Urbanistica

Caos bando periferie: solo 15 città hanno nei conti «risparmi» sufficienti per le opere

di Gianni Trovati

La polemica incendiaria sul bando periferie ha sparso a piene mani certezze in Parlamento e incognite nelle amministrazioni locali. Fra Camera e Senato si confronteranno anche nella giornata decisiva di oggi le posizioni nette della maggioranza M5S-Lega, che nella sospensione delle 96 convenzioni vede lo strumento per premiare gli enti «virtuosi» titolari di avanzi senza che sia lo Stato a decidere dove promuovere investimenti e dove no, e quelle altrettanto chiare dell’opposizione, che parlano di «scippo» e provano a riesumare le convenzioni a suon di emendamenti.

Tanta sicurezza si sgretola però quando dalle stanze della politica si passa agli uffici delle ragionerie locali. Che cosa si potrà fare davvero una volta in vigore il Milleproroghe? E chi può fare cosa?

Prima di avventurarsi nel dedalo creato dall’emendamento notturno approvato al Senato e in via di conferma alla Camera, è utile anticipare i risultati. La sospensione delle convenzioni produce sui conti pubblici un effetto positivo per 1.030 milioni in quattro anni, di cui 140 milioni nel 2018, che servirebbero a coprire gli effetti di un primo “sblocco” generalizzato degli avanzi di amministrazione. Ma per utilizzare gli avanzi per investimenti occorre applicarli, modificando il bilancio con parere dei revisori e voto in consiglio comunale, e adeguare i programmi delle opere pubbliche (con la procedura complessa descritta nell’articolo qui a destra): mosse che richiedono mesi. «Andrebbero acquisiti - aggiungono nel loro dossier i tecnici del servizio Bilancio della Camera - chiarimenti volti a confermare l’effettiva possibilità, per i Comuni interessati, di rimodulare, senza che si determinino ulteriori oneri, gli impegni di spesa e i connessi pagamenti in relazione al differimento dell’efficacia delle convenzioni».

I 140 milioni messi nella cascina del bilancio pubblico per quest’anno potrebbero però tornare utili per coprire eventuali stop alle sanzioni per chi sfora il pareggio 2018, tanto più che da annunci pubblici di governo e maggioranza il Milleproroghe è solo l’antipasto per un cambio di regole che dall’anno prossimo libererà a regime gli avanzi nei calcoli sui vincoli di finanza pubblica. Ma nessuno può garantire a priori che questi sforamenti sanabili servano davvero a investimenti e non a spesa corrente.

Con la semplificazione tipica della politica, il Milleproroghe divide i Comuni in due gruppi. Via i finanziamenti alle città, e più spazi finanziari ai Comuni medi e piccoli (del Centro-Nord). Ma se in questi ultimi l’utilizzo effettivo di questi spazi incontra i problemi appena citati, anche nel mondo interessato dal bando periferie (in realtà i Comuni interessati dai 96 progetti sono 326, anche medi e piccoli, perché in gioco ci sono anche le Città metropolitane) il quadro è più complesso. I primi calcoli Anci mostrano tre situazioni diverse: in una quindicina di casi gli enti beneficiari avrebbero avanzi sufficienti per proseguire con fondi i propri i progetti del bando periferie, ma per farlo devono adeguare bilanci e programmi delle opere pubbliche.

Altri 30 hanno nei conti risorse per coprire una parte degli interventi, mentre gli altri (quindi la metà abbondante della platea) non hanno avanzi e non potrebbero far altro che abbandonare i progetti. Con la conseguenza, peraltro, di perdere gli eventuali cofinanziamenti privati, e senza poter chiedere una parte dei 300 milioni di contributi messi a disposizione della manovra perché questi sono riservati a chi non ha partecipato con successo proprio al bando periferie

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