Urbanistica

Titoli edilizi atipici, obbligo di motivazione «rinforzata» per le ordinanze di demolizione

di Pietro Verna

Nel caso di una costruzione abusiva risalente nel tempo, e vi sia il legittimo affidamento sulla permanenza dell'opera ingenerato dal comportamento tenuto dall'amministrazione o dal rilascio di un titolo atipico deve trovare applicazione il principio in forza del quale l'ordine di demolizione necessita di una ponderata motivazione che dia conto dell'interesse del titolare del bene alla sua conservazione ed utilizzazione con quello dell'amministrazione al ripristino dell'assetto del territorio compromesso dalla permanenza dell'abuso (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11 dicembre 2018, n.6983).

In questi termini, il massimo organo di giustizia amministrativo ha ribaltato la pronuncia con la quale il Tar Calabria- Catanzaro aveva respinto il ricorso proposto contro l'ordinanza con la quale il Comune di Rende aveva disposto la demolizione di opere realizzati su un compendio edilizio, consistenti nella realizzazione di un andito transitabile fra corpi di fabbrica contigui e nella costruzione di due tettoie (una precaria, aperta ai lati, di limitate dimensioni e l'altra non amovibile di mq. 162,45).

La vicenda processuale
Il Tar aveva rigettato tutti i motivi del ricorso, segnatamente:
1) aveva ritenuto infondata la violazione degli artt. 7 (Comunicazione di avvio del procedimento) e 8 (Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento) della legge 7 agosto 1990 n. 241 del 1990 «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo»;
2) aveva considerato irrilevante, ai sensi dell'art. 31 (Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) del testo unico dell'edilizia, il fatto che gli originari proprietari dell'immobile avessero ottenuto in data 30 dicembre 1981 la concessione edilizia per la realizzazione della tettoia non amovibile a condizione che la stessa, a richiesta dell'amministrazione, venisse rimossa;
3) ed infine aveva respinto la censura con la quale parte ricorrente, in ragione della vetustà delle opere, rivendicava «un obbligo motivazionale rafforzato dell'ordinanza di demolizione». Censura che il giudice amministrativo aveva “liquidato” richiamando l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'ordinanza di demolizione è sufficientemente motivata attraverso il riferimento ai fatti e alla violazione della disciplina urbanistico-edilizia rilevante, senza che sia necessaria una specifica motivazione sull'interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, «non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto» (Tar- Sardegna, Sez. II, 16 gennaio 2017, n. 15).

La pronuncia di Palazzo Spada
La sentenza del Consiglio di Stato muove dal fatto che la porzione più consistente delle opere oggetto dell'ordinanza di demolizione (la tettoia non amovibile) «preesisteva già a far data dal 1981: tant'è che il Comune rilasciando il titolo edilizio, seppure condizionato, ne aveva espressamente riconosciuto l'esistenza legittimandone l'utilizzo», pervenendo alla conclusione che a fronte di tale situazione e del conseguente affidamento ingeneratosi nel proprietario dell'immobile il Comune avrebbe dovuto effettuare una specifica valutazione dell'interesse pubblico e dell' interesse privato coinvolti. Ciò in conformità a quanto stabilito dalla sentenza dell' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 17 ottobre 2017, n. 8, che, pur condividendo il principio di ordine generale secondo cui l'ordinanza di demolizione non richiede alcuna specifica valutazione delle ragioni d'interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati (Consiglio di Stato, sez. VI, 31 maggio 2018 – 4 giugno 2018, n. 3351), ha precisato che nel caso in cui, oltre situazione di illiceità consolidatasi nel tempo, si aggiunga il legittimo affidamento sulla permanenza ed utilizzazione dell'opera abusiva ingenerato dal comportamento tenuto dall'amministrazione deve trovare applicazione il principio in forza del quale l'ordine di demolizione necessita di una ponderata motivazione da cui emerga la valutazione dei contrapposti interessi: quello del titolare del bene alla conservazione ed utilizzazione della res abusiva, risalente nel tempo e fatta oggetto di un titolo edilizio mai rimosso, con quello dell'amministrazione al ripristino illico et immediate dell'assetto del territorio compromesso dalla permanenza in loco dell'abuso. Il che non è avvenuto nel caso di specie, dal momento che all'individuazione dell'opera abusiva realizzata in forza di un titolo edilizio condizionato, di per sé, inammissibile (Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 aprile 2018, n. 2366), «non ha fatto riscontro la valutazione della [sua] preesistenza nel tempo e dell'affidamento ingenerato sui titolari di essa per effetto del rilascio del titolo edilizio condizionato mai previamente annullato».

La sentenza del Consiglio di Stato

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