Urbanistica

Fondi all’edilizia residenziale pubblica, mancata intesa tra Mit e Regioni sul riparto dei 321 milioni

di A.A.

Mancata intesa l’8 agosto in Conferenza Unificata Stato-Regioni-Comuni (si veda verbale, contiene errore materiale: non è il 1° ma l’8 agosto) sullo schema di decreto del Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che avrebbe dovuto ripartire alle Regioni 321 milioni di euro per il «Programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica», ulteriore tranche del piano avviato con il decreto Casa 47/2014 finanziata con il Fondo Investimenti (coma 140 legge di Bilancio 2017). Nonostante il lungo lavoro tecnico nelle settimane scorse (solo con i funzionari, precisa il Mit, non era quello che contava), che aveva portato a una tabella di ripartizione concordata tra Ministero (tecnici) e Regioni, la nuova versione inviata su precisa indicazione del Ministro Toninelli nei giorni scorsi è stata giudicata inaccettabile dalle Regioni, e ha portato a formalizzare la «mancata intesa».

Il decreto per assegnare i fondi Erp era già stato emanato da Graziano Delrio a fine 2017, ma come in molti altri casi la sentenza della Consulta di marzo sul Fondo Investimenti ha imposto al governo di riapprovare tutti i decreti con intesa delle Regioni, ove relativi a loro competenze. L'accordo di fine luglio tra le Regioni e la struttura del Mit prevedeva che l'80% dei 321 milioni fosse ripartito alle Regioni in regola con le procedure del Dl 47/2014 circa monitoraggio dei precedenti interventi e presentazione della documentazione a corredo delle ulteriori richieste, ma comunque ripartendo tra tutte le Regioni, comprese quelle inadempienti (stiamo parlando di Veneto, Sicilia e Sardegna), almeno il 20% residuo di risorse. Ma Toninelli non ci sta, e nei giorni scorsi ha proposto una nuova tabella che escludeva del tutto le tre Regioni in ritardo.

Per motivi di merito (un lungo lavoro tecnico saltato all'ultimo minuto) ma anche (presumibilmente), per non escludere nessuna Regione, la Conferenza Unificata ha sancito il “no” delle Regioni e la mancata intesa. Ora scatta un termine di 30 giorni per ritrovare un accordo, che comunque per legge è necessario. Fare il decreto senza intesa lo esporrebbe infatti ad alto rischio di ricorsi.

Il vicepresidente della Conferenza delle Regioni, Giovanni Toti (Presidente della Ligiuria), ha spiegato che “Le Regioni hanno una gamma di posizioni differenti - ha spiegato Toti - L''ultima proposta del governo sul riparto prevede una tabella allegata al decreto che fa conto di alcune voci diversificate su cui non è stato possibile trovare una definizione per l''intesa e quindi la posizione ufficiale della Conferenza delle Regioni è appunto la mancata intesa”.

La Regione Basilicata, per voce dellla vice presidente Flavia Franconi, ha ricordato il “lavoro, fatto dai tecnici e dagli assessori, tra cui l'assessore lucano alle Infrastrutture Carmine Miranda Castelgrande, dallo scorso marzo fino al 26 luglio”, e “le successive proposte di riparto fatte dal Ministero, dopo la presentazione dell'intesa tra le Regioni, ledono il principio di leale collaborazione fra le istituzioni della Repubblica”. La vicepresidente ha pertanto chiesto di “incontrare il Ministro per approfondire la questione, al fine di chiarire ed instaurare una collaborazione fattiva. L'auspicio è inoltre che il Ministro consideri le eccedenze certificate dalle Regioni quale criterio prevalente da porre alla base del riparto che sarà fatto a seguito della mancata intesa. La non osservanza dei fabbisogni - ha concluso Franconi - va a penalizzare la parte più debole del Paese, aumentando il divario nord- sud. Poiché la povertà assoluta e relativa è nettamente superiore nel sud, ciò lede, come ben sa il Ministro, un diritto fondamentale costituzionalmente riconosciuto, quale è il diritto alla casa. Ciò stupisce e stupirà i cittadini della Basilicata soprattutto perché una delle forze principali del Governo ha raccolto prioritariamente i propri consensi nel
Mezzogiorno”.

Il Ministero delle Infrastrutture spiega in una nota che «il dicastero non vuole togliere “soldi a nessuno. Siamo pronti a un accordo su criteri che premino la reale capacità di utilizzo dei fondi. I 30 giorni decorrono da oggi e le Regioni hanno tempo fino al 6 settembre per arrivare a un accordo in Conferenza unificata con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato al tavolo dal sottosegretario Edoardo Rixi”, riferisce il Mit che tiene a precisare che “non c''è stata alcuna decurtazione delle risorse e, anzi, il ministero ribadisce il massimo impegno affinché si possa procedere a erogarle al più presto. Questo dicastero non ha accettato lo schema cosiddetto ''80-20'', ma viene incontro ai governatori e, difatti, non mette sul tavolo una proposta alternativa da prendere a scatola chiusa né ha imposto un'altra data per una nuova Conferenza unificata da qui al 6 settembre. Tuttavia - prosegue il Mit - il riparto su cui le Regioni avevano trovato un'intesa preliminare presenta dei grossi problemi che rimandano alle gestioni precedenti e che il Governo del cambiamento vuole assolutamente risolvere, imprimendo un nuovo indirizzo all''utilizzo dei fondi. Diverse Regioni hanno aggiornato le liste del loro fabbisogno in
maniera difforme da quanto prevedeva il decreto dell'ottobre 2015, gonfiandone così l'entità a discapito delle Regioni che invece avevano seguito alla lettera le prescrizioni normative. E laddove, infatti, le regole prevedevano variazioni alle liste solo se opportunamente motivate, in troppi casi abbiamo riscontrato la totale mancanza di informazioni pur basilari sui progetti. Per questo motivo quelle liste non possono essere considerate un buon punto di partenza'''', spiega il
Mit. Per quanto riguarda i fondi stanziati con il decreto del marzo 2015, abbiamo inoltre riscontrato - evidenzia il Mit - come
molte Regioni non abbiano ancora provveduto a concludere gli interventi coperti dal Ministero in precedenza. Solo cinque enti,
giusto per dare un riferimento, si trovano oggi sopra la pur magra soglia del 25% per quanto riguarda il completamento delle
riqualificazioni degli alloggi finanziate oltre tre anni fa. E questo non è accettabile. Come dicastero, quindi, abbiamo avanzato una proposta, peraltro flessibile e con opzioni di compromesso, per ripartire i fondi utilizzando, almeno parzialmente, gli stessi criteri del decreto del 2015 (numero alloggi Erp e popolazione residente in affitto), già approvati all''unanimità anche dalle Regioni. Il Mit - puntualizza - non vuole togliere niente a nessuno. Conosciamo le situazioni di carenza in termini di edilizia popolare, in particolare al Sud ma non solo. Siamo, anzi, certi che gli alloggi di edilizia residenziale pubblica delle Regioni che oggi dissentono, abbiano un gran bisogno, come tutti gli altri, di interventi di ristrutturazione. Tuttavia, sarebbe opportuno che prima di chiedere altri soldi allo Stato i governatori si impegnassero a completare gli interventi già finanziati”.

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