Urbanistica

Consulta, «salvo» il contributo urbanistico straordinario dello Sblocca Italia

di Alessandro Arona

Escono "salve" dalle forche caudine della Corte Costituzione tre norme del decreto Sblocca Italia 2014, due in materia urbanistica (contributo straordinario al Comune per gli interventi in variante urbanistica e «Interventi di conservazione» su edifici in contrasto con le previsioni urbanistiche) e una in materia di opere pubbliche (accelerazione di procedure e deroghe al patto di stabilità).
Come sempre accade, però, nel respingere i ricorsi su una norma la Corte Costituzionale non assegna una patente assoluta di legittimità costituzionale alla stessa, ma dichiara solo infondati gli specifici rilievi sollevati dai ricorrenti. In questo caso, per tutte tre le norme, i ricorrenti erano Regioni, dunque i rilievi (respinti) riguardavano in gran parte questioni di presunte violazioni delle competenze costituzionali delle Regioni.

CONTRIBUTO STRAORDINARIO
La norma

L'articolo 17 c.1 lettera g) del decreto legge Sblocca Italia convertito (decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014, coordinato con la Legge di conversione (Legge 11 novembre 2014, n. 164) ha introdotto un ulteriore elemento di valutazione della misura della misura del contributo di costruzione da fissare da parte delle Regioni tra i parametri di cui all'articolo 16 c. 4 del Testo unico Edilizia. Il contributo va commisirato anche «alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso. Tale maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, e' suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed e' erogato da quest'ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilita', edilizia residenziale sociale od opere pubbliche».

Il ricorso
La Regione Veneto, nel ricorso, sostiene che il previsto «contributo straordinario» verrebbe determinato autoritativamente, senza contrattazione alcuna con la parte privata, anche se in base a tabelle regionali, peraltro ampiamente discrezionali.
Inoltre, una volta determinato il maggior valore e stabilito che una quota di esso non inferiore al 50 per cento dovrà essere suddivisa tra Comune e parte privata, resterebbe imprecisata la percentuale del riparto. Con la conseguenza «che la stessa norma potrà giustificare sia previsioni perequative che sequestrino pressoché interamente il plusvalore, sia previsioni che lo lascino pressoché interamente al privato». Sarebbe, così, violato l'art. 23 Cost., tenuto conto dell'«amplissima discrezionalità amministrativa assegnata alle amministrazioni comunali».
Dal momento, poi, che «sono fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali», la disposizione in esame risulterebbe contraddittoria rispetto allo scopo di dettare una norma di principio – tesa, di per sé, a garantire l'uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale –, rendendo il principio cedevole non solo di fronte alle legislazioni regionali, ma anche ad atti amministrativi, come gli strumenti urbanistici generali comunali.

La sentenza
La Corte, nella sentenza 68/2016, respinge i rilievi della Regione Veneto innanzitutto ricordando la citata clausola di salvaguardia, che fa salve eventuali diverse disposizioni di leggi regionali e piani regolatori comunali. E così ogni altra osservazione del ricorrente, secondo la Corte, non lederebbe le compteneze legislative regionali. Il ricorso lamenta poi la presunta lesione dell'art. 23 della Costituzione sotto il profilo dell'ampiezza di discrezionalità assegnata alle amministrazioni locali nel determinare la quota di plusvalenza da suddividere tra amministrazione comunale e parte privata. «Ma un simile aspetto - scrive la Corte - non incide sulle competenze legislative regionali, anche perché nulla impedirebbe alle Regioni di introdurre, eventualmente, specifiche regole che modulino l'attribuzione delle plusvalenze in termini percentuali ritenuti coerenti con le realtà locali».

INTERVENTI DI CONSERVAZIONE
La norma

L'articolo 17 c. 1 lettera b) dello Sblocca Italia introduce un articolo 2-bis al Testo unico che così recita: «Art. 3-bis (Interventi di conservazione). - 1. Lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non piu' compatibili con gli indirizzi della pianificazione. In tal caso l'amministrazione comunale puo' favorire, in alternativa all'espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione incidenti sull'area interessata e senza aumento della superficie coperta, rispondenti al pubblico interesse e comunque rispettose dell'imparzialita' e del buon andamento dell'azione amministrativa.
Nelle more dell'attuazione del piano, resta salva la facolta' del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi, ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario
.».

La sentenza
Secondo la Regione Puglia tale norma, immediatamente applicativa, violerebbe l'articolo 117 della Costituzione producendo l'effetto di «espropriare» le comptenze legislative regionali in materia urbanistica.
Ma secondo la sentenza 67/2016 della Consulta la circostanza che, pur nel sistema della legislazione concorrente, una disciplina statale "di principio" non abbisogni, per divenire efficace, di specifiche disposizioni attuative, non può essere considerata come automaticamente produttiva dell'effetto di "espropriare" i legislatori regionali del loro autonomo potere di conformare la regolazione statale alle proprie specifiche esigenze.
Secondo la Corte, il nuovo meccanismo è riconducibile al sistema della cosiddetta "perequazione urbanistica", inteso a combinare, in contesti procedimentali di "urbanistica contrattata", il mancato onere per l'amministrazione comunale, connesso allo svolgersi di procedure ablatorie, con la corrispondente incentivazione al recupero, eventualmente anche migliorativo, da parte dei proprietari, del patrimonio immobiliare esistente. Tale fine viene qualificato come coerente con l'obiettivo di promuovere la ripresa del settore edilizio in conformità al principio della riduzione del «consumo di suolo».
Tale disciplina rientra quindi nel quadro dei «principi fondamentali» di settore, facenti capo alla legislazione statale nella materia del governo del territorio. In particolare, il legislatore statale si è così proposto di evitare che, relativamente alle attività di risanamento urbanistico su tutto il territorio della Repubblica, possano determinarsi disparità di disciplina che vanifichino gli scopi perseguiti dallo Stato nell'interesse dell'intera comunità nazionale, si propone anche di evitare che l'eventuale inerzia delle amministrazioni locali, relativamente alla attuazione di «interventi di conservazione» del patrimonio edilizio esistente, impedisca comunque agli stessi proprietari degli immobili di esercitare – entro i previsti limiti e, comunque, nell'osservanza dei diversi obblighi "pubblicistici" – scelte o facoltà direttamente connesse al proprio diritto dominicale.
In termini formali, appare infine di interesse generale anche l'ultima indicazione che si trae dalla pronuncia, riassunta nella seconda massima di cui in epigrafe: nel sistema della legislazione concorrente, una disciplina statale "di principio" può non essere accompagnata dal rinvio a legislazione regionale di attuazione.

OPERE INCOMPIUTE
La norma dello Sblocca Italia.

L'art. 4, commi 1 e 2, del d. l. n. 133 del 2014 prevede innanzitutto misure dirette a favorire la realizzazione di opere pubbliche dei Comuni, che non siano state portate a compimento per il mancato concerto tra amministrazioni, mediante la facoltà di riconvocare la Conferenza di servizi. Le opere interessate sono quelle che i Comuni segnaleranno alla Presidenza del Consiglio dei ministri nell'arco di tempo previsto tra il 2 ed il 15 giugno 2014 e quelle già inserite nell'elenco-anagrafe nazionale delle opere pubbliche incompiute di cui all'art. 44-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214. In caso di ulteriori difficoltà amministrative, è prevista la facoltà di avvalimento dell'apposita cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Ai sensi del successivo comma 3, i pagamenti connessi agli investimenti in opere oggetto di segnalazione, nel limite di euro 250.000.000,00 per l'anno 2014, sono esclusi dal patto di stabilità interno alle condizioni ivi indicate.
Il seguente comma 4 dispone che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono individuati i Comuni che beneficiano dell'esenzione dal patto di stabilità interno e l'importo dei pagamenti da escludere.
Il comma 5 del medesimo art. 4 prevede che i pagamenti sostenuti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge relativi a debiti in conto capitale degli enti territoriali per gli anni 2014 e 2015 sono esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno per un importo complessivo di euro 300.000.000,00 (euro 200.000.000,00 relativamente all'anno 2014 ed euro l00.000.000,00 relativamente all'anno 2015).
Il successivo comma 6 prescrive che, con riguardo all'anno 2014, «l'esclusione di cui al secondo periodo dell'alinea del comma 5 è destinata per 50 milioni di euro ai pagamenti dei debiti delle regioni sostenuti successivamente alla data del l° luglio 2014, […] che beneficiano di entrate rivenienti dall'applicazione dell'articolo 20, commi l e l-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, superiori a 100 milioni».
Il comma 7 modifica il comma 9-bis dell'art. 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), che, per l'anno 2014, nel saldo finanziario in termini di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, esclude per gli importi ivi indicati i pagamenti in conto capitale sostenuti nel primo semestre dalle Province e dai Comuni.
Il comma 9, infine, prevede le specifiche modalità di compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dai commi 3, 5 e 8 del citato art. 4 del d.l. n. 133 del 2014.

La sentenza
La sentenza 69/2016 della Corte Costituzionale respinge tutte le censure della Regione Veneto sui singoli commi dell'articolo 4. Alcune per mancanza di chiarezza e completezza, altre per carenza di motivazione. Rinviando al testo la singola trattazione, il Veneto contesta in generale una lesione delle competenze regionale in materia urbanistica, di opere pubbliche e finanziaria, ma la Consulta dichiara inammissibili tutte le ragioni di incostituzionalità citate nel ricorso.

La sentenza 68/2016 sul contributo straordinario

Ls sentenza 67/2016 sugli interventi di conservazione

Sentenza 69/2016 sulle opere incompiute

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