumento volumetrico?
RISPOSTA: In base all'articolo 39, comma 1, della legge 724/1994, la sanatoria delle opere abusive di cui alla legge 47/1985 è applicabile anche a quelle ultimate entro il 31 dicembre 1993, ove le stesse non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria, ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Nel caso di specie, quindi, la volumetria ammessa non potrà superare il 30% di quella originaria.Quanto alla destinazione d'uso, la normativa in esame e, in particolare, l'articolo 33 della legge 47/1985, non pare fissare un'esplicita esclusione in merito alla sanabilità della tipologia di abuso in questione, salvo ovviamente il rispetto della normativa in materia di edilizia scolastica. (Massimo Sanguini)

Termine di 10 anni per oneri di urbanizzazione non versati
QUESITO: Nel marzo del 2016 ho acquistato, tramite agenzia immobiliare, una casa con varie pertinenze, di cui due erano state condonate perché abusive. In data odierna mi è arrivata una lettera dal Comune, con oggetto «avvio del procedimento per l'applicazione delle indennità risarcitorie». Il condono è stato richiesto dal vecchio proprietario nel 1986 e la concessione in sanatoria è stata poi rilasciata il 27 novembre 2013. Premettendo che non ero a conoscenza di dover pagare un'indennità per una concessione già arrivata prima dell'acquisto (né il geometra, l'agenzia o l'ex proprietario me lo avevano comunicato), su chi grava l'onere? E cosa dovrei fare in questo caso?
RISPOSTA: Non è molto chiaro cosa il Comune intenda per "indennità risarcitorie" conseguenti a un condono edilizio. Probabilmente sono conguagli relativi a oneri di urbanizzazione non versati, in merito ai quali, comunque, il termine di prescrizione entro cui il Comune può pretenderne il pagamento è decennale. Tale termine inizia a decorrere dal rilascio del titolo abilitativo in sanatoria (si veda, tra l'altro, Tar Campania, Napoli, sezione VI, 2211/2017, e Tar Sardegna, Cagliari, sezione II, 187/2017): pertanto, la richiesta del Comune sembrerebbe legittima, almeno da un punto di vista temporale. L'attuale proprietario è tenuto al relativo pagamento nei confronti del Comune, salva poi l'eventuale rivalsa nei confronti del venditore. (Massimo Sanguini)

Sanatoria e piano casa per l'ampliamento abusivo
QUESITO: Possiedo un fabbricato unifamiliare legittimamente ricostruito, ma con una piccola difformità (40 metri cubi di ampliamento ed elevazione) che desidero regolarizzare. Il Piano casa Sicilia con scadenza 31 dicembre 2018 consente interventi edilizi con aumento di cubatura fino al 20%, con il limite di 200 metri cubi: è applicabile al mio caso? Tenendo conto che l'immobile dispone di una differenza di 230 metri cubi tra cubatura del fabbricato medesimo (410) e cubatura disponibile (640), in aggiunta ai metri cubi della difformità esistente da "asporto", potrei ampliare di altri pochi metri cubi, per una migliore sistemazione logistica del fabbricato?
RISPOSTA: Precisiamo che la difformità di cui si parla non è sicuramente sanabile tramite la legge sul Piano casa in quanto la stessa è applicabile a immobili legittimamente realizzati e/o condonati.Volendo sanare comunque la difformità, dal momento che le norme del piano regolatore permettono ancora la realizzazione di 230 mc, si potrebbe invocare l'applicazione dell'articolo 36 del Dpr 380/2001, secondo cui il proprietario dell'immobile può ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulta conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. Una volta ottenuta la sanatoria a quel punto è possibile ampliare l'immobile per i metri cubi ancora assentibili utilizzando il Piano Casa. (Vincenzo Petrone)

I condòmini possono fare rimuovere la veranda abusiva
QUESITO: In una proprietà composta da sei unità immobiliari, vincolata, internamente ed esternamente, in base alla legge 1089/1939, alcuni anni fa è stata costruita una veranda in ferro e vetro, di svariati metri quadrati, ancorata alla facciata e al pavimento della terrazza, di uso esclusivo di un condomino, che funge da copertura per due porzioni di appartamenti sottostanti. Si presume che l'interessato abbia fruito di condoni intercorsi, anche se non è in possesso di una delibera condominiale che avrebbe dovuto approvarne, preventivamente, l'istallazione.La veranda in questione potrebbe essere fatta rimuovere?
RISPOSTA: Se il manufatto di cui parla il lettore è stato costruito sulla parte comune di uno stabile condominiale in violazione di un vincolo storico-culturale (Legge 1089/1939 e ora Dlgs 42/2004), per la relativa sanatoria, ordinaria o di condono, era richiesta l'unanimità dei consensi di tutti i condòmini (e non la sola maggioranza), nonché la preventiva autorizzazione dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo. In tale contesto, a parte eventuali interventi repressivi della Sovraintendenza, anche il condominio e i condomini possono intervenire per la rimozione del manufatto abusivo. (Silvio Rezzonico)

Comproprietario responsabile dell'abuso compiuto dall'altro
QUESITO: Mio fratello ed io siamo proprietari di una villa al 50% ciascuno: mio fratello occupa il primo piano e io il piano terra. Se mio fratello compie un abuso edilizio/amministrativo (cioè affitta senza l'abitabilià o monta uno scalandrone per scendere in giardino dal terrazzo), tale abuso ricade solo su di lui, oppure, riguardando l'intero immobile, ricade anche su di me?
RISPOSTA: Nel caso di abuso edilizio, il proprietario (anche pro quota) viene normalmente coinvolto nel procedimento sanzionatorio, in virtù del presunto interesse del medesimo a conseguire l'utilità derivante dall'abuso. Secondo la giurisprudenza, solo se viene dimostrata l'estraneità del proprietario ai fatti, per non averli favoriti direttamente o indirettamente, e per non avervi partecipato neppure moralmente, questi non potrà essere ritenuto responsabile. Di conseguenza, nel caso di specie, sarebbe utile inviare una diffida all'altro comproprietario ed eventualmente a chi realizza i lavori, in cui si evidenzia la totale estraneità al cantiere e alle opere abusive commissionate. Ciò chiarisce l'estraneità nel caso in cui dovessero partire procedimenti riguardanti la vicenda edilizia. Inoltre, nel caso in cui i lavori procedano, è consigliabile, al fine di evitare problemi o l'addebito di una condotta omissiva, promuovere un procedimento giudiziale d'urgenza per impedire la realizzazione dell'abuso sull'immobile in comproprietà. (Vincenzo Petrone)

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