Urbanistica

Reati pasaggistici, la Cassazione puntualizza il confine tra nuova costruzione e ampliamento

di Fabrizio Luches

La Suprema Corte, con recentissima sentenza depositata il 16 aprile , ha sancito un principio interpretativo in materia di reati paesaggistici disciplinati dall'art. 181 del d.lgs. 42/2004, nel testo attualmente vigente a seguito della censura della Corte Costituzionale (sentenza n. 56 del 23 marzo 2016) che ha eliminato l'originaria distinzione tra abusi realizzati su immobili dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento (originario comma 1-bis lett. a), ovvero vincolati per legge (ex art. 142) consistenti in aumenti di volume superiore al 30% di quello preesistente o, in alternativa, superiore a 750 mc, ovvero una nuova costruzione con volume superiore a 1.000 mc (comma 1-bis, lettera b).

La terza Sezione penale, infatti, nel ribadire i principi ermeneutici di volume e superficie ai fini paesaggistici, le cui nozioni in subjecta materia devono essere individuate prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando sempre l'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio, ha precisato i criteri valutativi degli interventi di ampliamento e nuova costruzione ai fini della qualificazione contravvenzionale o meno delle fattispecie previste dall'art. 181 del Codice Urbani.

Il principio di diritto
La norma sanzionatoria di cui trattasi, in caso di opere eseguite in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa, contiene -dopo il noto intervento della Consulta- l'originaria previsione residuale di cui al primo comma dell'art. 181, applicabile a tutte le fattispecie cd. "minori" e che rinvia alle pene previste dall'articolo 44, lettera c), del dpr 380/2001 (arresto fino a due anni e ammenda da 30.986 a 103.290 euro) e l'emendato comma 1-bis, che dispone -per gli interventi definibili "di maggior impatto"-, la reclusione da 1 a 4 anni qualora i lavori abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a 750 metri cubi, ovvero abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai 1.000 metri cubi.

La Cassazione, con la pronuncia in commento, ha riaffermato il principio secondo cui l'analisi della volumetria deve essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio (con ciò confermando il precedente orientamento di cui alla pronuncia n. 889 del 13 gennaio 2012), precisando altresì i criteri valutativi per distinguere i casi di ampliamento di manufatto esistente, dai casi di costruzione ex novo.

Pertanto, se sul terreno risultava preesistente una costruzione (anche se demolita integralmente, come nel caso di specie), il nuovo intervento andrà rapportato con il fabbricato preesistente al fine della verifica del superamento o meno dei limiti volumetrici (cioè la sussistenza dell'aumento dimensionale dei manufatti superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria, ovvero -in alternativa- superiore ai 750 metri cubi). Diversamente, in tutti i casi di nuove costruzioni in senso stretto (cioè "nuove da zero" nel senso di essere realizzate su terreni in precedenza senza nessuna costruzione), andrà considerato il maggior limite di 1.000 metri cubi. In entrambe le fattispecie, il superamento dei limiti volumetrici indicati configurerà il delitto di cui all'art. 181, comma 1-bis.


La medesima Sezione, sempre per effetto della declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 56/2016, aveva anche affermato che -in mancanza di elementi da cui desumere che l'aumento volumetrico realizzato sia superiore al limite indicato- l'originario delitto paesaggistico deve essere riqualificato nell'ipotesi contravvenzionale dell'art. 181, comma 1 (cfr. Cass. Pen. Sez. III, 5/10/2016 n. 44319).

Il nuovo delitto di alterazione del paesaggio
Il delitto oggi previsto dal comma 1-bis dell'art. 181 d.lgs. 42/2004 risulta circoscritto agli abusi materiali che superano i limiti volumetrici ivi indicati, mentre tutte le altre fattispecie conseguenti a interventi abusivi ricadenti su beni tutelati per decreto o per legge (siano esse non determinabili in termini di superfici o volumi ovvero non ancora definite sotto tali aspetti, si pensi ad esempio alle trasformazioni territoriali quali lo sbancamento, terrazzamento o riporto di parti di territorio, ecc.), saranno soggette alla contravvenzione meno severa di cui al primo comma dell'art. 181 (che ora ricomprende anche le casistiche a suo tempo ricomprese nel comma 1-bis).
Tale trasferimento di fattispecie (dal delitto ex comma 1-bis alla contravvenzione ex comma 1) non rileva solo ai fini dell'entità delle sanzioni, ma anche sotto il diverso (e non meno importante nella prassi giudiziaria) profilo dell'applicabilità degli istituti estintivi o delle esimenti.
Ci si riferisce ovviamente agli istituti codificati nel medesimo art. 181, in primis alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna (cfr. comma 1-quinquies), ovvero ai casi di presentazione di istanza per l'accertamento della compatibilità paesaggistica ex art. 167 (cfr. comma 1-ter).

In tema di cd. "accertamento postumo" della compatibilità paesaggistica ex art. 167 d.lgs. 42/2004, per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, va ricordato però il limite applicativo espressamente previsto dalla legge e consistente nel divieto di determinare creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati (cfr. comma 4, lett. a) art. 167 e comma 1-ter lett. a) art. 181): di conseguenza l'istituto, sotto il profilo dell'esegesi letterale, troverebbe applicazione esclusivamente in caso di impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, oppure in tutti i casi di interventi minori qualificabili come manutenzione ordinaria o straordinaria ex art. 3 dpr 380/2001.

Limitazione che non sembra essere stata presa in considerazione nell'ultima parte del dispositivo della citata pronuncia n. 56/2016 della Consulta, nella parte in cui precisa che «le condotte incidenti sui beni paesaggistici individuati in via provvedimentale, consistenti nella realizzazione di lavori che non comportino il superamento delle soglie volumetriche ivi indicate, e ora regolate dal comma 1 dell'art. 181, possono beneficiare degli istituti della non punibilità per accertamento postumo della compatibilità paesaggistica e della estinzione del reato per ravvedimento operoso, rispettivamente previsti dall'art. 181, comma 1-ter, e comma 1-quinquies, che richiamano appunto il comma 1 per definire il loro ambito di applicazione».

Trattandosi di fattispecie penalmente rilevanti, si ritiene maggiormente condivisibile (in assenza di ulteriori chiarimenti o interventi giurisprudenziali) la tesi dottrinale prudenziale che ritiene esclusa dalla sanabilità amministrativa e penale ogni fattispecie comportante l'aumento di volume o di superficie utile, quand'anche ricadesse al di sotto della soglia volumetrica dell'emendato comma 1-bis art. 181 cit.

A prescindere dall'applicabilità dell'accertamento postumo ex art. 167 per le fattispecie di incremento volumetrico inferiori ai limiti ora previsti dal comma 1-bis dell'art. 181, è utile rilevare che dette fattispecie -ricadendo nelle contravvenzioni di cui al comma 1- godranno di un termine prescrizionale di 4 anni (ex art. 157 c.p. - cfr. Cass. Pen. Sez. III, 18/5/2016 n. 35594), mentre i delitti ex comma 1-bis saranno soggetti al maggior termine di anni 6. Estinzione per prescrizione dichiarabile anche in sede di giudizio di esecuzione, qualora la prescrizione sia maturata in pendenza del procedimento di cognizione e fatti salvi i rapporti ormai esauriti (in tali termini cfr. Cass. Pen. Sez. III, 11/7/2017 n. 38691 e n. 52438).

I precedenti giurisprudenziali
Sotto il profilo del concorso materiale, la Cassazione ha recentemente ribadito -in tema di tutela delle zone sottoposte a vincolo-, che la realizzazione di plurimi interventi accertati all'esito di un unico controllo non integra distinte contravvenzioni di cui all'art. 181, comma 1, d.lgs. 42/2004, ma un'unica violazione di tale disposizione incriminatrice (Cass. Pen. Sez. III, 29/9/2017 n. 1497).

Sotto il profilo delle fattispecie concrete (sempre dopo l'intervento della Consulta), sono state individuati alcuni interventi inquadrabili nell'ipotesi contravvenzionale generale ex comma 1:
-occupazione stabile ad uso rimessaggio roulottes di area agricola paesaggisticamente vincolata, che integra il reato di cui all'art. 181, comma 1, a nulla rilevando che le vetture possano essere rimosse perché il semplice stazionare di esse su superfici aventi diversa destinazione, con intrinseco valore ambientale, può cagionare una lesione del bene protetto (Cass. Pen. Sez. III, 5/7/2017 n. 43173);
- realizzazione di una discarica abusiva in zona vincolata, con opere che non comportino il superamento delle soglie volumetriche indicate nel comma 1-bis, dell'articolo 181, integra la contravvenzione di cui al comma primo del citato articolo (Cass. Pen. Sez. III, 7/4/2017 n. 38976);
-ricostruzione di un edificio o di parte di esso su una diversa area di sedime e con nuove fondazioni, per cui non è applicabile l'art. 30 l. 98/2013, che, per assoggettare gli interventi di ripristino o di ricostruzione di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, al regime semplificato della S.C.I.A. richiede, nelle zone vincolate, l'esistenza dei connotati essenziali di un edificio (pareti, solai e tetto), o, in alternativa, l'accertamento della preesistente consistenza dell'immobile in base a riscontri documentali, alla verifica dimensionale del sito o ad altri elementi certi e verificabili, nonchè, in ogni caso, il rispetto della sagoma della precedente struttura (Cass. Pen. Sez. III, 20/4/2017 n. 32899). In tali casi troveranno applicazione i limiti volumetrici di cui al comma 1-bis, come declinati dalla pronuncia in commento.

La sentenza della Cassazione

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