Urbanistica

Abusi, via libera alla demolizione anche se i lavori sono ancora in corso

di Donato Palombella


Legittimo il provvedimento con cui l'amministrazione sospende i lavori ordinando, successivamente, la demolizione delle opere abusive. La circostanza che i lavori siano ancora in itinere non preclude i provvedimenti sanzionatori previsti dall'art. 31 del Dpr380/2001. Le "variazioni essenziali" prescindono dall'utilizzo dell'immobile consistendo in difformità tra il progetto assentito e quanto realizzato.

Il fatto contestato
Il comune, previa sospensione dei lavori, ingiunge ad una società di procedere alla demolizione di taluni manufatti, realizzati in zona agricola, in difformità dalla concessione edilizia e dalla relativa denuncia di inizio attività. La società impugna dinanzi al Tar l'ordinanza di demolizione, il provvedimento di sospensione dei lavori, nonché il diniego di rilascio del permesso di costruire in sanatoria; parallelamente, chiede il risarcimento del danno causato dalla sospensione dei lavori, quantificato in 50.000 euro. Il Tar respinge il ricorso e la questione viene sottoposta al Consiglio di Stato.

Le ragioni del proprietario
La società contesta che le opere siano state realizzate con variazioni essenziali rispetto al progetto approvato ed in totale difformità dalla concessione edilizia e dalla successiva Dia. Sottolinea, al riguardo, che il cantiere era ancora in itinere per cui non potevano essere applicate misure sanzionatorie. Se non fosse intervenuto l'ordine di sospensione dei lavori, le opere sarebbero state completate in conformità al progetto autorizzato. In sostanza, solo al termine dei lavori, sarebbe stato possibile valutare possibili difformità tra il progetto assentito e quanto realizzato. La proprietà precisa, in relazione al piano seminterrato ed al piano interrato (asseritamente abusivi), che essi erano stati realizzati per conferire maggiore stabilità del fabbricato e, alla fine dei lavori, sarebbero stati totalmente interrati; in altre parole, i manufatti andavano considerati come delle "fondazioni" che non comportavano la realizzazione di superfici utili. Il contestato ampliamento del piano interrato, consisteva, in realtà, in un vano inaccessibile; il porticato era da intendersi come conseguenza della mancata tamponatura delle pareti esterne; le aperture di vani finestra e porta sui muri perimetrali, erano state contestate sulla base di mere presunzioni; la veranda, invece, era stata assentita con il progetto approvato; la strada di accesso, era già esistente e solo oggetto di sistemazione.

Le differenze essenziali
La società ritiene l'ordine di demolizione illegittimo perché le opere sarebbero state sanzionate ai sensi dell'art. 31 del Dpr n.380/2001 norma, questa, che non avrebbe dovuto trovare applicazione in quanto l'organismo edilizio non era integralmente diverso da quello assentito. Secondo il proprietario, la "totale difformità" sarebbe contestabile solo in presenza di un mutamento nella destinazione d'uso, nell'aumento della volumetria o della superficie utile di progetto che, nel caso in oggetto, non sarebbero invece riscontrabili.

Il risarcimento del danno
Come conseguenza della illegittimità della procedura sanzionatoria, il proprietario chiede il risarcimento dei danni subiti a causa dell'ingiustificato fermo dei lavori e delle conseguenti penali e maggiori oneri contrattuali pretesi dall'impresa di costruzione.

Il verdetto del Consiglio di Stato
La quarta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5477, pubblicata il 24 novembre 2017, conferma pienamente il verdetto del Tar Roma, sezione prima quater, n. 8591 dell'11 settembre 2009 ritenendo l'appello non fondato. Viene confermata l'applicabilità dell'art. 31 del Dpr n. 380 del 2001, in quanto il comune aveva rilevato l'esistenza di opere realizzate in difformità dalla concessione edilizia e dalla successiva denuncia di inizio attività. Il giudice d'appello sottolinea che le opere ricadevano in zona agricola, nella quale erano ammesse esclusivamente costruzioni a servizio diretto dell'agricoltura. Essenziale la consulenza tecnica richiesta dal Tar da cui era possibile rilevare la realizzazione di opere finalizzate ad un aumento di fruibilità e non ad esigenze provvisorie di cantiere. I rinterri che, secondo il proprietario, costituivano la prova della non fruibilità dei locali semiinterrati realizzati (a suo dire) per assicurare maggiore sicurezza e stabilità, secondo il Ctu, risultano finalizzati a dissimulare le opere realizzate abusivamente. Il presunto piano interrato, in realtà, era stato realizzato quasi completamente fuori terra e con aperture esterne per una destinazione diversa da quella a garage. Correttamente il Comune aveva qualificato tali interventi come "variazioni essenziali" per cui il provvedimento sanzionatorio della demolizione, ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, risultava del tutto legittimo.

Irrilevante la provvisorietà delle opere
Irrilevante la circostanza che i lavori erano ancora in corso e che, pertanto, non era possibile verificare la situazione definitiva delle opere. In realtà, tutte le opere sono state comunque realizzate senza un titolo abilitativo in una zona agricola comportando la realizzazione, di un organismo edilizio a tre piani di cui due fuori terra ed uno quasi fuori terra. Inutile la difesa del proprietario che invoca la provvisorietà delle opere; ciò che conta è che esse sono state realizzate in difformità dai titoli abilitativi dei lavori.

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