Urbanistica

Abusi edilizi/3. Niente demolizione per gli illeciti di minore impatto

di C.C.-G.I.

Il principio di legalità delle costruzioni impone di non tollerare l'esistenza di abusi edilizi. Pertanto, la regola base dell'ordinamento italiano è che ogni eventuale difformità - "totale", "sostanziale" o "parziale" - debba essere rimossa.

Nessuna eccezione per gli abusi più gravi, che devono essere necessariamente demoliti dietro ordine del competente ufficio comunale, mentre per gli abusi "minori" la demolizione può essere evitata in presenza di determinati requisiti.
Pertanto in assenza di permesso, totale difformità o difformità sostanziali, il Testo unico dell'edilizia impone l'obbligo della demolizione dell'abuso, a cui sono poi connesse sanzioni pecuniarie e penali (si veda lo schema a sinistra).

In tema di demolizioni è all'esame del Senato, in seconda lettura, un disegno di legge (AS 580-B) che fissa le priorità per l'esecuzone degli abbattimenti che mette al primo posto gli immobili con un rilevante impatto ambientale, quelli situati su area demaniale o vincolate o che possono rappresentare un pericolo (si veda Il Sole 24 Ore del 21 aprile 2017).
Anche in caso di parziale difformità dal permesso di costruire, la regola del Testo unico è la demolizione; tuttavia, se è oggettivamente impossibile procedere alla demolizione (ad esempio se demolire la parte difforme comprometterebbe la stabilità dell'edificio), l'ordinamento acconsente al mantenimento della parte difforme dietro pagamento di una sanzione pecuniaria pari al doppio del valore di quanto difforme.
La giurisprudenza (da ultimo il Consiglio di Stato, sentenza 1484/2017, ma anche sentenza 1912/2013) ribadisce che questa chacne è un'eccezione in quanto:
ha una valenza derogatoria unicamente connessa alla presenza di "parziale difformità" e non deve essere considerata come regola generale applicabile a tutte le forme di abuso;
anche nel caso di abusi "minori", la possibilità di ricorrere al pagamento della sanzione non è sempre possibile, dovendo essere dimostrato in maniera inequivoca che la demolizione inficerebbe la statica dell'immobile.

A questo assetto sanzionatorio si deve aggiunge l'istituto dell'accertamento di conformità (articolo 36). In caso di interventi formalmente sprovvisti di titolo, ma che sono conformi alla disciplina edilizia (vigente sia al momento della realizzazione dell'abuso sia al momento della domanda), si può ottenere una sanatoria, pagando una oblazione pari al doppio del contributo di costrizione. In questo caso, l'ordinamento consente una sanatoria dell'abuso in ragione dell'accertata compatibilità della costruzione con la disciplina edilizia, sia in origine che successivamente.

Simile alla situazione della difformità parziale è il caso dell'abusività sopravvenuta, che occorre quando un'opera è realizzata in base a un permesso che poi viene annullato (ad esempio, dal Tar). In tal caso, l'abuso che ne deriva sottostà ad un trattamento normativo più favorevole rispetto all'abuso originario. Infatti, l'articolo 38 del Testo unico gradua le sanzioni in base alla gravita della violazione, prevedendo che:


-in queste evenienze la prima cosa da verificare è se sia possibile eliminare i vizi della procedura amministrativa emanando un nuovo permesso che sani l'abuso derivato dall'annullamento;
- se non è possibile resta ferma la regola della demolizione;
- se però la riduzione in pristino non è tecnicamente eseguibile, il Comune può applicare una sanzione pecuniaria pari al valore delle opere abusivamente eseguite.

Si tratta di una disposizione più favorevole rispetto all'abuso originario in quanto non applica tout court la regola della demolizione ma prevede due possibili forme di sanatorie.

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