Urbanistica

Abusi, per il Tar Napoli la richiesta di condono non basta a fermare le ruspe

di Donato Palombella

La domanda di condono, per poter produrre l'effetto di sospendere la procedura diretta alla demolizione dell'opera abusiva, deve riferirsi alle opere asseritamente abusive. Domande di condono generiche, non producono alcun effetto.

Il fatto
Il Comune contesta la realizzazione abusiva di un ripostiglio in muratura di m 3 x 2 x 3 posto sul ballatoio all'ultimo piano e l'installazione di un cancello in ferro per l'accesso al terrazzo; secondo la ricostruzione dell'amministrazione, si tratterebbe di opere di ristrutturazione edilizia, bisognevoli del titolo concessorio eseguite in maniera del tutta abusiva. Il conseguente ordine di demolizione viene impugnato dal proprietario che assume di aver presentato domanda di sanatoria dei manufatti asseritamente abusivi. Nella sua prospettazione dei fatti, la domanda di condono, ai sensi della "vecchia" Legge n. 47/1985, avrebbe determinato la sospensione dei procedimenti sanzionatori (art. 44 L. 47/1985). Il Comune, dal suo canto, ritiene la domanda di condono del tutto inconferente in quanto non conterrebbe alcun riferimento alle opere contestate, detta in termini semplici, sarebbe "campata per aria" (forse) allo scopo di guadagnare tempo prezioso.

Il Tar respinge il ricorso
Nel caso in esame, la quarta sezione del Tar Napoli, con la sentenza n. 5129 del 3 novembre 2017, accoglie in pieno la tesi dell'amministrazione comunale. La domanda di condono presentata dal proprieTario (forse solo a fini dilatori), non permette di apprezzare la consistenza e la natura delle opere di cui si chiede la sanatoria e, quindi, non può comportare la sospensione della procedura innescata con la notifica dell'ordine di demolizione in quanto non sarebbe possibile tracciare un riferimento tra le opere contestate e la richiesta di sanatoria.

Il cancelletto è un'opera di arredo
Nel caso in esame si discute di opere risibili, che sembrerebbero prive di rilevanza urbanistica; viene contestata, infatti, la legittimità del cancelletto realizzato in capo alle scale che delimitano il ballatoio dell'ultimo piano e l'edificazione di un volume sul ballatoio stesso. Il Tar rileva che la prima realizzazione è priva di rilevanza edilizia, trattandosi di un piccolo cancello posto all'interno del fabbricato in testa al vano scale. Tale manufatto viene considerato come "opera di arredo interna" in quanto non determina la creazioni di nuovi volumi né di superfici utili. L'unico punto critico potrebbe essere rappresentato dall'eventuale coinvolgimento dei condomini, ma tale problematica sarebbe di competenza del giudice civile e non di quello amministrativo.

Il ripostiglio
Tanto clamore per un ripostiglio? A quanto pare, tutto ruota intorno alla realizzazione di un piccolo "ripostiglio" di pochi metri quadrati che, per quanto insignificante sotto il profilo commerciale, sul piano urbanistico si traduce in un aumento dei volumi e di superficie utile con conseguente impossibilità di qualificare l'intervento come di mera manutenzione; si tratterebbe, invece, di un manufatto che, pur se realizzato all'interno del corpo di fabbrica principale, viene ad essere inquadrato all'interno delle "nuove opere" la cui realizzazione viene subordinata al preventivo rilascio di un titolo edilizio (art. 31 L. 457/1978, poi, recepito all'art. 3 lett. e, D.P.R. 380/2001).

Legittima la sanzione demolitoria
Venendo al dunque, il Tar ritiene che, poiché il ripostiglio non può essere qualificato come un "volume tecnico", la sanzione demolitoria è del tutto legittima, e non finisce qui! Trattandosi di opera abusiva, l'ordinanza è da intendersi come un atto vincolato potendo essere sostituita dalla sanzione pecuniaria sono in casi del tutto eccezionali. Il giudice partenopeo, con la sentenza in commento, individua gli elementi caratteristici del "volume tecnico" che, per essere escluso dal calcolo della volumetria, necessita di tre parametri: (1) rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione; (2) impossibilità di soluzioni progettuali diverse; (3) proporzionalità fra le esigenze edilizie e il volume realizzato per cui il volume pertinenziale deve essere completamente privo di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto esclusivamente destinato a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale, che non possono essere ubicati all'interno di essa (Tar Napoli, sez. III, 28 agosto 2017, n. 4142; T.A.R. Napoli sez. IV, 14 novembre 2016 n. 5248; recentemente Corte di Cassazione, Sez. III pen., 6 ottobre 2017 n. 45968).

La sentenza del Tar

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