Urbanistica

Rapporto cave: 14mila quelle dismesse, non decolla il riciclo. Tre proposte Legambiente

di Alessandro Arona

Sono 4.752 le cave per l'estrazione di materie prime per l'edilizia, aperte in Italia. Il dato emerge dal Rapporto Cave di Legamembiente, on line da oggi sul sito dell'associazione, da anni l'unica completa mappa sul settore estrattivo. Rispetto ai monitoraggi passati (il primo nel 2009) si evidenzia un calo del 20,6% del numero di cave, dovuto alla crisi dell'edilizia, mentre è in lieve aumento il numero di cave dismesse o abbandonate, 13.414 nelle regioni con monitoraggio, oltre 14mila secondo Legambiente considerando anche le tre regioni con dati non precisi. La maggior parte di queste cave non saranno recuperate - denuncia Legambiente - lasciando ferite ambientali e paesaggistiche nel territorio. L'associazione lancia tre proposte per ridurre l'uso delle cave e aumentare il riutilizzo in edilizia dei materiali da demolizione.
«Per Legambiente occorre promuovere una profonda innovazione nel settore delle attività estrattive – sostiene Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente e autore del rapporto insieme a Gabriele –, dove non è utopia pensare di avere più imprese e occupati nel settore, proprio puntando su tutela del territorio, riciclo dei materiali e un adeguamento dei canoni di concessione ai livelli degli altri Paesi europei».

Il rapporto cave integrale

LE TRE PROPOSTE DI LEGAMBIENTE
La prima proposta di Legambiente è rafforzare le regole nazionali sulle cave. La competenza è dal 1977 delle Regioni, ma il rapporto segnala che mancano «piani cava» in Veneto, Abruzzo, Molise, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Calabria, Pr. Bolzano, Basilicata e Piemonte (dove sono previsti Piani Provinciali), mentre «nella maggior parte delle Regioni sono inadeguati i vincoli di tutela e mancano obblighi di recupero contestuale delle aree».
Legambiente propone dunque un rafforzamento del ruolo dello Stato, con una legge quadro che stabilisca le categorie di aree nella quale l'attività di cava è vietata (sul modello delle legge Galasso per i vincoli paesistici), che preveda la Via obbligatoria (valutazione di impatto ambientale) per tutte le richieste di estrazione, che stabilisca l'obbligo di recupero ambientale per le cave abbandonate (obbligo che oggi non c'è quasi mai). Legambiente propone inoltre un "piano nazionale delle cave da recuperare".

La seconda proposta di Legambiente è stabilire un canone di concessione minimo pari al 20% del prezzo di vendita del materiale estratto, «sul modello della Gran Bretagna». Il Rapporto cave contiene tabelle dettagliate per tutte le regioni: la media dei canoni attuali è del 2,3%, con due sole regioni sopra il 6% (Abruzzo e Campania) e sei regioni a canone zero. Gli introiti complessivi da estrazione di sabbia e ghiaia sono oggi di 27,3 milioni di euro, e salirebbero a 169 milioni con canoni "britannici" del 20%. Per il settore "pietre ornamentali" (marmo, travertino, etc.) gli introiti da canoni valgono oggi 3,2 milioni di euro, salirebbero a 406 milioni con i canoni al 20%.

La terza proposta Legambiente è ridurre il prelievo da cava tramite il recupero di inerti (residui da demolizione) provenienti dall'edilizia. Gli inerti estratti dalle cave sono scesi a causa della crisi dai 140 milioni di mc del 2009 a 53 milioni nel 2015, mentre i rifiuti da demolizione e costruzione sono via via saliti allo stesso valore, 53 milioni di mc; il 90% di questi finisce in discarica, e solo il 7% circa - spiega Legambeinte - viene lavorato e riutilizzato come inerte in edilizia, al posto del materiale da cava, mentre in molti paesi europei la percentuale di riciclo è del 90%, e la direttiva 2008/98/Ce impone di arrivare almeno al 70% di riciclo entro il 2020. Legambiente propone leggi che obblighino a utilizzare una quota di inerti da recupero in tutti gli appalti pubblici. «Contemporaneamente - spiega Zanchini - va disincentivato il conferimento in discarica, con prezzi più alti e più controlli sulle discariche abusive».

NO DELL'AITEC ALL'AUMENTO DEI CANONI
«L'aumento dei canoni di concessione al 20% per i cavatori, proposta da Legambiente, sarebbe insostenibile per gli operatori del cemento». A dirlo è stato Salvatore Lisi, Aitec, alla presentazione del Rapporto cave di Legambiente. Aitec (Confindustria) rappresenta l'80% dei produttori di cemento in Italia. «Oggi le imprese sono quasi tutte in rosso - ha spiegato Lisi - gli incrementi di canone sarebbero insostenibili, finiremmo per incentivare l'import di cemento. Siamo invece d'accordo sul rafforzare i vincoli sulle cave (autorizzazione e Via) e sul recupero di quelle dismesse. E condivisibile è anche la spinta al riciclo di materiali da demolizioni e l'aunento dei costi del conferimento in discarica». «Certo ora il settore è ancora in crisi - ha risposto Edoardo Zanchini, Legambiente - è chiaro che l'edilizia deve ripartire, puntando sulla riqualificazione urbana. A quel punto potremo parlare di aumentare i canoni sulle cave».

Il Rapporto cave Legambiente 2017

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