Urbanistica

Regolamento edilizio tipo, 42 definizioni uniformi (nelle Regioni a statuto ordinario)

In tutti i Comuni delle Regioni a statuto ordinario la superficie utile di una casa, di un ufficio o di un’officina sarà considerata sempre quella di pavimento misurata al netto della superficie accessoria e di muri, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di parte e finestre. È uno dei risultati della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale (16 novembre 2016, n. 268) dell’intesa tra Governo, Regioni e Comuni, che ha approvato il regolamento edilizio tipo, previsto dal decreto legge Sblocca Italia (il 133/2014, articolo 17) e che ora dovrà essere recepita dagli ordinamenti locali.

Il regolamento

I Comuni dovranno redigere i loro regolamenti edilizi strutturandoli in due parti e applicando le 42 definizioni uniformi dei parametri edilizi riportate nell’intesa (vedi grafica). In una prima parte, sotto il titolo «Principi generali e disciplina generale dell’attività edilizia», deve essere riportato l’elenco delle norme generali sull’attività edilizia che si applicano su tutto il territorio nazionale e regionale. La seconda parte, con le «Disposizioni regolamentari comunali in materia edilizia», costituisce il vero e proprio regolamento edilizio.

Lo schema tipo, però, non indica i contenuti del regolamento, ma una «struttura generale uniforme» in base alla quale essi devono essere ordinati. In sostanza, i Comuni devono adottare l’indice del regolamento tipo, ma, nella loro autonomia, «possono individuare requisiti tecnici integrativi e complementari».

Le definizioni

Un punto di riferimento fisso per i futuri regolamenti è costituito dalla lista delle definizioni uniformi, sulla quale trovare l’accordo non è stato facile. La migrazione dalle vecchie definizioni alle nuove sarà forse il compito più difficile per i Comuni, che hanno la responsabilità di stabilire le regole e le prescrizioni per la realizzazione dell’attività edilizia sui loro territori. Per rendersi conto della loro difficoltà è sufficiente confrontare le definizioni uniformi di alcuni parametri del regolamento tipo con quelle dei regolamenti vigenti in alcuni Comuni. In qualche caso, nel regolamento vigente è assente la stessa definizione del parametro. In quello del Comune di Milano, per esempio, non è definita la superficie utile; il regolamento di Bologna la definisce, ma è conteggiata anche la superficie di balconi, logge e scale interne, mentre a Bari non è compresa la superficie accessoria. Adeguamenti saranno necessari anche per altri parametri, quali il volume e le distanze. A Milano, finora, il volume totale di un edificio è calcolato moltiplicando per tre la superficie lorda, mentre con la nuova definizione si dovrà considerare l’altezza lorda effettiva.

Le Regioni autonome

Le Regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e Bolzano applicano i contenuti dell’intesa solo se non contrastano con i loro statuti e con le norme emanate per la loro attuazione. Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e le province del Trentino Alto Adige potranno, pertanto, continuare a dotarsi di regolamenti tipo diversi gli uni dagli altri e stabilire anche differenti gradi di libertà per i Comuni dei rispettivi territori.

Le Regioni ordinarie

Anche le 15 Regioni a statuto ordinario godono di una certa libertà di manovra. Nei 180 giorni successivi alla data di adozione dell’intesa del 20 ottobre 2016 (cioè entro il 18 aprile 2017), nel recepire il regolamento tipo e le definizioni, esse possono portare integrazioni e modifiche compatibili con le normative regionali vigenti nella materia. Senza mettere in discussione l’uniformità dell’impianto generale del regolamento tipo, all’indice possono essere apportate le specificazioni e le semplificazioni ritenute opportune. Ogni Regione, ovviamente, deciderà autonomamente cosa fare, scegliendo i capitoli sui quali intervenire.

Sulle definizioni i gradi di libertà dovrebbero essere più ristretti, ma molto dipenderà dalla lettura che si farà del testo della norma. Al riguardo è previsto, infatti, che le Regioni, alla luce delle loro specifiche normative, individuino le definizioni che incidono «sulle previsioni dimensionali contenute negli strumenti urbanistici» e anche, se lo ritengono necessario, diano indicazioni tecniche di dettaglio per consentire la corretta interpretazione delle definizioni oggetto dell’intesa, nella loro prima fase di applicazione. Le nuove definizioni uniformi valgono per il futuro, senza incidere sulle dimensioni quantitative dei Prg vigenti.

L’adeguamento comunale

Nell’atto con il quale le Regioni adottano l’intesa Governo-Regioni-Comuni, le Regioni a statuto ordinario stabiliscono anche le modalità, gli iter amministrativi e i tempi entro cui i Comuni devono adeguare i loro regolamenti edilizi allo schema tipo, e agli allegati, con le modifiche introdotte, eventualmente, da ognuna di esse. Le deliberazioni regionali devono fornire ai Comuni anche indicazioni su come contenere le conseguenze dell’adeguamento sui procedimenti in corso, con riferimento, per esempio ai titoli abilitativi. Ai Comuni viene accordato un tempo massimo di 180 giorni per allinearsi al regolamento tipo. Nei Comuni che non lo faranno, saranno applicate le 42 definizioni uniformi e le altre disposizioni dei regolamenti deliberati dalle regioni, che prevarranno sulle previsioni dei regolamenti edilizi vigenti. I Comuni possono, però, anche applicare direttamente lo schema di regolamento tipo nelle Regioni che, nel tempo loro concesso, non lo recepiscono e non apportano modifiche.

Vedi Le nozioni nazionali

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