Urbanistica

Espropri, il risarcimento deve tener conto dell'edificabilità legale dell'area al momento della sua trasformazione

di Pietro Verna

Il risarcimento del danno per occupazione illegittima deve tener conto della edificabilità legale dell'area al momento della sua radicale trasformazione (Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 22 febbraio 2017, n. 4608). Con l'enunciazione di questo principio di diritto il Supremo Collegio ha rigettato il ricorso proposto contro la sentenza dell'11 marzo 2011 della Corte di appello di Cagliari - Sezione staccata di Sassari- che, in parziale riforma della pronuncia del giudice di primo grado, aveva rideterminato l'importo dovuto dalla VII Comunità montana di Goceano (Sassari) ai proprietari di un suolo situato in un'area destinata ad ospitare una struttura termale. Area che, in forza di una delibera del Presidente della giunta regionale della Sardegna, era stata ricompresa nella Zona G3 (zona termale) di un piano urbanistico di un Comune facente parte della stessa Comunità montana, con la conseguenza che tale zona risultava assoggettata ai vincoli edificatori di un Piano unico attuativo di iniziativa pubblica.

La sentenza della Corte di Cassazione
I ricorrenti avevano impugnato la sentenza denunciando che l'importo era stato liquidato alla data di consumazione dell'illecito (7 novembre 1994) in cui era vigente il piano di fabbricazione comunale che assegnava all'area interessata indice territoriale pari a 0, 3 mc/mq e che la Corte territoriale non aveva tenuto conto che il piano urbanistico in narrativa era stato pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione Sardegna a qualche mese di distanza dall'occupazione (3 febbraio1995). Denuncia che la Cassazione ha ritenuto infondata in ragione del fatto che, trattandosi di illecito istantaneo, il risarcimento deve tradursi nel ripristino della perdita patrimoniale prodottasi alla data del suo verificarsi, senza che possano andare a vantaggio o nocumento del danneggiato le oscillazioni del mercato immobiliare nel periodo successivo al giorno in cui il dannrggiato ha perso il diritto di proprietà (in senso conforme, Cassazione, Sezione I, sentenza 1° novembre 2008, n. 3189 e Cassazione, Sezioni unite, sentenza 26 febbraio 1992, n. 2383) .

Altrettanto infondata è stata ritenuta la pretesa di "agganciare" la liquidazione alla edificabilità dei suoli oggetto dell'occupazione. Pretesa che- rileva la sentenza- si pone in contrasto con quanto stabilito dall'articolo 37, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica del 8 giugno 2001, n. 327 («Testo unico espropri»), come modificato dell' articolo 2, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n.244 («Legge finanziaria 2008»), secondo cui l'indennità di espropriazione di un'area "edificabile" è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Disposizione, quest'ultima, che ha lasciato inalterata la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili contemplata dagli strumenti urbanistici ai fini della conservazione di spazi a beneficio della collettività e della realizzazione di servizi pubblici (da ultimo, Cassazione, Sezione I, sentenza 1° settembre 2016, n. 19193). Sicché l'inclusione dei suoli nell'una o nell'altra categoria va effettuata con riferimento al criterio della edificabilità legale di cui all'articolo 37, comma 4, del testo unico delle espropriazioni : l'area è edificabile solo nel caso in cui risulti classificata tale al momento dell'espropriazione, mentre non è edificabile ogni qual volta- come nel caso di specie- per lo strumento urbanistico vigente all'epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale prevista dall'articolo 32 del suddetto testo unico l' area sia stata vincolata a uso pubblico ( viabilità, infrastrutture, verde pubblico eccetera).

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