Urbanistica

Milano, le richieste di imprese e professionisti alla politica: digitalizzazione e rigenerazione urbana

di Massimiliano Carbonaro

Il mondo delle costruzioni con un manifesto dal titolo "C'è Milano da fare" dice la sua per il futuro della metropoli lombarda a pochi mesi dalle elezioni che sceglieranno il nuovo sindaco al posto di Giuliano Pisapia. Gli ordini professionali, le associazioni e gli imprenditori hanno elaborato una serie di idee ma soprattutto di proposte concrete da mettere sul tavolo per creare una piattaforma di confronto propositiva con chi siederà sulla poltrona di Palazzo Marino. In realtà il manifesto propone temi che possono già essere tema di discussione nella campagna elettorale.

Tutti insieme da Assimpredil-Ance di Milano, Lodi, Monza e Brianza, Assolombarda, Assoimmobiliare, Federabitazione-Confcooperative Lombardia, LegaCoop Lombardia, Ordine degli Architetti e degli Ingegneri, Collegio dei Geometri, CdO Milano, FIMAA Milano Monza e Brianza e IN/ARCH Lombardia perché C'è Milano da fare. Probabilmente l'associazione dei costruttori meneghini Assimpredil non ha dimenticato quando prima delle elezioni quello che poi si sarebbe aggiudicato il confronto elettorale con il sindaco uscente Letizia Moratti rassicurò sulle tempistiche brevi con cui il nuovo Piano del Governo del Territorio sarebbe stato rivisto e riapprovato. Ci volle un anno pieno, invece. Quindi tutti insieme per alzare il volume della voce.

«Milano - commenta nell'introdurre i lavori il presidente di Assimpredil Ance Milano, Marco Dettori - ha davanti a sé una sfida: da un lato deve fare i conti con le ricadute della crisi, dall'altro vive una condizione di grandissime opportunità lasciate dai potenziali del post Expo, dalla permanenza di un tessuto economico vivo e reattivo, dall'essere città cuore di un sistema metropolitano in grado di competere a livello internazionale». La piattaforma di lavoro che i firmatari propongono è basata su quattro pilastri. In primo luogo, si chiede la condivisione di un percorso che sperimenti nuove e più efficaci modalità di confronto e collaborazione tra pubblico e privato. Poi si chiede di costruire un piano strategico di lungo periodo per proporre una visione condivisa di Milano nel contesto metropolitano che dia un orientamento credibile agli operatori e agli investitori interessati a quest'area.

Fondamentale per i firmatari è attuare un progetto operativo per la digitalizzazione e rinnovo della pubblica amministrazione per rimuovere vincoli e zavorre che oggi esistono. Infine, è necessario assumere come valore cardine dello sviluppo la rigenerazione urbana. Nel dettaglio poi ci sono i dieci punti da cui parte "C'è Milano da fare" che vedono al primo posto proprio la rigenerazione urbana, che per i firmatari del documento rappresenta un'opportunità economica e un'occasione per ridefinire la qualità urbana di alcune parti della città: aree dismesse, stock edilizio obsoleto, casa, periferie, spazi pubblici, come le piazze e gli altri luoghi di aggregazione.

Ma i proponenti questo rinnovamento sanno bene che per poter funzionare hanno bisogno di una Pubblica amministrazione efficiente per cui al secondo posto del Manifesto c'è la richiesta di adeguare la velocità di risposta pubblica alle dinamiche del mercato. Tema molto sentito da tutti gli operatori. Il Manifesto guarda anche alla Città metropolitana e al suo sviluppo, «nell'ottica di rendere efficiente il sistema delle infrastrutture del territorio - ha sottolineato il vice presidente di Assolombarda, Alvise Biffi - Expo ha dato un forte impulso al potenziamento della mobilità e in questa direzione servono collegamenti sempre più integrati per rendere Milano ancora più attrattiva». Gli altri temi affrontati guardano tutti all'obiettivo di spingere Milano lontano dalla crisi proponendo un piano di infrastrutturazione anche tecnologica con la banda larga; affrontare il tema dell'area Expo e del suo futuro in maniera definitiva; riprendere in mano la sorte degli scali ferroviari che forse ha rappresentato la più cocente sconfitta dell'amministrazione uscente. «Il mercato di oggi - precisa Dettori - non è affollato di operatori come lo era dieci anni fa, ma è un mercato molto selezionato e selettivo che ha necessità di norme più flessibili per verificare le condizioni in città di generare mercato».

Oggi ci sono norme che incidono in maniera significativa sulla generazione di piani economici credibili. Non è una «valutazione politica perché a bloccare tutto ci ha pensato la crisi, ma oggi ci sono degli investitori che hanno bisogno di tempi molto certi e ci sono norme che forse devono essere ripensate rispetto al tipo di operatore che oggi si presenta sul mercato».

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