Urbanistica

Abusi edilizi, la domanda di sanatoria non può bloccare la demolizione

di RadiocorPlus

In materia di abusi edilizi, non basta che si formi il silenzio-assenso della Pa sulla domanda di sanatoria, perchè il giudice dell'esecuzione sia tenuto a revocare o sospendere l'ordine di demolire emanato dal giudice di merito con sentenza definitiva. La sentenza n. 55028 depositata oggi dalla Corte di cassazione ribadisce che solo il rilascio della concessione o del permesso di costruire 'in sanatoria' estingue il reato edilizio limitando il sindacato del giudice alla corrispondenza tra opere sanate e titolo abilitativo. Al contrario il giudice dell'esecuzione può - anzi deve - valutare sotto il profilo tanto formale quanto sostanziale, l'istanza di sanatoria portata alla sua attenzione per ottenere la conservazione dei manufatti abusivi e, di conseguenza, giudicare se le opere di cui il tribunale con sentenza definitiva aveva deciso la demolizione vadano mantenute o meno.

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui si sosteneva che il giudice dell'esecuzione avesse esorbitato dai propri poteri sconfinando in quelli dell'amministrazione locale. Infatti, la sentenza di legittimità ha ribadito che «il giudice dell'esecuzione, in presenza di una domanda di sanatoria non deve limitarsi a prenderne atto ai fini della sospensione o della revoca dell'ordine di demolizione, impartito con la sentenza di condanna, ma deve esercitare il potere-dovere di verifica della validità ed efficacia del titolo abilitativo, valutando la sussistenza dei presupposti per l'emanazione dello stesso e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio oltre, ovviamente, alla rispondenza di quanto autorizzato con le opere destinate alla demolizione, con l'ulteriore precisazione che il rispetto dei principi generali fissati dalla legislazione nazionale richiesto per le disposizioni introdotte dalle leggi regionali riguarda anche eventuali procedure di sanatoria».

Secondo il ricorrente la regolarizzazione prevista dalla norma siciliana (comma 5 dell'articolo 20 della legge regionale n. 4/2003) si sarebbe compiuta per effetto del decorso del tempo, seguito alla presentazione della sua istanza per opere contemplate dalla sanatoria come «precarie» e «già esistenti». Determinando - sempre secondo il ricorrente - il mutamento della situazione giuridica alla base dell'ordine di demolizione. Invece, per la Cassazione ben ha fatto il giudice dell'esecuzione a dare prevalenza al testo unico dell'edilizia - rispetto alla norma regionale - sul punto della validità di un silenzio-assenso e dell'esatto momento estintivo dell'abuso. Infine, sempre legittimo è il giudizio di merito contenuto nella sentenza impugnata secondo cui le opere non erano affatto precarie, anche a voler applicare il criterio 'funzionale' e non strutturale adottato in via di eccezione dalla Regione siciliana, in quanto tassativo e non interpretabile in chiave estensiva.

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