Urbanistica

Consiglio di Stato: sono abusive le opere (senza permesso) non temporanee anche se «precarie»

di Donato Palombella

Una società ottiene in concessione dal Comune un impianto sportivo impegnandosi ad effettuare alcuni lavori di ripristino funzionale, ivi compresa la realizzazione di spogliatoi per gli atleti. A causa delle solite lungaggini burocratiche, la ditta perde il previsto finanziamento da parte dell'Istituto per il Credito Sportivo (circa 1.31 milioni di euro). L'amministrazione concede l'autorizzazione per utilizzare temporaneamente i baraccamenti di cantiere come spogliatoio ma le opere vengono considerate abusive dal Comune che emette una ordinanza di sospensione dei lavori cui segue ordinanza di rimozione. A finire sotto la lente sarebbero alcuni container in profilato lamellare delle dimensioni di mt. 4,70 x 7,10, poggianti su plinti prefabbricati, dotati di finestre, ambienti separati, wc, doccia, lavandino, panche e appendiabiti.

Fabbricato precario o nuova opera?
Secondo la ditta si tratterebbe di "edilizia libera" in quanto opere «dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee destinate e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni» (articolo 6, comma 2, lettera b, Dpr. 380/2001). La tesi viene respinta dal giudice amministrativo che considera i container «nuova costruzione» trattandosi di manufatti leggeri per uso non temporaneo (articolo 3, comma 1, lettera e.5) e, come tali, subordinati al rilascio di permesso di costruire ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera a).

La ditta ritiene che le opere siano legittime per una serie di correlati motivi. In primo luogo, sarebbero state realizzate in base ad una Cila per soddisfare esigenze contingenti, circoscritte nel tempo. Si tratterebbe di «opere precarie» destinate ad essere utilizzate per il tempo necessario al completamento dei lavori e, quindi, per un tempo limitato. I prefabbricati non sarebbero ancorati al suolo ma semplicemente poggiati su distanziatori per preservarli dagli agenti meteorici. Il permesso di costruire, quindi, non sarebbe necessario.

Procedimento penale archiviato
Il Pubblico Ministero aveva chiesto l'archiviazione dei procedimenti penali connessi ai contestati abusi edilizi trattandosi di manufatti di modesta entità, precari, per uso saltuario e non continuativo rientranti nelle opere di straordinaria manutenzione sottoposte a Dia/Scia. Adibire i container a spogliatoio per gli atleti anziché degli operai, non costituirebbe un cambio di destinazione.

Utilizzo autorizzato dal Comune
Per permettere l'utilizzo dell'impianto sportivo, il Comune aveva autorizzato l'uso temporaneo dei baraccamenti di cantiere come spogliatoio. Il comportamento dell'amministrazione, quindi, sarebbe incongruente perché da un lato autorizzava l'uso delle strutture mentre dall'altro le riteneva illegittime.

Il parere del Consiglio di Stato
Le argomentazioni della ditta vengono respinte dal giudice amministrativo sia in primo che in secondo grado. Secondo il Consiglio di Stato (Sez. VI, 4 settembre 2015 n. 4116) le opere andavano inquadrate nelle nuove costruzioni assoggettate all'obbligo di permesso di costruire risultando, da elementi univoci e difficilmente confutabili, che i container erano stati destinati per un lungo periodo a spogliatoi per gli atleti.

La "precarietà" dell'opera, postula un uso temporalmente delimitato per soddisfare esigenze eccezionali, contingenti e non permanenti nel tempo non essendo sufficiente che si tratti di un manufatto smontabile e non infisso al suolo (TAR Roma, II-bis, 16 gennaio 2015, n. 737; Cassazione, Sez. III penale, nn. 4002/1999 e 39074/2009).

I container-spogliatoio sarebbero stati utilizzati per il tempo necessario a completare le opere ma, anche a causa della mancata erogazione dei finanziamenti, non era possibile stimare quando queste sarebbero state terminate. Tale circostanza escluderebbe la "temporaneità" delle opere rendendo inapplicabile l'articolo 6 del T.U. che parla di «opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee».

Secondo l'orientamento costante della giurisprudenza, i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze stabili nel tempo, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la potenziale rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie. Ciò in quanto il manufatto non risulta utilizzato per fini contingenti, ma viene destinato ad un utilizzo protratto nel tempo (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4124;Sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2842).

Irrilevante anche i materiali impiegati e la loro facile rimozione (TAR Piemonte, Sez. II, 30 gennaio 2015, n. 169; TAR Campania, Napoli, sez. IV, n. 16733 del 2004) e finanche la circostanza che il manufatto abbia carattere meramente stagionale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 settembre 2012, n. 4759 e 4762; 18 settembre 2013, n. 4642; 1 dicembre 2014, n. 5934, Cassazione, sez. III penale, 25 settembre 2012, n. 38525 e 15 ottobre 1999).
Inutile l'archiviazione penale.

Irrilevante anche la richiesta archiviazione all'esito delle indagini preliminari. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale il parere del giudice penale può essere richiamato solo quando vi sia la prova che il fatto non sussista o non sia stato commesso (Cass. civ., Sez. VI, ord. 13 novembre 2013, n. 25538; Sez. III, 9 marzo 2010, n. 5676; 30 ottobre 2007, n. 22883, Sez. II, 30 agosto 2004,

La sentenza n.4116/2015 del Consiglio di Stato

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