Urbanistica

Tar Lombardia: serve il permesso edilizio per la tettoia fissa che protegge le auto

di Rosario Dolce

I proprietari di una villetta con annesso giardino, ubicata nel Comune di San Siro (CO), hanno realizzato, senza permesso di costruire, una struttura in ferro infissa al suolo (berceau), formata da piccole travi in ferro e fili di acciaio, al fine di offrire un riparo alla propria autovettura dai raggi solari nel periodo estivo.
Il Comune di San Siro ha ritenuto tale manufatto – il quale in sé occupava uno spazio di oltre 30 mq e disponeva di un'altezza di circa 2,34 m – come "abusivo", in quanto realizzato in assenza di permesso di costruire, e perciò ne ha ordinato la demolizione.
I proprietari del bene hanno impugnato avanti al TAR della Lombardia il provvedimento lamentandone l'illegittimità. Tra le diverse doglianze quivi esercitate, v'è quella connessa alla definizione dell'opera stessa e all'errata interpretazione che di essa ha fornito l'ente locale resistente (stante la normativa settoriale).
La struttura realizzata dai ricorrenti – ad avviso dei proprietari - sarebbe un semplice arredo esterno che non avrebbe alcuna rilevanza da un punto di vista edilizio, rientrando tra le attività di edilizia libera, o al più tra gli interventi sottoposti a "denuncia di inizio attività" (d.i.a.) che potrebbero, qualora realizzati abusivamente, dar luogo soltanto all'irrogazione di una sanzione pecuniaria.
L'eccezione, tuttavia, non ha colto nel segno. Con Ordinanza del 18 luglio 2017 il TAR della Lombardia ha rigettato il ricorso e confermato la perfetta legittimità del provvedimento impugnato. Interessante l'iter argomentativo svolto. Esaminiamolo nel dettaglio.
La struttura realizzata dai ricorrenti – come detto sopra - è risultata costituita da fili di acciaio teso e travi di ferro ancorati stabilmente al suolo attraverso bulloni, in grado di occupare uno spazio di oltre 30 mq, con un'altezza di 2,34 m.. L'opera è stata ideata e destinata al parcheggio delle relative autovetture.
Tale struttura, in quanto tale, è stata ritenuta in grado di soddisfare esigenze di tipo "non precario", laddove non risulta facilmente amovibile e impatta in modo significativo sull'ambiente circostante (sulla non precarietà di un'opera, Consiglio di Stato, VI, 27 aprile 2016, n. 1619).
I giudici amministrativi hanno considerato tale intervento, da un punto di vista dimensionale e costruttivo, come una nuova edificazione e, quindi, in sé occorrente, per la debita realizzazione, del rilascio preliminare di un permesso di costruire. Per converso, non ci si trova al cospetto di una struttura costruita con materiale leggero facilmente amovibile (in punto, cfr Consiglio di Stato, VI, 25 gennaio 2017, n. 306; IV, 29 settembre 2011, n. 5409).
In ogni caso anche laddove l'intervento edilizio fosse stato ritenuto assoggettabile a d.i.a. – come affermato dai ricorrenti -, il TAR lombardo ha evidenziato in Ordinanza che lo stesso avrebbe dovuto essere preceduto dal rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, in quanto l'area in questione è stata sottoposta a vincolo con Decreto ministeriale n. 438/197.
Sotto tale aspetto, e pur a prescindere dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l'intervento in zona vincolata (d.i.a. o permesso di costruire), ciò che rileva è il fatto che la struttura in disamina è stata posta in essere in assoluta carenza di titolo abilitativo (Consiglio di Stato, VI, 9 gennaio 2013, n. 62).
La conseguenza non può, allora, che essere l'applicazione di una sanzione ripristinatoria: finalizzata a porre rimedio alla visibile alterazione del paesaggio (art. 27, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n. 380 del 2001; cfr., in giurisprudenza, T.A.R. Campania, Napoli, VI, 14 marzo 2017, n. 1472).

La sentenza del Tar Lombardia

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