Urbanistica

Le “pertinenze” tra disciplina civilistica e governo del territorio

di Vittorio Italia

Per potersi parlare di pertinenza è indispensabile che il manufatto sia di dimensioni ridotte e modeste, con la conseguenza che soggiace a permesso di costruire la realizzazione di un’opera di rilevanti dimensioni, che modifica l’assetto del territorio e che occupa aree e volumi diversi rispetto alla res principalis. Questo l’orientamento del Tar Calabria, Catanzaro, sezione 2, con sentenza 11 giugno 2015, n. 1066, che nel caso di specie ha  accolto il ricorso del Comune interessato confermando la legittimità del divieto posto alla  prosecuzione dei lavori per la costruzione di una piscina, iniziata soltanto con la DIA (denuncia di inizio attività) e con la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) e  che seppur costruita con pannelli prefabbricati e amovibili, si presentava di rilevanti dimensioni (circa 150 mq) e non poteva pertanto essere  considerata come pertinenza, comportando una durevole trasformazione del territorio che quindi richiedeva il permesso di costruire.

La “rilevanza” della decisione
La pronuncia del Tribunale calabrese merita accoglimento, per il riferimento alla durevole trasformazione della territorio, e per avere stabilito l’importante distinzione tra la “pertinenza civilistica” e la “pertinenza urbanistica”, distinzione che rileva ai fini dell’individuazione della corretta categoria giuridica e delle relativa disciplina applicabile.
La “pertinenza civilistica” è disciplinata dall’ articolo 817 del Codice civile, che afferma: “sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o di ha un diritto reale sulla medesima.”. Essa si riferisce quindi a un manufatto destinato ad un’esigenza dell’edificio principale, e inserito funzionalmente al suo servizio. Questa “pertinenza” è un elemento “accessorio” rispetto ad altro elemento “principale”, del quale segue la disciplina giuridica. Anche anticamente si affermava che “accessorium sequitur principale”.
La “pertinenza urbanistica” riguarda un manufatto che, oltre alle caratteristiche della pertinenza civilistica, deve essere dotato di un volume modesto rispetto all’ edificio principale, in modo da evitare il cosiddetto “carico urbanistico”. Il concetto di “pertinenza urbanistica” è quindi diverso da quello civilistico, e riguarda quel manufatto che ha una funzione autonoma rispetto ad altre costruzione, e può quindi trasformare il territorio. Da ciò deriva l’importante conseguenza che gli interventi che incidono sul precedente assetto edilizio e determinano un aumento del “carico urbanistico”, devono essere sottoposti al permesso di costruire.  In contrario si potrebbe obiettare che questa distinzione non essendo esplicitamente prevista nelle norme, non è quindi vincolante, perché ubi lex non distinguit nec nos distinguere debemus ma l’obiezione non sarebbe persuasiva. La distinzione dipende da due categorie giuridiche diverse, stabilite nel Codice civile e nelle leggi urbanistiche e di tutela del territorio, e quindi per la seconda categoria si devono seguire le regole e i limiti stabiliti in queste ultime materie, che sono ricomprese nella formula del “governo del territorio”.

Ricadute per gli altri Comuni
Questa sentenza, che ha accolto le ragioni del Comune interessato statuendo la legittimità del divieto di proseguire la costruzione della piscina, comporta delle conseguenze sulle norme locali di edilizia e urbanistica, sia per questo, sia per gli altri Comuni. È, infatti, opportuno che nei “regolamenti edilizi” e anche nei “piani urbanistici”, quando si fa riferimento alle “pertinenze”, sia precisata non solo la disciplina del Codice civile, ma anche la disciplina edilizia e urbanistica relativa al “carico urbanistico” e alla “trasformazione del territorio”. Ciò consentirà di evitare controversie ed eventuali responsabilità dei Dirigenti comunali.  

LE ULTIME DECISIONI SU PROBLEMI ATTUALI E CON SOLUZIONI

EDILIZIA E URBANISTICA

Sospensione dei lavori dipesa da factum principis
Il provvedimento di proroga dei termini di efficacia del permesso di costruire è connotato da discrezionalità tecnica in quanto i presupposti per il suo rilascio fissati attraverso previsioni non puntuali che lasciano all’amministrazione margini di valutazione nella loro applicazione al caso concreto. Tuttavia, nel caso in cui la sospensione dei lavori sia dipesa da factum principis la giurisprudenza ha tipizzato alcune situazioni particolari in cui la sospensione dei termini assume carattere necessitato stante la assoluta ed evidente impossibilità di iniziare o proseguire i lavori. Fra queste vi è il sequestro penale del cantiere che non sia dipeso da fatti di reato effettivamente commessi dal titolare del permesso di costruire (Cons. Stato, sezione 5, 26 aprile 2005, n. 1895; Tar Reggio Calabria, sentenza 20 aprile 2010, n. 420). Verificandosi siffatta circostanza non sussistono margini di discrezionalità che consentano all’Amministrazione di negare la proroga richiesta, costituendo senza alcun dubbio il sequestro dell’area un impedimento obiettivo alla prosecuzione dell’attività edilizia. (Amb.dir.)
Tar Toscana, Firenze, Sezione 3, sentenza 11 giugno 2015, n. 910

Il “terreno” nella lottizzazione abusiva
L’espressione “terreno” nella definizione di lottizzazione abusiva data dall’articolo 30 del Dpr 380/2001 va interpretata nel senso che la trasformazione qualificabile come lottizzazione abusiva consiste nel conferire un diverso assetto una porzione di territorio comunale, anche attraverso il mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato finalizzato a realizzare un utilizzazione del tutto difforme dalle previsioni degli strumenti urbanistici, con conseguente alterazione degli equilibri previsti in sede di pianificazione per una determinata zona. Non è invero infrequente che costruzioni edificate in base a permessi per uso alberghiero vengano poi cedute dai costruttori, o da successivi acquirenti, per quote, o, addirittura, previo frazionamento dell’immobile in appartamenti, a un prezzo di mercato simile a quello degli immobili per abitazione. Tale mutamento di destinazione d’uso può avvenire con o senza realizzazione di opere ulteriori, ma in ogni caso implica la realizzazione di un organismo in tutto o in parte diverso da quello precedente e integra gli estremi della lottizzazione abusiva. (Amb.dir.)
Tar Toscana, Firenze, Sezione 3, sentenza 11 giugno 2015, n. 905

Il rispetto della normativa e la ripartizione delle responsabilità negli incarichi
Il proprietario che dà incarico a un tecnico è tenuto alla necessaria vigilanza, atteso che la delega al tecnico non giunge ad abbracciare l’obbligo di rispettare la normativa edilizia e urbanistica, che grava innanzitutto sul soggetto cui è riferibile l’intervento edilizio progettato ed eseguito, come per altro risulta evidente dal tenore dell’articolo 29, comma 1 del Testo unico dell’edilizia, che pone a carico del titolare del permesso di costruire, del committente e del costruttore la responsabilità della conformità delle opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di piano, chiamando in causa il direttore dei lavori come responsabile, unitamente agli altri soggetti, della conformità alle previsioni del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo. (Amb.dir.)
Tar Toscana, Firenze, Sezione 3, sentenza 11 giugno 2015, n. 902 

APPALTI

L’avvalimento per le attività di progettazione
Nell'ambito dei contratti della Pa il concetto di avvalimento non è sempre associato all'istituto disciplinato dall'articolo 49 del Dlgs 163/2006, bensì, in termini più generali e sostanziali, alla volontà di "utilizzare" l'opera e le capacità professionali e di esperienza di altri soggetti, come previsto dal successivo articolo 53, che espressamente riconosce la possibilità per gli operatori economici di "avvalersi" di progettisti qualificati mediante semplice indicazione. Così, per quanto concerne le attività di progettazione, l'istituto dell'avvalimento non è applicabile all'ipotesi di cui all'articolo 53, comma 3, secondo cui è, invece, consentita l'indicazione dei soggetti qualificati da un punto di vista professionale in materia di progettazione e dei quali l'impresa concorrente può avvalersi.
Tar Campania, Salerno, sezione 1, sentenza 22 giugno 2015, n. 1417

L’invito delle imprese con la PEC viola il principio di segretezza
L’invito a una procedura negoziata delle imprese che avevano preventivamente manifestato interesse in tal senso, attraverso una PEC con l’indicazione degli indirizzi di posta di tutti gli operatori economici invitati, viola il principio di segretezza delle offerte che impone di garantire l’anonimato delle imprese concorrenti sino alla scadenza del termine di presentazione delle offerte per evitare forme di coordinamento e di collegamento tra imprese che possono, in vario modo, condizionare l’esito della gara e quindi vulnerare il generale principio del buon andamento dell’azione amministrativa ex articolo 97 Cost. nonché quelli che presidiano lo svolgimento degli affidamenti di lavori, servizi e forniture, ai sensi dell’articolo 2 del Dlgs 163/2006, con particolare riferimento a quelli di efficacia, correttezza, libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione. (Vittorio Italia)
Tar Molise, Campobasso, sezione 1, sentenza 12 giugno 2015, n. 240

 

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