Urbanistica

Regolamento edilizio/2. Uno schema «aperto» e non cogente

di Fabrizio Luches

A breve sarà siglato l'accordo in Conferenza unificata tra Governo, Regioni ed Enti locali per l'adozione del Regolamento edilizio tipo, ai sensi dell'articolo 4, comma 1-sexies del Tue, che andrà a sostituire gli oltre ottomila regolamenti edilizi comunali esistenti, con il fine di semplificare e uniformare le procedure edilizie. Nonostante la legge disponga espressamente che tale accordo costituisca livello essenziale delle prestazioni, concernenti la tutela della concorrenza e i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, non mancano previsioni che consentono - a livello locale - di inserire specificazioni e integrazioni conformemente alla normativa regionale (e ciò non solo per le Regioni a statuto speciale).

Anche l'effettivo adeguamento da parte dei Comuni sarà normato dalle Regioni che, entro 180 giorni dall'adozione dell'accordo, dovranno stabilire metodi, procedure e tempi per i Comuni. L'accordo prevede comunque un'attività di monitoraggio sull'attuazione del regolamento edilizio tipo con cadenza almeno annuale, all'esito della quale si potrà procedere con aggiornamenti o ulteriori semplificazioni, anche attraverso l'adozione di linee guida per l'uniformità interpretativa (forse il vero problema delle pratiche quotidiane in Italia). A prescindere dai condivisibili e più che mai necessari obiettivi di semplificazione, lo schema di regolamento, però, si limita ad una ricognizione sistematica degli argomenti da disciplinare a livello locale (anche se ciò potrebbe definirsi già un traguardo nella diaspora amministrativa italiana degli ultimi decenni), senza oltretutto prevederne la tassatività: i Comuni, infatti, potranno non solo individuare requisiti tecnici integrativi e complementari non disciplinati dalla normativa uniforme sovraordinata, ma anche inserire tematiche ed elementi non espressamente previsti nell'indice tipo, purchè sia rispettato il criterio dell'analogia.

Elemento di sicura efficacia sotto il profilo pratico può comunque ravvisarsi nell'obbligo espresso -per i regolamenti comunali- di eseguire solo un mero rinvio alla disciplina sovraordinata (statale e regionale) in materia di definizioni (sia dei parametri urbanistico-edilizi che degli interventi), di procedure per il rilascio dei titoli e attività di vigilanza, nonché di modulistica unificata edilizia e documentazione da allegare alla stessa: tale disciplina opererà direttamente senza necessità di recepimento regolamentare comunale (come del resto dovrebbe già accadere oggi, in forza del generale principio di gerarchia delle fonti normative). L'unica rivoluzione sostanziale non risiede quindi nell'indice tipo degli argomenti (che rispecchia comunque i regolamenti edilizi vigenti dei principali Comuni italiani, salvo qualche eccezione), ma nell'allegato "A", che contiene le 42 definizioni uniformi dei principali parametri urbanistico-edilizi. Una volta adeguati i regolamenti comunali alle nuove definizioni, i principali parametri che regolano l'attività edile (quali ad esempio superficie, distanza, altezza, volume) e i manufatti oggetto dei più comuni interventi in ambiente urbano (balcone, ballatoio, loggia, pensilina, porticato, soppalco, sottotetto, terrazza, tettoia e veranda), saranno finalmente definiti in maniera univoca in tutta la Repubblica.

Nonostante il lodevole intento perseguito, l'indice unico presenta ancora notevoli aspetti di confusione sistematica o lacune. Già dal Titolo I che reca le "disposizioni organizzative e procedurali", si assiste all'accorpamento (nel Capo I) di previsioni in materia di Sportello unico e di organi consultivi facoltativi (i cui argomenti in tutto o in parte sono rinvenibili nei REC alla voce "norme procedurali" di Milano e Catanzaro, "disposizioni generali" di Torino, Perugia, Campobasso e Palermo, "diritti di informazione, accesso agli atti e certificazioni" di Potenza, "commissioni consultive" di Firenze, "commissione edilizia" di Aosta, Trento, Ancona e L'Aquila, "norme preliminari" di Roma, "commissione per la qualità architettonica" di Bologna e Cagliari, "commissione edilizia" di Venezia e "norme procedurali" di Napoli, "commissione edilizia integrata" di Trieste, "organi tecnici e loro funzionamento" di Bari, "organi consultivi e loro funzionamento" di Genova), con altre previsioni della più svariata natura (Capo II) che vanno dall'autotutela e riesame di titoli abilitativi, ai pareri preventivi, certificazioni urbanistiche, oneri Bucalossi, ordinanze, strumenti informativi e partecipativi, concorsi di urbanistica e di architettura (argomenti questi che invece trovano collocazione sistematica autonoma in quasi tutti i REC vigenti).

Seppur la mancata menzione nel Capo I alle Commissioni locali per il paesaggio espressamente istituite ai sensi dell'articolo 148 d.lgs. 42/2004 (e attualmente disciplinate in diversi REC) può essere risolta nel generale riferimento ad "ogni altro organo consultivo o di amministrazione attiva, costituito secondo la disciplina vigente", la citata miscellanea del Capo II non assolve sicuramente agli obiettivi di semplificazione, oltre a risultare sistematicamente errata (ad esempio le procedure relative alla "sospensione dell'uso e dichiarazione di inagibilità" e "ordinanze" andrebbero forse collocate nel Titolo IV "vigilanza e sistemi di controllo"). Sotto il profilo dell'omogeneità sistematica, il Titolo II "disciplina della esecuzione dei lavori e il Titolo III "disposizioni per la qualità urbana, prescrizioni costruttive e funzionali" presentano, invece, una formulazione più sintetica e intellegibile rispetto alle analoghe fattispecie di molti REC vigenti, anche se non bisogna sottovalutare le problematiche derivanti dall'eventuale integrazione a livello locale non solo di requisiti tecnici integrativi o complementari, ma anche di tematiche ulteriori connesse per analogia ovvero interi allegati (che possono a loro volta contenere veri e propri regolamenti di settore, si pensi ad esempio al regolamento comunale per le comunicazioni telematiche, indicato nel Titolo I Capo I ovvero a quello per il verde pubblico e privato, ammesso nel Titolo III Capo III).

Infine, per quanto attiene all'approfondimento dei vari temi trattati, l'indice privilegia gli aspetti classici, andando nel dettaglio in merito a recupero urbano, qualità architettonica ed elementi costruttivi (Capi V e VI del Titolo III) con attenzione forse eccessiva alla trattazione di griglie, intercapedini e cartelloni pubblicitari, mentre vi è poco approfondimento rispetto ai parametri energetico-ambientali.
Come evidenziato in premessa, probabilmente l'unica novella in grado di apportare un contributo pratico sostanziale alla semplificazione in materia edilizia, è l'introduzione delle definizioni uniformi contenute nell'Allegato A. Ciò dovrebbe limitare le problematiche interpretative afferenti i medesimi interventi edili eseguiti in Comuni diversi da un'impresa o progettati da un unico professionista, assoggettati a procedure o parametri più disparati, non legati a specifiche previsioni urbanistiche locali, ma semplicemente oggetto di interpretazioni e valutazioni diverse, nonostante alla fonte vi sia la medesima disciplina regionale. Si pensi ad esempio alle differenze macroscopiche attualmente presenti a livello locale, nelle definizioni di superficie utile e accessoria, altezza del fronte dell'edificio ovvero l'altezza utile dei vani, e le conseguenze sull'effettivo volume utile realizzabile a parità di intervento edile, ai fini del rispetto dell'indice di fabbricabilità prescritto per le specifica zona urbanistica dal Piano regolatore.

Seppur prendendo atto dell'impossibilità di sintetizzare e uniformare tutte le casistiche tiopologico-architettoniche e storico-culturali che caratterizzano i centri urbani italiani, la facoltà attribuita alle Regioni -in sede di prima applicazione- di integrare tutte le definizioni che abbiano incidenza sulle previsioni dimensionali degli strumenti urbanistici, sembra operare in senso opposto alla ratio di uniformazione dichiarata. L'ulteriore previsione relativa al recepimento delle definizioni uniformi nel regolamento edilizio comunale e che sancisce la neutralità delle medesime rispetto alle previsioni dimensionali degli strumenti urbanistici vigenti (che continuano ad essere regolate dal PRGC sia vigente che adottato, cfr. art. 2, comma 4 dell'Accordo), seppur comprensibile dall'esigenza di evitare defatiganti varianti urbanistiche, potrebbe comportare -di fatto- l'irrilevanza di alcune definizioni uniformi nelle valutazioni relative al rispetto dei parametri urbanistici in sede di rilascio dei titoli abilitativi.

Lo schema di regolamento edilizio-tipo con le 42 definizioni standard

L'allegato "B" allo schema di regolamento con le norme statali in materia edilizia

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