Urbanistica

L'intervento. «Meglio non sapere»: l'obbligo disatteso di verificare gli edifici strategici

di Paolo Rocchi (*)

Il Presidente dell a Repubblica Sergio Mattarella ha appena concesso la grazia, (parziale), a Livio Bearzi, ex preside del Convitto nazionale dell'Aquila ove, durante il terremoto del 2009, morirono tre ragazzi ed in relazione a ciò, Bearzi è stato l'unico detenuto di Italia nel sisma Aquilano.

Questa notizia, unitamente ai recenti crolli di frammenti lapidei, raccontati dalla stampa, nella Chiesa di S. Croce a Firenze, (con perdita di una vita umana), e dal fronte della Chiesetta romana «Domine quo vadis» ed a quello recentissimo del controsoffitto di un ospedale di Siena, ci riportano all'annoso problema del controllo degli edifici strategici.
Il 20 marzo 2003, l'Ordinanza della presidenza del Consiglio dei Ministri n° 3274, prescriveva, tra l'altro, al punto 3 dell'art. 2, quanto segue: «È fatto obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, ai sensi delle norme di cui ai suddetti allegati, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso. Le verifiche di cui al presente comma dovranno essere effettuate entro cinque anni dalla data della presente ordinanza e riguardare in via prioritaria edifici ed opere ubicate nelle zone sismiche 1 e 2, secondo quanto definito nell'allegato 1».

In buona sostanza venivano considerati "strategici" gli edifici relativamente alla funzione ospitata, all'indice di affollamento, come pure – tra gli altri – strutture culturali, chiese e edifici aperti al culto.

Le tipologie qui riassunte hanno un carattere ovviamente sintetico/indicativo, ma non è inutile ricordare che taluni edifici, risultano strategici a seguito di più indici concomitanti; basti pensare ad un ospedale ospitato in un edificio storico, strategico per funzione svolta e per affollamento. È inoltre anche opportuno ricordare come, nel tempo, il termine – non osservato – dei cinque anni, sia via via slittato e puntualmente ancora disatteso, mentre veniva solamente per le scuole rideterminata al 31/8/2018 la nuova scadenza.

Per quanto è dato sapere, le verifiche effettuate – nonostante la loro obbligatorietà – non sono state molte. Ci si chiede il perché di tale atteggiamento, considerando inoltre che, dal 20 marzo del 2003, ai giorni nostri, si sono verificati, in Italia tre terremoti: nel 2009 quello «Aquilano»; nel 2012 quello «Emiliano/Romagnolo» e nel 2016/17 quello dell'«Italia Centrale». Provando a comprendere la questione, si può ritenere che, si sia restii ad effettuare le verifiche, temendo che, a fronte di un risultato non soddisfacente, ci si possa trovare costretti a porre in atto interventi strutturali, non avendo a disposizione fondi sufficienti e dovendo affrontare disagi di funzionamento anche gravi, ovvero a dover chiudere, parzialmente o totalmente gli edifici, in via cautelativa. Si potrebbe dire, paradossalmente: Meglio non sapere! Ovvero, parafrasando Mozart: «Così fan tutti».

Si tratta di un problema non indifferente che va affrontato in maniera rigorosa, ma non iniqua.

Sarebbe opportuno prevedere una sanzione per gli inadempienti ma solo a condizione che vengano prima poste in essere risorse e procedure adeguate, ivi compreso un piano di emergenza per fare fronte alle malaugurate chiusure temporanee degli edifici, con la loro eventuale conseguente delocalizzazione. Questione complicata ma ineludibile. Si consideri che circa, nel nostro Paese, 9 milioni di fabbricati, sui 12 milioni esistenti, sono stati costruiti prima della legge sismica del 1974; che lo Stato ha speso negli ultimi 40 anni, circa tre miliardi di euro/anno per un totale di 120 miliardi di euro, per riparare ai danni prodotti dai terremoti.

Forse l'avvio del progetto «Casa Italia» incardinato presso la Presidenza del Consiglio, con previsione di spesa pari a 100 miliardi di euro, per mettere in sicurezza le nostre costruzioni, potrebbe essere la soluzione ricercata, unitamente all'istituzione del Sisma Bonus, che prevede la detrazione fiscale, fino all'85%, delle spese sostenute per migliorare la sicurezza strutturale dei fabbricati.

Temo che purtroppo questo articolo come altri contributi precedenti sul tema, non avrà grande seguito. Ci si augura di essere smentiti dai fatti

(*) Professore ordinario f.r. di Consolidamento degli Edifici Storici – Sapienza, Università di Roma

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©