Urbanistica

A Venezia più vicino lo Science Gallery: ecco come sarà (e cosa sarà) il laboratorio della didattica «creativa»

di Massimo Frontera

L'Università Ca' Foscari di Venezia ha avviato la procedura per ospitare (nel fabbricato 4 in zona San Basilio, a Venezia) lo Science Gallery. Il bando di progettazione vale quasi 519mila euro). Venezia è la quinta città al mondo che entra nel network Science Gallery (dopo Londra, Melburne, Bangalore e Dublino). E non è stato un caso. La città ha infatti partecipato a una selezione internazionale, da cui è uscita vincitrice alla fine dello scorso anno. L'idea di fondo del progetto è quella di sperimentare, attraverso esposizioni ed eventi gratuiti e aperti a tutti, una didattica esperienziale e innovativa che utilizza un mix di stimoli parlando i linguaggi dell'arte, della scienza, dell'innovazione e della tecnologia.
«E anche un modo - spiega Marco Sgarbi, professore associato all'Università Ca' Foscari di Venezia e Prorettore alla Comunicazione e promozione dell'Ateneo - in cui si espongono e si offrono al pubblico le cose che nascono nell'Università. Anche se negli Science Gallery non ci saranno solo cose nate nell'Università».

Il professore veneziano ha fatto conoscere il network in Italia, e ha principalmente contribuito a portarlo nella città di Venezia e, soprattutto, a incardinarlo nell'Ateneo di Ca' Foscari. Ma che cosa è esattamente uno Science Gallery? «Sicuramente non è, e non vuole essere, un museo - risponde Sgarbi -; piuttosto somiglia a un modo diverso di concepire l'Università, che non sia fuori dal mondo ma che vuole invece stare sul territorio e fare da collante con le intelligenze più innovative». «Il Science Gallery - prosegue il docente veneziano - ha un programma scientifico che punta a coinvolgere ragazzi tra i 15 e i 25 anni perché questa è l'età nella quale si formano di più le concezioni scientifiche ed è l'età in cui poi gli studenti scelgono il percorso universitario. Ed è un'età che non è coperta da altre istituzioni culturali, perché difficilmente i musei riescono a raggiungere il target dei giovani tra 15 e 25 anni. È un centro aggregatore, con accesso libero, aperto a tutti e gratuito. Ed è anche un centro dove creativi e aziende, soprattutto le start up, possono fare iniziative. Ci saranno inoltre spazi di coworking e per eventi. Il modello di riferimento è quello di Dublino». La scommessa è quella di creare, in una città assediata da turisti, un elemento attrattore che non si rivolge ai turisti ma che cerca di coinvolgere, "fidelizzare" e formare una comunità fondamentalmente stabile.

L'apertura della struttura veneziana è stimata entro il 2019 (da cronoprogramma). Ma molto tempo prima - cioè fra pochi giorni - si conoscerà il futuro direttore dello Science Gallery veneziano. «Entro dieci giorni contiamo di poter dare l'annuncio della persona che è stata selezionata», anticipa Sgarbi.
Una volta inaugurato, lo spazio dovrebbe ospitare, ogni 3-4 mesi, una nuova exibition, cioè un nuovo progetto scientifico-culturale. «L'idea - spiega Sgarbi - è di porre al visitatore delle domande, attraverso l'arte, in merito alle cose che vede, per stimolare la conoscenza e la riflessione su temi di attualità, mai vaghi me sempre ben individuati: dal problema dei vaccini all'intelligenza artificiale alle intercettazioni telefoniche. Saranno sempre temi che fanno riflettere. Una volta scelto il tema, artisti e startupper possono rispondere e partecipare proponendo la propria installazione».

L'investimento per l'allestimento dello spazio sarà sostenuto dall'Università. Ma l'attività di gestione, a regime, deve autosostenersi, attraverso con il coinvolgimento di soggetti privati, sia con donazioni e sponsorship, sia con il coinvolgimento nelle iniziative.
Un esempio? «La mostra del sangue che è stata promossa dallo Science Center di Dublino - cita Sgarbi - ha ricevuto il finanziamento dall'azienda farmaceutica Pfizer; quella sull'intelligenza artificiale dall'Ibm».
Un sostegno arriva anche dai ricavi prodotti dai servizi a reddito, cioè principalmente il punto ristoro. «Dobbiamo fare in modo che il progetto si autosostenga. A regime stimiamo che dovremmo avere un flusso di 300mila frequentatori l'anno, anche se non pensiamo si debba trattare di visitatori episodici, ma più che altro di una comunità di frequentatori abituali», conclude Sgarbi.

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