Urbanistica

Progetti privati e città metropolitane: due nodi da sciogliere per il bando periferie

di Massimo Frontera

La seconda edizione del bando nazionale per le periferie, pubblicato il 1 giugno, ha un alto indice di gradimento da parte dei Comuni, che peraltro hanno ottenuto dalla presidenza del Consiglio diversi aggiustamenti al testo. L'occasione per esprimere il test di gradimento è stato il seminario dell'Anci, svoltosi ieri a Roma, che ha sviscerato - di fronte a un'affollata platea di sindaci - i dettagli dell'opportunità che mette complessivamente in palio 500 milioni di euro, concedendo fino a 18 milioni di euro a ciascun Comune e 40 milioni a ciascuna città metropolitana.

Il seminario tecnico segue di pochi giorni la pubblicazione delle prime Faq sul bando, nelle quali è stato anche possibile sciogliere l'importante questione sul ruolo delle città metropolitane, rispetto ai comuni del territorio. La "lettura autentica" del comma 3 articolo 3 del bando, come ha spiegato Stefania Dota (vicesegretario generale dell'Anci), è la seguente. La città metropolitana ha di fronte diverse opzioni, tutte percorribili: può presentare proposte del comune con il maggior numero di abitanti del territorio; può presentare proposte di comuni interni al perimetro metropolitano; può presentare, in un'unica proposta, progetti che riguardano il comune del territorio metropolitano con il maggior numero di abitanti e progetti di altri comuni del territorio metropolitano.

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Nel seminario dell'Anci è stato chiarito anche è possibile un collegamento tra il nuovo bando periferie da 500 milioni con il precedente bando da 200 milioni (le cui proposte sono in fase di valutazione). «Se il comune capoluogo ha già presentato un progetto per il bando da 200 milioni - ha riferito Stefania Dota - può ripresentarlo in questa occasione, salvo poi decidere in quale graduatoria restare inserito». Alcuni Enti locali, in altre parole, avranno la possibilità di "puntare su due tavoli".

Non mancano però i nodi ancora da sciogliere, come ha ricordato l'esperto dell'Anci Maurizio Cabras. «È stato chiarito che la città metropolitana è il referente; ma allora - si chiede Cabras - il finanziamento statale in quale bilancio va a finire? In quello della città metropolitana oppure in quello del comune interessato? E, nel caso vada alla città metropolitana, come viene gestito?». Domanda al momento rimasta in sospeso.

Un altro nodo riguarda il rapporto con i privati. Si tratta di un tema molto importante, non solo perché la capacità di coinvolgere il privato viene premiata con un maggiore punteggio nella graduatoria finale, ma anche perché la partnership con operatori di mercato è ormai una condizione sempre più necessaria per realizzare le iniziative. E su questo c'è un passaggio che preoccupa gli Enti. «Se al progetto ha partecipato il soggetto privato, e poi progetto deve andare in gara, come fa l'ente locale a gestire il progetto?», segnala sempre Cabras.

Al di là di questi tecnicismi ancora da approfondire, il bando, sottolinea l'Anci, presenta aspetti di novità, a partire dalla massima apertura sui progetti canidabili (non c'è traccia dei rigidi parametri che erano stati inseriti nella prima versione). Anche il fatto di ammettere proposte allo stadio di studi di fattibilità viene considerato un elemento che non mancherà di stimolare gli Enti locali sull'innovazione . Questo aspetto stride tuttavia sulla premialità che viene attribuita ai progetti di pronta esecutività.

Una voce critica è invece arrivata dagli architetti. «Solo attraverso una programmazione almeno ventennale, coerente con una visione strategica del futuro della città e del territorio, sarà possibile incidere in modo concreto sulle politiche urbane per dire basta a progetti improvvisati e finalizzati unicamente a cogliere le occasioni, sia pur positive, di volta in volta offerte da provvedimenti governativi», ha detto il presidente del Consiglio nazionale degli architetti Giuseppe Cappochin.

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