Urbanistica

Abusi, il Consiglio di Stato chiarisce quando è possibile sanare le violazioni con una sanzione

a cura della redazione PlusPlus24 Diritto


Abusi edilizi - Sanatoria - Sanzione pecuniaria - Ex art. 33, comma 2, DPR 380 del 2001 - Applicabilità in luogo della sanzione demolitoria - Condizioni e presupposti - Fattispecie relativa a opere aggiuntive a manufatto preesistente.

Quando risulta accertata la realizzazione di abusi edilizi, ovvero interventi eseguiti in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, il Comune «deve senza indugio emanare l'ordine di demolizione per il solo fatto di averli riscontrati ai sensi dell'art. 31, comma 2, del testo unico n. 380 del 2001. In alternativa alla rimozione dell'abuso, il Comune, ex art. 33, comma 2, DPR 380 del 2001, può applicare la sanzione pecuniaria esclusivamente in presenza di alcuni presupposti, tra cui la preventiva emanazione dell'ordine di demolizione, l'istanza tempestiva del destinatario dell'ordine ed un «motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale» sulla impossibilità materiale di ripristinare lo stato dei luoghi, configurabile soltanto quando «la demolizione, per le sue conseguenze materiali, inciderebbe sulla stabilità dell'edificio nel suo complesso» legittimamente realizzato, ciò che non avviene - in linea di principio - quando si tratta di eliminare opere realizzate in aggiunta a un manufatto preesistente.

Consiglio di stato, sez. 6, Sentenza del 17 maggio 2017, n. 2347

Abusi edilizi - Opera eseguita in base a permesso di costruire annullato - Sanatoria - Sanzione pecuniaria - Ex art. 38 d.P.R. n. 380 del 2001 - Condizioni e presupposti.

L'art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 dispone che in caso di annullamento del permesso di costruire, e nell'impossibilità, in base a motivata valutazione, di procedere alla rimozione dei vizi delle procedure amministrative o ordinare la restituzione in pristino e/o demolizione senza recare pregiudizio ad altri beni o opere del tutto regolari, il Comune applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, così come valutato dall'agenzia del territorio. In presenza degli anzidetti presupposti, «[l]'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36» del testo unico (art. 38, comma 2, del d.P.R. 380 del 2001). La ratio del regime sanzionatorio più mite riservato agli interventi edilizi realizzati in presenza di un titolo abilitativo che solo successivamente sia stato dichiarato illegittimo va rinvenuto nella tutela del legittimo affidamento riposto dall'autore dell'intervento sulla presunzione di legittimità ed efficacia del titolo assentito che rende la posizione di colui che abbia realizzato in buona fede l'opera abusiva (sulla base di titolo annullato) è nettamente diversa rispetto a quanti abbiano realizzato opere parimenti abusive in assenza assoluta di titolo. Da ciò consegue che il citato art. 38 può trovare applicazione solo in presenza di manufatti realizzati conformemente al titolo edilizio assentito e che diventino abusivi a seguito del sopravvenuto annullamento di quest'ultimo.

Consiglio di stato, sez. 6, sentenza del 10 maggio 2017, n. 2160

Abusi edilizi - Abusività sopravvenuta per annullamento del permesso di costruire – Sanatoria - Sanzione pecuniaria - Ex art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 - Principio fondamentale in materia del governo del territorio - Applicazione uniforme in ambito nazionale - Normativa regionale non chiara - Interpretazione coerente con il disposto della norma statale - Fattispecie relativa all'art. 138 della Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1.
La competenza legislativa in materia di governo del territorio, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., è ripartita tra Stato e Regioni: il primo detta i principi fondamentali, le seconde le norme di sviluppo applicativo. A livello statale, l'art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede un regime particolare, più favorevole, per le fattispecie che si caratterizzano per una abusività “sopravvenuta” a seguito dell'annullamento del permesso di costruire. Ha infatti previsto tre possibili rimedi: i) la sanatoria della procedura nei casi in cui sia possibile la rimozione dei vizi della procedura amministrativa, con conseguente non applicazione di alcuna sanzione edilizia; ii) nel caso in cui non sia possibile la sanatoria, l'amministrazione è obbligata ad applicare la sanzione in forma specifica della demolizione; iii) soltanto nel caso in cui non sia possibile applicare la sanzione in forma specifica, in ragione della natura delle opere realizzate, l'amministrazione è obbligata ad applicare la sanzione pecuniaria nel rispetto delle modalità sopra indicate. Tale norma deve essere intesa quale espressione di un principio fondamentale della materia del governo del territorio per cui non è ipotizzabile un'applicazione differenziata in ambito nazionale delle regole che presiedono alla repressione degli abusivi divenuti tali successivamente all'annullamento del permesso di costruire. E se la normativa regionale abbia un contenuto non chiaro deve essere intesa in modo da assegnarle un significato analogo a quello desumibile dalla disposizione statale in coerenza con il criterio ermeneutico dell'interpretazione conforme a Costituzione e, nella specie, alle regole di riparto delle competenze legislative in materia di governo del territorio. Ne consegue che stante, se e quando possibile, la sanatoria procedimentale, l'amministrazione dovrà applicare la restituzione in pristino (o demolitoria) e soltanto ove questa non sia possibile si dovrà ricorrere alla sanzione pecuniaria.

Consiglio di stato, sez. 6, sentenza del 24 aprile 2017, n. 1909

Abusi edilizi - Abuso in parziale difformità del titolo edilizio - Sanatoria - Sanzione pecuniaria - Ex art. 34, DPR 380 del 2001 - Condizioni - Variazione delle misure dell'opera - Franchigia del 2 per cento - Interpretazione.

La possibilità di applicare la sanzione pecuniaria, ex art. 34, comma 2 , DPR 380 del 2001, in presenza di parziale difformità dell'opera rispetto al titolo edilizio, in luogo della sanzione demolitoria, va valutata nella fase esecutiva del procedimento di repressione dell'abuso, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione: è per tal motivo che la norma viene a costituire, in sostanza, un'ipotesi ulteriore di sanatoria, denominata “fiscalizzazione dell'abuso”. Ne consegue che l'Amministrazione è obbligata a valutare anzitutto se l'abuso costituisca effettivamente una “parziale difformità”, e in caso positivo se effettivamente non possa essere demolito senza pregiudizio per la parte conforme. Il criterio della parziale difformità è stabilito al comma 2 ter, aggiunto con d.l. 13 maggio 2011 n.70, del citato art. 34 il quale prevede che “… non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali” da interpretare nel senso che non ogni violazione eccedente il 2% costituisce difformità totale, ma al contrario che le violazioni contenute entro tale limite sono irrilevanti, poiché esso non contiene una definizione normativa di parziale difformità, ma prevede esclusivamente una franchigia.

Consiglio di stato, sez. 6, sentenza del 30 marzo 2017, n. 1481

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