Urbanistica

Cambi d'uso a Firenze, il Tar Toscana riporta la vicenda al Testo unico edilizia

di Massimo Ghiloni

Il Tar Toscana, con la sentenza 1009/2017, ha aperto uno scontro giuridico con la Cassazione in merito alla vicenda delle modifiche di destinazione d'uso nel centro di Firenze, ribaltando la decisione assunta dalla Suprema Corte con la sentenza 6873/2017. La disputa è tutta basata sull'interpretazione da dare ad alcuni articoli del Dpr 380/2001 Teso Unico Edilizia (TUE).

Si veda l'ultimo servizio (con i rimandi alle puntate precedenti)

Non è la prima volta che insorgono contenziosi in materia urbanistica tra la giustizia amministrativa e Corte di Cassazione: basti pensare al tema del regime fiscale dell'area edificabile in base ad uno strumento urbanistico soltanto adottato. Da parte della Cassazione si afferma che ciò è gia sufficiente per la valutazione dell'area, mentre il giudice amministrativo inquadra l'adozione di un piano in un procedimento complesso che acquista efficacia solo con l'approvazione dello stesso, in quanto in quella sede può essere assunta la decisione di cancellare l'originaria previsione.
Gli episodi sono innumerevoli ed alla base vi è una differenza di approccio alle disposizioni e alla evoluzione della materia urbanistica,con conseguente diversa interpretazione delle singole norme che alla fine danno luogo a contrasti che disorientano amministratori ed operatori: tutto ciò a fronte dell'invocata certezza del diritto e della necesità di interpretazioni univoche al fine di evitare paralisi decisionali. Per assurdo sarebbe necessaria una camera di conciliazione tra le varie magistrature.

Tornando alle sentenze, quella della Cassazione è intervenuta a gamba tesa sullo strumento urbanistico di Firenze affermando che il mutamento di destinazione d'uso di edifici compresi nel centro storico od in zone assimilate, anche se operato con interventi di modesta entità, configura sempre una ristrutturazione edilizia soggetta a permesso di costruire, in quanto ne discende un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Quindi se il piano non prevede tale forma di intervento in alcune zone, nelle stesse non è da ritenersi ammissibile il mutamento di destinazione.
In sintesi, non rileva la tipologia delle opere, ma unicamente il mutamento di destinazione in sé, come secondo il giudizio della Corte è stabilito dal TUE sia per le differenti categorie di interventi sull'edificato sia per il regime delle destinazioni d'uso.

Per ovviare allo stallo venutosi a creare, è intervenuto il Governo inserendo nella manovrina finanziaria contenuta nel DL 50/2017 (era questo il treno legislativo che passava in quel momento) una disposizione che si limita a riaffermare con maggiore incisività che nella nozione di restauro e risanamento conservativo rientrano anche gli interventi che consentono il mutamento di destinazione d'uso purchè compatibili con gli elementi tipologici esistenti.

Vediamo ora la risposta del TAR Toscana che ha esaminato l'ordinanza del comune di Firenze emanata in attuazione della decisione della Cassazione con l'effetto di inibire un intervento di mutamento di destinazione d'uso in atto, precisando che lo stesso comune non si è costituito in giudizio malgrado fosse stato correttamente intimato.
Il vizio sollevato nel ricorso riguarda proprio la riconduzione del mutamento di destinazione d'uso sempre e comunque nella ristrutturazione edilizia, con ciò equiparando sostanzialmente istituti che nel nostro ordinamento sono riconducibili a fattispecie del tutto differenti, ossia ristrutturazione edilizia e restauro e risanamento, censurando di conseguenza la necessità del permesso di costruire per il solo fatto che l'immobile ricade nel centro storico; tutto questo a prescindere da un esame delle caratteristiche del singolo intrvento.
Esaminiamo dunque il ragionamento seguito dal TAR Toscana per accogliere il ricorso. Il TUE chiarisce che: il mutamamento di destinazione non è compatibile con la manutenzione straordinaria ; esso non è invece escluso per il restauro e risanamento, a condizione che siano rispettate alcune condizioni di compatibilità; è sicuramente ammissibile nel caso di ristrutturazione edilizia; se poi gli interventi di ristrutturazione edilizia comportano anche mutamento di destinazione d'uso e riguardano immobili nel centro storico è necessario acquisire il permesso di costruire (articolo 10 c.1 lettera c) del Tue Edilizia). Quest'ultima disposizione (questo è l'aspetto principale della sentenza) però ha valenza eccezionale per cui non può essere applicata automaticamente all'istituto del risanamento che per sua natura deve rispettare gli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio, senza modifiche all'identità, alla struttura ed alla fisionomia dello stesso: limite che non opera per la ristrutturazione edilizia.
Non si può, perciò, sottoporre ad una medesima disciplina fattispecie del tutto differenti, imponendo la preventiva richiesta del permesso di costruire in assenza di un esame delle effettive caratteristiche dell'intervento. La preclusione alla modifica della destinazione non può essere assunta a priori. D'altronde il legislatore con il DL 50/2017 non ha ritenuto introdurre per il risanamento un regime differenziato per i centri storici, confermando così l'eccezionalità della disposizione relativa agli interventi che integrano una ristrutturazione edilizia.
In sintesi ciò che rileva è l'entità dell'intervento e non il mutamento di destinazione d'uso in sé, al contrario di quanto affermato dalla Cassazione.
Tale soluzione era già stata da me prospettata in un precedente articolo del maggio scorso su questa Rivista.

La sentenza del Tar Toscana

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