Urbanistica

Logistica, connessione porti-ferrovie al centro del piano del Governo

di Marco Morino

Nella cultura industriale italiana ha sempre contato, e ancora conta, di più produrre: tanto poi (si pensa) in un modo o nell'altro le merci arriveranno dove devono arrivare, anche perchè non di rado sono gli stessi clienti a farsi carico del trasporto acquistando i prodotti franco fabbrica. Mai si è considerata la logistica, cioè il trasporto delle merci e il sistema delle infrastrutture al suo servizio (porti marittimi, ferrovie, strade e autostrade, aeroporti), come un settore produttivo di per sé. Forse è anche per questa ragione se il Paese ha accumulato negli anni un gap logistico spaventoso.

Il gap logistico

Secondo uno studio di Confcommercio, i ritardi logistici costano all'Italia circa 42 miliardi di euro l'anno di Pil. Ad esempio, solo il 35% dei due milioni di tonnellate di merci che l'Italia esporta per via aerea partono da un aeroporto italiano; il restante 65% è auto-camionato, cioè prosegue su strada e si leva in volo da un hub mitteleuropeo. Un altro dato: per le operazioni di import/export di merci, in Italia, tra procedure amministrative, controlli doganali e movimentazioni, occorrono mediamente 18,5 giorni, il triplo dell'Olanda e il doppio di Belgio, Germania e Spagna. Tempi inconciliabili con i ritmi dell'economia moderna.

Mettendoci poi la globalizzazione e lo spostamento mondiale delle produzioni, c'è il rischio concreto che non solo le merci fatichino a partire e ad arrivare in Italia, ma che una quantità di merci via via minore si prodotta nel nostro Paese. Ne sono consapevoli associazioni come Federmanager e Assologistica: «Politica e istituzioni - dicono all'unisono Stefano Cuzzilla e Carlo Mearelli, rispettivamente presidente di Federmanager e Assologistica - devono approvare al più presto un piano nazionale per la logistica integrato e condiviso, che possa portare vantaggi misurabili in termini di Pil». Federmanager e Assologista puntano il dito su «gestioni infrastrutturali non dialoganti» che minano la competitività del sistema produttivo nazionale. «Oggi - spiega Mearelli (Assologistica) - è sempre più evidente che per competere sui mercati non basta più saper produrre. Il raggiungimento del cliente e il sostegno al processo di fidelizzazione avvengono attraverso i servizi logistici, che collegano in modo efficiente puntuale economico e sicuro il prodotto al consumatore finale, ovunque entrambi siano localizzati. Le infrastrutture e il loro funzionamento deve essere subordinato a questo: la logistica serve le merci dove queste vogliono andare».

La risposta del governo

Occhi puntati dunque sulle mosse del governo e del ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio. Il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva lo scorso 6 agosto, su proposta di Delrio, il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, redatto in attuazione dell'articolo 29 del decreto Sblocca Italia Dl numero 133/2014 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, numero 164). Il piano ha subito uno stop inatteso a metà dicembre quando la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dello Sblocca Italia nella parte in cui non prevede «il coinvolgimento delle Regioni nelle procedure di adozione del piano per la portualià». Ma il ministro Delrio puntualizza: «La Corte Costituzionale non ha messo in discussione il piano logistico ma ha chiesto al governo di ricercare l'intesa sui contenuti anche con il sistema delle Regioni. Lo faremo già dalle prossime settimane per costruire il più ampio consenso possibile».

Il piano, del quale Confindustria ha condiviso in via generale sia il metodo che l'impostazione, delinea una strategia integrata al fine di potenziare il ruolo dell'Italia negli scambi internazionali che di fatto, per la sua sola collocazione e conformazione, si presenta quale piattaforma logistica ideale nel Mediterraneo nel quale transita circa il 20% del traffico mondiale, percentuale destinata a crescere a seguito dell'allargamento del canale di Suez.

Asse porti-ferrovie

Punto nevralgico del piano del governo è il recupero della competitività del sistema mare, da intendersi come un sistema che abbraccia non solo i porti marittimi e i retroporti ma l'intero territorio circostante. Il piano pone l'accento sulla necessità di adeguare l'infrastruttura ferroviaria ed in particolare quella di interconnessione con gli scali marittimi. In tal senso, quanto si realizzando a Livorno, con il potenziamento del collegamento tra il porto e la rete ferroviaria e la creazione di una nuova stazione merci a pochi metri dal mare, va nella direzione indicata dal governo e costituisce un modello anche per altri scali marittimi. Superando il concetto di «infrastrutture non dialoganti» evocato in precedenza. I nostri porti, a differenza di quelli del nord Europa, sono per lo più ubicati all'interno delle città; diventa quindi decisivo investire nell'“ultimo miglio”, intervenendo direttamente sull'accesibilità agli scali portuali via terra, eliminando le sovrapposizioni reciprocamente penalizzanti con le infrastrutture al servizio delle limitrofe aree urbane.

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