Urbanistica

Edilizia privata, giudici divisi sull'ok degli Enti parco: il Consiglio di Stato rinvia alla plenaria

di Carmen Chierchia

Con l'ordinanza n. 538 del 9 febbraio 2016, il Consiglio di Stato ha deferito all'Adunanza Plenaria la questione circa l'applicabilità del silenzio assenso nella formazione dei nulla osta da parte degli Enti Parco per gli interventi da eseguirsi all'interno del parco.
I giudici hanno investito l'Adunanza Plenaria in quanto sull'argomento si sono registrati due distinti orientamenti giurisprudenziali derivanti dall'esistenza nell'ordinamento di due norme in apparente contrasto tra loro: da un lato l'art. 13 della L. 394/1991 che consente il silenzio assenso per i nulla osta dell'Ente Parco, dall'altro la norma contenuta nel comma 4 dell'art. 20 della L. 241/1990 che al contrario esclude la formazione di un silenzio significativo per gli interessi "sensibili".

L'interpretazione di tale contrasto ha registrato due filoni ermeneutici: secondo un primo orientamento, le due norme si pongono in rapporto di specialità e pertanto convivono nell'ordinamento giuridico, secondo un secondo filone interpretativo, al contrario, in ossequio al criterio cronologico, la disposizione di cui alla L. 394/1991 deve intendersi abrogata dalla novella all'art. 241/1990 (occorsa nel 2005).
Per dirimere tale contrasto, quindi, occorrerà attendere la pronuncia dell'Adunanza Plenaria, sebbene le norme introdotte dalla riforma Madia sembrano andare nel senso dell'ampliamento dell'istituto anche agli interessi sensibili.

Antinomia. La formazione dei nulla osta degli Enti Parco mediante silenzio assenso è prevista dall'art. 13 della L. 394/1991 (Legge Quadro sulle Aree Protette) che prevede che "il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato".
Pertanto, una disciplina di settore – relativa, appunto, al rilascio dei titoli abilitanti la costruzione nei parchi nazionali e regionali – ha già nel 1991 riconosciuto lo strumento del silenzio significativo (di assenso).
La generalizzazione dell'istituto, e quindi, l'applicabilità del silenzio assenso alla molteplicità dei procedimenti amministrativi, è avvenuta con la L. 80/2005 che, sostituendo l'articolo 20 della L. 241/1990 ha statuito che nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se l'amministrazione non comunica all'interessato il provvedimento di diniego.
La medesima norma, tuttavia, esclude l'applicabilità del silenzio assenso qualora i provvedimenti abbiano ad oggetto materie sensibili, ossia i procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, la salute e la pubblica incolumità.
Quindi la disposizione relativa al procedimento amministrativo ha escluso l'applicazione del silenzio assenso nella materia del "patrimonio culturale e paesaggistico" ove al contrario – limitatamente alle aree parco – vigeva invece l'istituto in esame.
Ne discendeva, quindi, un contrasto tra norme che si traduceva in molte difficoltà di ordine pratico: il silenzio serbato dagli Enti Parco sulle istanze volte al rilascio di permessi e autorizzazioni, decorso il termine di sessanta giorni, assumeva il connotato di significatività e, quindi, si poteva considerare formato l'assenso o, al contrario, era espressione di "inerzia" e, quindi, contro di esso poteva esperirsi l'azione verso il silenzio?
In altri termini, l'entrata in vigore del "nuovo" articolo 20 della L. 241/1990 avrebbe prodotto un effetto abrogativo (implicito) della disposizione di cui alla L. 394/1991?

Come conciliare le due disposizioni? Per la soluzione dell'antinomia sopra indicata, la giurisprudenza ha seguito due criteri interpretativi, il criterio di specialità e quello cronologico, giungendo a conclusioni opposte.
Secondo il filone interpretativo che ricorre al criterio di specialità (Consiglio di Stato, sez. VI, 29 dicembre 2008 n. 6591 e 17 giugno 2014 n. 3407), la previsione di cui all'art. 13 della L. 394/1991 non risulta abrogata per effetto dell'art. 20 della L 241/1990. Le considerazioni condotte da tale filone interpretativo sono:
-il comma 4 dell'art. 20 della L. 241/1990 ha stabilito che in talune materie (patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente ecc.) non trova applicazione il principio della generalizzazione dell'istituto del silenzio assenso (di cui al primo comma dell'art. 20). Il comma 4, quindi, introduce una eccezione ad un principio generale ma non impone un divieto assoluto per il legislatore di poter applicare in ipotesi puntuali l'istituto in esame. In altri termini, opererebbe il divieto generalizzato dell'applicazione dell'istituto del silenzio – assenso laddove il legislatore non abbia previsto – invece – la sua applicazione (come appunto per i nulla osta degli Enti Parco);
-ulteriore argomentazione fa leva sul dato testuale del comma 4 dell'art. 20 che prevede che "le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente (…). Quindi, la norma ha sottratto talune ipotesi dall'applicazione generalizzata del meccanismo del silenzio assenso (introdotta appunto dall'art. 20, comma 1).
Un diverso orientamento, invece, ritiene che l'art. 13 della L. 394/1991 e il comma 4 dell'art. 20 della L.241/1990 non si pongano in rapporto di specialità in quanto entrambe hanno natura procedimentale. Pertanto, per risolvere l'antinomia occorre fare leva sul criterio cronologico, secondo cui la legge successiva prevale su quella precedente. Quindi, essendo la modifica all'art. 20 della L. 241/1990 occorsa nel 2005, essa prevale e supera l'art. 13 della L. 394/1991, con la conseguenza che quest'ultima risulterebbe implicitamente abrogata.

Rimessione all'Adunanza Plenaria. Alla luce di tale contrasto giurisprudenziale, la IV Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno sottoporre il ricorso all'Adunanza Plenaria.
E' interessante rilevare che la Sezione, nel rimettere la questione all'Adunanza Plenaria, sottolinea la preferenza nell'adozione del criterio cronologico in ragione di alcuni elementi di diritto da cui si potrebbe desumere la tendenza dell'ordinamento giuridico a sottrarre gli interessi sensibili dai provvedimenti formati tacitamente:
-si cita in primo luogo l'art. 30 del c.d. "decreto del fare" (DL 69/2013) che ha introdotto la disciplina del silenzio assenso per il rilascio del permesso di costruire, facendo salvi "i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali", per i quali la conclusione del procedimento deve avvenire con un provvedimento espresso.
Il Consiglio di Stato cala tale norma nel contesto che l'ha generata e considera che l'art. 30 del Decreto del Fare aveva lo scopo di ampliare le ipotesi di silenzio-assenso in materia edilizia (introducendo, infatti, il silenzio assenso per il permesso di costruire) e, pertanto, l'esclusione dell'applicabilità del silenzio assenso per gli interessi sensibili dall'ambito di una innovazione normativa rivolta a generalizzare e semplificare il procedimento edilizio, dovrebbe essere letta quale linea di tendenza del legislatore a sottrarre le materie sensibili dal meccanismo del silenzio assenso;
-nello stesso senso dovrebbe essere poi letta la sentenza della Corte Costituzionale 18 luglio 2014, n. 2096 che ha dichiarato l'incostituzionalità di una norma della Regione Campania nella parte in cui prevedeva, in relazione alla disciplina degli scarichi in fognatura, che "l'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda. Se detta autorità risulta inadempiente nei termini sopra indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi giorni, salvo revoca". Secondo la Corte la disposizione impugnata violava la competenza esclusiva statale in materia di ambiente determinando livelli di tutela ambientale inferiori rispetto a quelli previsti dalla legge statale, che esclude l'applicabilità del silenzio-assenso  alla materia ambientale (art. 124, co 7 del D.Lgs. 152/2006).

Inversione di tendenza? Il Consiglio di Stato, dunque, pur rimettendo la questione all'Adunanza Plenaria ribadisce di sposare la tesi per cui l'articolo 20 della L. 241/1990 sia latore di un principio della materia ambientale che esclude l'applicabilità delle disposizioni sul silenzio-assenso, salve forse specifiche e motivate eccezioni.
Tuttavia, la riforma (in corso) della pubblica amministrazione pare al contrario legittimare il silenzio assenso anche in caso di provvedimenti richiesti su beni incidenti su interessi particolarmente protetti.
Primo fra tutti viene in rilievo l'introduzione nell'impianto della L. 241/1990 dell'art. 17 bis (rubricato Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici)
introdotto dalla L. 124/2015.
Tale articolo istituisce il silenzio assenso nell'ambito di procedimenti volti all'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche (quindi, si desume, anche al di fuori dei procedimenti ad istanza di parte).
Il termine per la formazione del silenzio assenso, in questo caso, è di 30 giorni. il comma terzo dell'art. 17 bis prevede poi che le sue disposizioni "si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini". In tali casi, tuttavia, il termine è dilatato a 90 giorni, decorsi i quali senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. Sono fatte salve (e quindi per esse non trova applicazione il meccanismo del silenzio assenso), le disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi.
Altra rilevante argomentazione è suggerita dalla bozza del decreto legislativo sulla disciplina della conferenza di servizi che introduce modifiche alla L. 241/1990. Secondo la previsione dell'art. 14 bis, co. 4 di tale bozza, il silenzio significativo si formerà sempre in caso di mancata pronuncia delle amministrazioni chiamate alla conferenza. Unica eccezione, in linea anche con l'art. 17 bis, le disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi. Il comma 4 citato infatti dispone che «fatti salvi i casi in cui le disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione entro il termine, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti dal comma 3, equivalgono ad assenso, senza condizioni».

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