Urbanistica

Venezia, il Consiglio superiore dei Lavori pubblici boccia il porto off shore

di Franco Tanel

Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha espresso parere negativo sul progetto preliminare del Porto Off Shore di Venezia. Un parere che non è vincolante è che quindi non blocca il proseguimento delle procedura di approvazione della grande opera, e che all'Autorità Portuale veneziana avevano già messo in conto, tanto che entro la metà aprile pubblicherà il bando di gara per la progettazione definitiva della parte a terra, il terminal logistico nell'area ex MonteSyndial a Marghera.

Il documento del Consiglio Superiore, non entra nel merito delle discussioni sull'utilità o meno del terminal off shore, ma si limita a analizzare da un punto di vista tecnico e, conseguentemente in parte economico, il progetto preliminare ricevuto. Due le principali criticità rilevate: la diga foranea di protezione da realizzare con cassoni in calcestruzzo anziché con una muraglia in massi (modifica in realtà già prevista dall'Autorità Portuale per la redazione del progetto definitivo e che permetterà anche un risparmio sui costi di costruzione di ben 750 milioni), e la inadeguatezza del collegamento ferroviario con un solo binario (e per di più attraversato da passaggi a livello senza barriere) tra il terminal a terra e la rete ferroviaria nazionale.

Gli altri rilievi riguardano la definizione dei costi per i tre progetti nei quali è diviso l'off shore (terminal container, terminal petrolifero e piattaforma a terra), i cronoprogrammi non coerenti tra loro, la carenza degli studi geotecnici a mare che si basano più su pubblicazioni scientifiche generiche per l'area che su rilievi puntuali. Si aggiungono infine altre indicazioni e richieste più di dettaglio per aspetti ingegneristici e costruttivi che non descriviamo nel dettaglio. Tutto analizzato e riportato in un documento di 76 pagine che si conclude con decisone di restituire il progetto con "avviso non favorevole" perché sia adeguatamente modificato e integrato.

L'Autorità Portuale spiega che il progetto bocciato è la versione presentata quattro anni fa dal Magistrato alle Acque di Venezia ed elaborata per la parte a mare dal Consorzio Venezia Nuova. Dal marzo 2014, con l'estensione, deliberata dal MIT, delle competenze anche all'area di mare in cui sarà localizzato l'off-shore e con la successiva formalizzazione il 19 Novembre 2015 della Regione Veneto (delibera 1678/2015) della localizzazione ai sensi dell'art 165 del Codice dei Contratti necessari per le delibera di approvazione del CIPE, l'Autorità Portuale è subentrata al Magistrato alle Acque nella "titolarità" del progetto, che ha già provveduto a modificare in aspetti importanti. Perché allora far esaminare un progetto "vecchio" sottoponendolo alla bocciatura? Secondo l'AP è una questione di tempi: ritirare il progetto avrebbe dilatato eccessivamente l'iter.

I suggerimenti e le critiche emerse dalla bocciatura del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sono in parte già state autonomamente adottate, come nel caso delle modalità costruttive della diga foranea, mentre le rimanenti saranno recepite con la progettazione definitiva.
L'aspetto più significativo è la diminuzione complessiva dei costi che dovrebbe potersi riflettere anche in una riduzione del contributo pubblico necessario. Se da una parte la costruzione della diga foranea con i cassoni prefabbricati, anziché con i massi, permette 750 milioni di risparmio (come non chiedersi, alla luce dell'inchiesta che sulla vecchia gestione del progetto Mose, se chi a redatto quel progetto pensasse di utilizzare pietre preziose più che massi per interventi a mare.....) dall'altra le migliorie del progetto, sia nella parte di terra che in quella a mare, comportano però maggiori spese. Il bilancio portare comunque a un risparmio.

L'off shore dovrebbe sorgere a circa 8 miglia al largo della costa: una diga foranea lunga 4,2 km racchiuderà un terminal container in grado di ospitare contemporaneamente tre navi di ultima generazione da 18.000 teu (container) i cui carichi saranno trasbordati su natanti speciali più piccoli, battezzati Mama Vessel che raggiungeranno i terminal a terra a Marghera, Chioggia, Porto Levante e, via fiume, Mantova. Oltre al terminal container è previsto anche un terminal petroli, collegato a terra con pipeline sottomarina, che potrebbe essere realizzato in un secondo momento quando sarà più chiaro in quadro di riferimento globale per quanto riguarda il settore oli&gas. L'intero progetto, in project financig richiede l'investimento di circa 1,2 miliardi con un contributo pubblico attorno ai 950 milioni di euro, destinato alla realizzazione delle infrastrutture fondamentali.

I privati dovrebbero intervenire per il completamento delle strutture dei terminal e per il loro attrezzaggio e gestirebbero poi in concessione le operazioni. Ad oggi però, ed è una delle critiche che più frequentemente vengono fatte all'off shore, non c'è nessun soggetto che pubblicamente abbia manifestato il suo interesse al progetto. Il presidente della AP, Paolo Costa assicura che il o i soggetti ci sono e si conosceranno quando il progetto sarà definitivamente approvato dal Governo. Per ora si è parlato genericamente di fondi d'investimento cinesi e dell'interesse del colosso, sempre cinese, delle costruzioni China Communication Construction. Certo è che - al di là della salvaguardia della laguna di Venezia - il tema di come gestire i flussi generati da navi di 18-20 mila teu di capacità, che oggi non potrebbero scaricare in nessun porto italiano, e che creano problemi anche nei grandi scali del nord europa, è uno dei temi chiave con cui si dovrà confrontare la portualità non solo nazionale, nei prossimi anni.

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