Urbanistica

Scia/2. La semplificazione corre in parallelo con la nuova conferenza dei servizi

di di D.Col. e G.Tr.

Semplificazione e tempi certi sono le parole d’ordine anche per la riforma della conferenza dei servizi, al centro del terzo decreto attuativo in arrivo per il via libera finale al consiglio dei ministri. Per tagliare i tempi dell’organismo che riunisce le pubbliche amministrazioni chiamate ad assumere le decisioni sulle infrastrutture e il governo del territorio, il decreto introduce fra le altre misure la regola del «rappresentante unico» di ogni livello di governo. L’obiettivo è chiaro, e risponde al principio in base al quale un organismo più snello è anche più veloce nei suoi lavori, ma il rischio è che alla fine il «rappresentante unico» dello Stato finisca sistematicamente in minoranza, con il rischio di non poter incidere sulle decisioni. Su questo aspetto, oltre che sulla definizione delle modalità e dei limiti con cui si potrà ricorrere in giudizio contro le scelte della conferenza, si dovranno concentrare i correttivi nel testo finale.

Conferenza dei servizi e Scia, del resto, corrono su binari paralleli, ed entrambe le riforme provano a scrivere percorsi più lineari per i privati che devono ottenere l’«ultima parola» da parte dell’amministrazione pubblica. La semplificazione della segnalazione certificata di inizio attività, una delle procedure più utilizzate dalle imprese o nell’edilizia, impone alle amministrazioni non solo di dare risposte in tempi certi ma di garantire ai privati uno “sportello unico” cui rivolgersi. Anche nei casi in cui le pratiche da mettere insieme fossero più d’una. Una volta presentata la Scia, l’amministrazione che la riceve valuta se sono necessari pareri di altre amministrazioni e nel caso convoca entro 5 giorni una Conferenza dei servizi in via telematica, che dovrà chiudersi entro 60 giorni. In più l’amministrazione deve pubblicare sul proprio sito il modulo unificato e standardizzato con le indicazioni di ulteriori documenti richiesti.

Il decreto Scia va dunque letto insieme con quello di semplificazione della Conferenza servizi, che verrà varato in via definitiva insieme al primo. Come si diceva non potrà durare più di 60 giorni, viaggerà d’ora in poi in via telematica con la regola del silenzio-assenso e con un rappresentante unico per oggi amministrazione coinvolta. Contro le decisioni assunte da una conferenza dei servizi nel limite massimo di 10 giorni possono esprimere un dissenso le amministrazioni preposte a interessi sensibili (tutela ambiente, tutela paesaggistico-territoriale o storico-artistico, o della salute o della pubblica incolumità) e lo faranno presentando un’opposizione alla presidenza del Consiglio dove, se non riesce a comporre la questione proposta da un ministro competente entro 15 giorni, si delibera direttamente in un consiglio dei ministri a cui possono partecipare i presidenti delle Regioni o delle province autonome interessate. In quest'ultimo caso la durata massima di una conferenza dei servizi versione Madia potrebbe arrivare a cinque mesi prima della chiusura.

In un’ideale “piramide” della semplificazione, oltre alla Scia e alla conferenza dei servizi la riforma Madia propone anche il terzo scalino, rappresentato dallo «sblocca-procedimenti». Quest’ultimo decreto attuativo riguarda le opere più grandi, perché consente al governo di individuare una lista di interventi strategici (infrastrutture, insediamenti produttivi e così via) per i quali imporre di dimezzare i tempi delle autorizzazioni, e commissariare le amministrazioni che non si adeguano al calendario accelerato. Anche in questo caso, in gioco ci sono le modalità di composizione degli interessi fra Stato ed enti territoriali, ma proprio questo aspetto sta allungando i tempi di approvazione. L’ostacolo principale è stato superato, dopo varie resistenze, dall’accordo in Conferenza Unificata sulla condivisione preventiva con le Regioni dei criteri con cui il governo individuerà le opere da accelerare. Il percorso parlamentare, però, è ancora tutto da compiere.

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