Urbanistica

Corte Costituzionale/1. Obbligatorio il parere del Genio civile in zona sismica: bocciata la legge Liguria

di Alessandro Arona

Con la sentenza 272 del 18 ottobre 2016, depositata e resa nota il 16 dicembre, la Corte Costituzionale ha bocciato - su ricorso del governo (17/06/2015) - la Regione Liguria, dichiarando incostituzionali due norme della legge (omnibus) regionale 7 aprile 2015, n. 12. La prima in materia abbattimento delle barriere architettoniche (obblighi di adeguamento alle norme sull'accessibilità negli interventi su edifici esistenti), la seconda sulle regole antisismiche (obbligo di autorizzazione dell'ufficio tecnico regionale per gli interventi edilizi in zona sismica).
In entrambi i casi le norme regionali (articolo 20 comma 1 e articolo 22 della l.r. 12/2015) avrebbero violato i principi fondamentali della materia e i livelli essenziali delle prestazioni su diritti civili e sociali, che spettano allo Stato in base alla costituzione e alla giurisprudenza della stessa Consulta.

Nonostante il referendum del 4 dicembre abbia respinto la legge costituzionale che avrebbe rafforzato le competenze legislative dello Stato in materia di "governo del territorio" (e dunque edilizia privata), anche con la vecchia (e attuale) costituzione i "paletti base" in materia edilizia spettano allo Stato.
In entrambe le norme regionali, in particolare, la Liguria aveva in sostanza "abbassato" il livello di prescrizioni e di tutele in materia di abbattimento delle barriere e di interventi edilizi in zona sismica.
I punti, nei fatti e nel diritto, sono comunque leggermente differenti.

«LIVELLI ESSENZIALI» IN MATERIA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE
La norma in oggetto (art. 20 c. 1 legge regionale 12/2015), modificando la l.r. 15/1989 in materia di adeguamento delle barriere architettoniche e localizzative, ha stabilito che «In caso di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento, ristrutturazione edilizia anche parziale di edifici non già adeguati alle norme sul superamento delle barriere architettoniche che siano sedi di attività aperte al pubblico, le medesime opere non devono determinare un peggioramento delle caratteristiche originarie di accessibilità delle unità immobiliari interessate dalle stesse».
Stiamo dunque parlando di edifici vecchi, non adeguati alle norme in materia di accessibilità, poi sottoposti a interventi edilizi: la norma regionale dice che gli interventi soggetti a semplice Scia non devono peggiorare l'accessibilità architettonica dell'edificio, ma non devono necessariamente neppure peggiorarla.

La Corte costituzionale ricorda innanzitutto che «Le disposizioni in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche, secondo la giurisprudenza costituzionale (da ultimo, la sentenza n. 111 del 2014), attengono alla "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali", di cui all'art. 117 (della Costituzione), secondo comma, lettera m), Cost., che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». Dunque si tratta di materia riservata allo Stato.

Ma la norma regionale in oggetto, osserva la consulta, ha apportato una «significativa deroga» a quei livelli essenziali fissati dalla normativa statale, e cioè dall'articolo 82 del Testo unico edilizia (Dpr 380/2001), che prescrive la conformazione degli edifici pubblici e privati aperti al pubblico, di nuova costruzione e già esistenti (qualora siano sottoposti ad interventi di ristrutturazione), ai requisiti costruttivi e funzionali necessari per eliminare ogni ostacolo che si frapponga alla loro utilizzazione da parte di soggetti portatori di deficit anatomici o senso-percettivi.
Secondo la Consulta, dunque, «limitandosi a prescrivere un obbligo di non peggioramento delle «caratteristiche originarie di accessibilità» per la realizzazione di opere edilizie sugli edifici esistenti, la norma regionale impugnata invade l'ambito riservato alla potestà legislativa esclusiva statale di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni rese in favore delle persone portatrici di handicap, alterando la delicata graduazione di interessi rimessa, nel sistema di tutela delle persone disabili, al legislatore statale».

PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI ANTISISMICA
Le norme sulle costruzioni in zone sismica, ricorda la Consulta, sono a legislazione concerrente, sia perché rientranti nel "governo del territorio" sia perché nella "protezione civile".
L'articolo 22 della legge regionale 12/2015, sempre con l'intento di semplificazione, stabilisce che gli interventi edilizi soggetti a semplice Scia (restauro, ristrutturazione leggera) non devono avere la preventiva autorizzazione dell'ufficio tecnico regionale.

La Consulta conferma intanto che l'articolo 94 del Testo unico edilizia, che prescrive che
«nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione», va qualificato come «principio fondamentale della materia» "governo del territorio" .

La norma impugnata dal governo, invece, «escludendo dalla preventiva autorizzazione sismica gli interventi sul patrimonio edilizio soggetti a SCIA, contrasta con il principio fondamentale secondo cui, nelle zone sismiche, l'autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione condiziona l'effettivo inizio di tutti i lavori, nel senso che in mancanza di essa il soggetto interessato non può intraprendere alcuna opera, pur se in possesso del prescritto titolo abilitativo edilizio».
Questo obbligo riguarda non solo le nuove costruzioni e le sopraelevazioni, ma «tutte le
costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità» (art. 83 del TUE; lo stesso art. 94 si riferisce genericamente all'inizio di «lavori», senza limitazioni.

La sentenza della Corte Costituzionale

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