Urbanistica

Corte costituzionale: sanzioni omogenee per i lavori su beni di valore paesaggistico

di Guglielmo Saporito

Passo indietro nella tutela dei beni paesaggistici, con sanzioni penali più diluite: questa è la strada che la Corte costituzionale è stata costretta a percorrere con la sentenza 23 marzo 2016 n. 56. A causa di una legislazione definita «ondivaga», la Consulta ha dovuto comparare le varie sanzioni previste per chi esegue lavori su beni paesaggistici (articolo 181 del decreto legislativo 42/2004). Queste sanzioni sono state ritenute illogicamente più severe a seconda del tipo di vincolo che tutela il bene: l’illogicità, consistente in pene più gravi degli stessi lavori a seconda del tipo di vincolo imposto sul bene, ha causato un livellamento verso il basso, cioè una diluizione delle sanzioni allineando le a quelle più miti.

Le conseguenze della sentenza della Corte riguardano unicamente i procedimenti penali, mentre rimangono immutate le sanzioni amministrative (riduzione in pristino, sanzioni pecuniarie). Il ragionamento svolto dal giudice delle leggi riguarda una norma del 2004 (Codice Urbani dei beni culturali e del paesaggio) che prevedeva pene diverse per chi esegue lavori su beni paesaggistici a seconda che il bene fosse stato vincolato per legge pure con specifico provvedimento amministrativo (decreto ministeriale). I beni tutelati per legge sono elencati nell’articolo 142 del predetto codice e cioè sono quelli che ricadono nei 300 m dalla battigia del mare e dei laghi, nella fascia di 150 m dai corsi d’acqua, ad altezze alpine superiori a 1600 m ed a 1200 m nell’Appennino, parchi e riserve nazionali, boschi e foreste, zone di usi civici, zone umide, vulcani, zone di interesse archeologico.

A fianco di queste categorie, c’è una seconda categoria di immobili, cioè quelli che per loro caratteristiche paesaggistiche sono dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento (decreto ministeriale di vincolo). Nella sentenza, il giudice delle leggi si accorge che i lavori eseguiti su tali categorie di immobili (quella vincolata per legge perché adiacenti corsi d'acqua; quella vincolata da specifico provvedimento ministeriale) hanno sanzioni penali diverse: sanzioni più gravi se il vincolo è quello imposto per categorie (distanza dal mare, dai fiumi, zone montane ecc.) rispetto alle sanzioni imposte su beni singolarmente vincolati. Questa disparità di trattamento non è ritenuta giustificata dalla Corte, che quindi allinea le sanzioni a quelle per singoli beni vincolati.

La conseguenza è che i reati si allineano e diventano tutti contravvenzionali, con termini di prescrizione inferiori rispetto alla qualificazione come «delitti», applicabile in in precedenza per i lavori su beni paesaggistici. Inoltre, tutti gli interventi si estinguono se vi è una riduzione in pristino da parte del trasgressore prima che venga disposta la demolizione da parte dell’autorità amministrativa e comunque prima che intervenga la condanna. Diventa di applicazione generale anche la possibilità di “accertamento di compatibilità paesaggistica”, che fino ad oggi non era possibile per le zone oggetto di vincolo imposto per legge. L'unificazione delle sanzioni genererà anche procedimenti penali più omogenei, senza distinzione a seconda del tipo di vincolo violato.

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