Urbanistica

Consumo di suolo/2. L'Abc delle nuove regole: definizioni, fase transitoria, complessa fase attuativa

di Giuseppe Latour

Superficie agricola, rigenerazione urbana, fase transitoria. E, ancora, provvedimenti del ministero dell'Agricoltura e delle Regioni, vincoli per i Comuni, oneri di urbanizzazione, censimento degli edifici sfitti, piano periferie, incentivi per la demolizione con ricostruzione. Sono questi gli ingredienti principali del disegno di legge sul consumo di suolo che l'Aula della Camera, dopo un lavoro durato oltre due anni, ha licenziato in prima lettura. Riepiloghiamo allora, punto per punto, tutte le principali novità del Ddl che si prepara ad approdare in Senato.

Le definizioni (articolo 2)
Il Ddl definisce come superficie agricola i terreni qualificati come agricoli dagli strumenti urbanistici, ma anche le altre superfici, "non impermeabilizzate" alla data di entrata in vigore della legge, fatta eccezione per le superfici destinate a servizi di pubblica utilità di livello generale e locale previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, per le aree considerate prioritarie ai sensi del nuovo Codice appalti, nonché per i lotti e gli spazi inedificati interclusi già dotati di opere di urbanizzazione primaria e destinati prevalentemente a interventi di riuso e di rigenerazione. Queste aree andranno salvaguardate.

Passiamo alla definizione di "consumo di suolo". Viene definito da un'operazione algebrica. In sostanza, bisogna conteggiare le superfici agricole in cui si è verificata l'impermeabilizzazione e le superfici impermeabilizzate in cui sia stata rimossa l'impermeabilizzazione. In questo modo è possibile capire quanto suolo è stato consumato.

Viene anche dato spazio alla "rigenerazione urbana", definita come un insieme coordinato «di interventi urbanistici, edilizi e socio-economici nelle aree urbanizzate, compresi gli interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura urbana, quali orti urbani, orti didattici, orti sociali e orti condivisi, che persegua gli obiettivi della sostituzione, del riuso e della riqualificazione dell'ambiente costruito in un'ottica di sostenibilità ambientale».

La fase transitoria (articolo 11)
Una volta individuato cosa si intende per consumo di suolo e per superficie agricola, la seconda questione delicata riguarda la fase transitoria: bisogna decidere cosa accade in attesa che entrino in vigore le nuove regole. Sul punto, il testo si esprime chiaramente: «Sono fatti comunque salvi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge relativi ai titoli abilitativi edilizi comunque denominati aventi ad oggetto il consumo di suolo inedificato, nonché gli interventi e i programmi di trasformazione con le relative opere pubbliche derivanti dalle obbligazioni di convenzione urbanistica ai sensi dell'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 previsti nei piani attuativi, comunque denominati, per i quali i soggetti interessati abbiano presentato istanza per l'approvazione prima della data di entrata in vigore della presente legge. Restano comunque fermi i termini di validità degli strumenti urbanistici attuativi già fissati dai piani paesaggistici in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge».
Decorso inutilmente il termine di tre anni, nelle regioni e nelle province autonome non è consentito il consumo di suolo in misura superiore al 50 per cento della media del consumo di suolo di ciascuna regione nei cinque anni antecedenti.
Non solo dunque quello che i Comuni hanno deciso e autorizzato, ma anche permessi e piani attuativi anche solo presentati prima dell'entrata in vigore della legge andranno avanti con le vecchie regole, senza limiti al consumo di suolo.
Dall'entrata in vigore e per tre anni, poi, scatta una fase durante la quale «non è consentito il consumo di suolo tranne che per i lavori e le opere inseriti negli strumenti di programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici», nonché per le opere prioritarie individuate dal Governo. Passati i tre anni, scattano le regole indicate da un decreto del ministero dell'Agricoltura, che dovrà stabilire gli obiettivi di riduzione del consumo di suolo a livello nazionale. Contemporaneamente, si metterà in moto la regola in base alla quale non sarà consentito, per ciascuna regione, il consumo di suolo in misura superiore al 50 per cento della media di consumo di suolo di ciascuna Regione nei cinque anni antecedenti.

Decisioni a cascata (articolo 3)
Il terzo passaggio delicato è legato al meccanismo di decisioni a cascata, che mette in atto gli obiettivi generali di riduzione del consumo di suolo indicati dal Governo. Una volta individuati i limiti a livello nazionale, entra in gioco la Conferenza unificata: una sua delibera dovrà indicare i criteri per la riduzione del consumo di suolo. Il passaggio successivo riguarda Regioni e province autonome, che raccoglieranno i dati sull'andamento del loro consumo di suolo. A quel punto la Conferenza unificata riprende in mano il dossier e stabilisce la ripartizione, in termini quantitativi, tra le Regioni della riduzione del consumo di suolo fissata a livello nazionale. Ogni Regione, poi, dovrà fissare le modalità con le quali ciascun Comune rispetterà questi principi nella sua programmazione. Alla presidenza del Consiglio viene attribuito il compito di intervenire se qualche passaggio sarà fatto in ritardo rispetto ai termini previsti. Il compito di monitorare l'applicazione della riforma è affidato al ministero dell'Agricoltura, che si avvale delle sue strutture, come l'Ispra.

Oneri di urbanizzazione (articolo 10)
Su questo punto arriva una delle novità più dirompenti del disegno di legge. Viene rafforzato in maniera consistente il ruolo che gli interventi di rigenerazione avranno per gli oneri di urbanizzazione. Questi non potranno essere più impiegati in spesa corrente ma andranno sfruttati, esclusivamente e senza vincoli, per gli investimenti: manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, interventi di riuso e di rigenerazione, interventi di demolizione di costruzioni abusive, acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della messa in sicurezza delle aree esposte alla prevenzione e alla mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, nonché interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura in ambito urbano.

Censimento del patrimonio immobiliare inutilizzato (articolo 4)
Sempre in chiave di rigenerazione, i Comuni redigono un censimento degli edifici e delle aree dismesse, non utilizzate o abbandonate esistenti. Attraverso tale censimento verificano se le previsioni urbanistiche che comportano consumo di suolo possano essere soddisfatte attraverso interventi di rigenerazione. Tali informazioni sono pubblicate in forma aggregata e costantemente aggiornate nei siti internet istituzionali dei comuni interessati. La redazione da parte dei comuni del censimento è presupposto necessario e vincolante per l'eventuale pianificazione di nuovo consumo di suolo. Le Regioni nell'ambito delle proprie competenze in materia di governo del territorio, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, adottano disposizioni per la realizzazione del censimento e del suo periodico aggiornamento, al fine di creare una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso.

Incentivi per la demolizione e ricostruzione (articolo 8)
Allo scopo di favorire la sicurezza e l'efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente, per gli edifici residenziali in classe energetica E, F o G, o inadeguati dal punto di vista sismico o del rischio idrogeologico, è consentita la demolizione e ricostruzione, all'interno della medesima proprietà, di un edificio di pari volumetria e superficie utile, che preveda prestazione energetica di classe A o superiore e un'occupazione e un'impermeabilizzazione del suolo pari o minore rispetto a quelle antecedenti la demolizione. Questi interventi potranno essere incentivati dalle Regioni che, nel determinare i costi di costruzione e le tabelle per gli oneri di urbanizzazione, potranno prevedere un regime di favore. Queste regole non si applicano ai centri storici e alle aree sottoposte a vincolo paesaggistico o culturale, salvo espressa autorizzazione della competente sovrintendenza.

Piano periferie (articolo 5)
Infine, il Parlamento, in base al nuovo articolo 5, delega il Governo ad approvare entro nove mesi una serie di decreti legislativi "recanti disposizioni volte a semplificare, nel rispetto delle norme sulla difesa del suolo e sulla riduzione del rischio idrogeologico, le procedure per gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate dal punto di vista urbanistico, socio-economico, paesaggistico e ambientale". L'obiettivo è creare una corsia preferenziale per la realizzazione di progetti su edifici e spazi pubblici e privati, basati sul riuso del suolo, la riqualificazione, la demolizione, la ricostruzione e sostituzione degli edifici esistenti, la creazione di aree verdi e piste ciclabili. Questi progetti dovranno essere basati su standard di elevata qualità ambientale, attraverso l'indicazione di obiettivi prestazionali degli edifici e l'utilizzo dei concorsi di progettazione. Le nuove regole non saranno applicabili ai centri storici, alle aree sottoposte a vincolo paesaggistico o culturale, "salvo espressa autorizzazione della competente Sovrintendenza".

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