Urbanistica

Verso le elezioni, post-Expo, emergenza casa e periferie le sfide per il nuovo sindaco di Milano

di Sara Monaci

L’incognita del dopo-Expo, con la sfida dell’internazionalizzazione e dell’attrattività nei confronti delle imprese; il disagio delle periferie e l’emergenza casa; l’ampliamento dei servizi in tutta l’area metropolitana; il nodo delle privatizzazione delle società a partecipazione comunale. Sono questi i quattro grandi dossier che il prossimo sindaco di Milano, chiunque esso sia, si troverà sulla scrivania per i prossimi cinque anni. Accompagnati, ovviamente, da tutti i problemi delle grandi città italiane: gestione dell’immigrazione e della sicurezza, trasporto pubblico e fiscalità.

Dalle periferie al dopo-Expo

Il principale lascito dell’evento universale di Milano è il progetto di riqualificazione del milione di metri quadrati del sito espositivo, situato tra il Comune di Rho e il capoluogo lombardo. Al momento c’è una società proprietaria dei terreni, Arexpo, che si è data una nuova governance e che si sta occupando anche di iniziative intermedie estive, per non lasciare l’area deserta, la cui manutenzione ha un costo di 12 milioni all’anno.

La prossima giunta dovrà pensare a cosa fare. Il governo ha dato l’indirizzo di un parco tecnologico dedicato alle scienze umane, coordinato dall’Istituto tecnologico di Genova, e ha promesso risorse per lo stesso istituto pari a 150 milioni all’anno per dieci anni. Nel sito però dovrà prendere vita un progetto immobiliare più ampio, con aziende e un campus universitario (principalmente con il trasferimento potenziale delle facoltà scientifiche dell’Università Statale di Milano). I cantieri dovrebbero iniziare tra il 2017 e il 2018 e ci sarà da capire quali imprese vorranno davvero trasferire qui sedi o laboratori e se davvero verranno a studiare e vivere nella zona 16mila studenti.

Le linee quida del progetto saranno pronte tra un anno. E per tutti i 5 anni sarà un grande impegno per il Comune di Milano, che attualmente è azionista di Arexpo e presumibilmente continuerà ad esserlo (insieme alla Regione Lombardia e al ministero dell’Economia e delle finanze).

L’obiettivo è quello di non disperdere la reputazione positiva ottenuta da Milano durante l’Expo, definito da una ricerca della Sda Bocconi come un «acceleratore» di 15 anni per il business della città. Per Milano l’indotto economico è stato stimato in 16,1 miliardi, con un valore aggiunto di 7,4 miliardi e un impatto occupazionale di 115mila posti di lavoro.

Oltre a questo, i progetti urbanistici dovranno riguardare la riqualificazione delle periferie. C’è soprattutto da gestire l’emergenza abitativa. Palazzo Marino si è ripreso la gestione di 30mila alloggi popolari prima affidati alla società regionale Aler, mentre cresce la lista di chi chiede un’abitazione (fino a 20mila domande). Si calcola intanto che 20mila appartamenti in città siano sfitti perché utilizzati come seconde case. La prossima giunta quindi dovrà far tornare questi numeri, in parte riqualificando le case di edilizia pubblica che non possono essere affittate per via del degrado e, se servirà, costruire nuove abitazioni o incentivare i proprietari a mettere gli appartamenti sul mercato.

La “grande” Milano

La città metropolitana dovrà prendere vita sul serio, con la nascita di municipalità coordinate dal capoluogo. Bisognerà capire come estendere i servizi agli altri comuni, dai trasporti alla distribuzione dell’acqua, dando inoltre un’unica regia alla macchina burocratica. Ci sarà da unificare o mettere in sinergia una vasta quantità di partecipate comunali più o meno efficenti e magari unificare le tariffe.

Oltre a questo, lo sguardo va necessariamente al trasporto pubblico. Si è parlato nei programmi elettorali di estendere la metropolitana 5, completata lo scorso ottobre, fino a Monza. Non ci sono ancora progetti né idee di finanziamento ma intanto il ministero alle Infrastrutture avrebbe già manifestato la volontà di finanziare eventuali nuove fermate.

Intanto si procede con i cantieri della metro 4, che è stata avviata grazie a finanziamenti Expo e che sarà pronta, secondo il cronoprogramma, nel 2022. Si tratta di un’opera importante, che dovrebbe collegare la parte a Sud di Milano, fino a Linate. L’opera avrà un impatto finanziario per i prossimi 30 anni, con un crescendo di canone per il comune di anno in anno. Nel 2015 sono stati pagati 10 milioni, ma tra 4 anni si arriverà a superare i 50. La sostenibilità di questa infrastruttura è dunque un’incognita.

I nodi del bilancio e del fisco

La questione del fiscalità pesante ha preso piede in campagna elettorale e negli anni passati. Con questa amministrazione sono stati tagliati massicciamente i finanziamenti statali e sono partiti nuovi progetti, come l’Expo, con il risultato che le tasse sono aumentate del 120 percento. Ora si guarda a come ridurle e ognuno ha la sua formula. Va detto che generalmente il bilancio è fortemente sostenuto dai dividendi delle società partecipate (di più con il centrodestra, che per questo calmierava le imposte; di meno con il centrosinistra). Quindi quando si parla di vendere società ricche come la holding aeroportuale Sea e la quotata A2a va sempre tenuto conto di questo aspetto. Le maggioranze comunali sono state spesso divise anche al loro interno, con il risultato che non c’è stata nessuna vera strategia. Ora si dovrà pensare se il controllo pubblico è ancora necessario o se si dovrà privatizzare del tutto, oppure mantenere una quota minore per garantire un’indirizzo.

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