Urbanistica

Permesso di costruire/2. Chi abita a 300 metri non può agire in tribunale

di G.I.

Non basta fare presto per impugnare i titoli edilizi, il ricorso deve anche essere proposto da un soggetto che può a lamentare un concreto interesse all’annullamento del permesso di costruire. Il Consiglio di Stato, con la decisione 4830/2017, ha colto l’occasione anche per chiarire che non è più sufficiente per giustificare l’interesse a ricorrere risiedere nei pressi della nuova costruzione (nella specie la sentenza ha negato la legittimazione attiva al soggetto che aveva la propria abitazione a 284 metri).

Il concetto di vicinitas è infatti ormai superato, o quanto meno deve essere integrato dalla parte ricorrente dalla prova concreta del pregiudizio specifico inferto dagli atti impugnati a una propria situazione giuridica soggettiva (es. deprezzamento del valore di un bene in proprietà, o di concreta compromissione del diritto alla salute). Non è più sufficiente ad integrare una situazione qualificata di legittimazione (e di interesse) a ricorrere la generica deduzione di una semplice riduzione del panorama dovuta all’intervento edilizio (Consiglio di Stato 383/2016).

Nel tempo la nozione di vicinitas è quindi stata dalla giurisprudenza affinata e meglio specificata nella sua concreta portata, attraverso significativi e sostanziali correttivi.

Tra questi, la necessaria sussistenza di un reale pregiudizio che derivi dalla realizzazione dell’intervento, specificando con riferimento alla situazione concreta e fattuale come, perché, ed in quale misura il provvedimento impugnato incida la posizione sostanziale dedotta in causa, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale.

E così, con particolare riferimento al settore commerciale, la vicinanza è diversamente apprezzata quando ad impugnare sia un operatore concorrente. In questo caso, la nozione ha subito una ulteriore elaborazione da parte della giurisprudenza (Consiglio di Stato 3563/2017). In particolare, il criterio dello stabile “collegamento territoriale”, che deve legare il ricorrente all’area di operatività del controinteressato per poterne qualificare il diritto di azione, si specifica identificandosi nella nozione di stesso bacino d’utenza della concorrente. Ma anche in questo caso, l’interesse processuale deve collegarsi oggettivamente all’apprezzabile calo del volume d’affari del ricorrente. Non avrà pertanto titolo al ricorso il soggetto che instauri il giudizio per tutelare l’interesse di contrastare la libera concorrenza e la libertà di stabilimento.

Per quanto invece riguarda i ricorsi promossi dai vicini, specie per gli interventi minori, e magari interessanti le opere svolte nello stesso condominio in cui risiedono, queste considerazioni ovviamente rilevano meno, manifestandosi però ancora più stringente la necessità di impugnare i titoli edilizi da subito, ossia entro i 60 giorni dall’esposizione del cartello di cantiere, soprattutto se integrato (si veda scheda a fianco).

Posizione diversa invece per il cosiddetto “confinante del confinante” che secondo il Consiglio di Stato non è di per sé soggetto titolare di una posizione sufficiente a giustificare l’impugnazione (sentenza 3543/2013).

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