Urbanistica

Impatto ambientale/2. Anche gli effetti ormai conclusi vanno indennizzati

Una volta ammessa la Via postuma resta da definire come debbano essere misurati gli effetti pregressi e futuri e quali possano effettivamente essere le conseguenze.

Il tema non è affatto scontato: in molti casi, gli operatori si troveranno a valutare un impianto già autorizzato e in funzione che non consentirà ampi spazi di manovra per la correzione degli impatti e che si reggerà su un business plan studiato senza tener conto della Via.

Per gli effetti pregressi, occorrerà distinguere tra quelli esauriti (ossia gli impatti prodotti durante la fase di cantiere) e quelli non esauriti (ad esempio compromissione di verde circostante, rumore durante l’esercizio dell’impianto, ecc.), i quali peraltro coincideranno in buona parte anche con gli effetti futuri.

Rispetto a questi ultimi, è ragionevole ritenere che la Via postuma imporrà determinate misure correttive che realisticamente sarebbero state richieste a seguito della Via (ad esempio barriere antirumore).

Per quanto riguarda, invece, gli effetti ormai consumati si profila uno scenario compensativo e risarcitorio, essendo comunque obbligatorio considerarli. Alcune misure compensative potrebbero essere realizzate ex post (ad esempio nuove infrastrutture a supporto, piantumazioni arboree, filtri, ecc.), altre, invece, dovrebbero essere risarcite in forma equivalente, applicabile quando sia impossibile operare sull’impianto o nelle zone circostanti.

Il risarcimento in forma equivalente (ossia anche in forma monetaria) è ammesso dal nostro ordinamento, essendo previsto anche dalla disciplina sul danno ambientale (articoli 300 e seguenti del Dlgs 152/2006).

Tuttavia, in questo caso,la determinazione può ancora spettare all’ente competente per la Via o deve essere determinata dal ministero competente per il danno ambientale?

La competenza ministeriale, sulla base delle previsioni di legge, parrebbe prevalere e dovrebbe esplicarsi mediante specifico procedimento amministrativo condotto ai sensi della disciplina sul danno ambientale e attivato su iniziativa dell’autorità competente per la Via.

Resta, poi, ovviamente il problema di stabilire criteri economici per quantificare e liquidare il danno, esercizio quanto mai complicato quando si parla di ambiente. Infine, non può escludersi anche lo scenario in cui la Via postuma evidenzi criticità future tali da giustificare addirittura una riduzione dell’impianto o una sua chiusura, in particolare quando gli impatti non possano trovare mitigazioni adeguate.

In tal caso, come anche considerato dal Tar Toscana (sentenza 156/2018), l’esito negativo della Via postuma porterebbe sostanzialmente all’avvio di una procedura di annullamento in autotutela dell’autorizzazione già rilasciata. Tuttavia l’autotutela non solo impone una comparazione degli interessi pubblici e privati, ma può intervenire entro 18 mesi dal rilascio dell’autorizzazione.

Pertanto, potrebbe risultare precluso l’annullamento dell’autorizzazione e la chiusura dell’impianto, salvi invece gli aspetti risarcitori che potrebbero risultare giustificati anche oltre i 18 mesi.

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