Urbanistica

Tar Campania: il vincolo archeologico può tutelare un'area ampia intorno ai reperti

di Mauro Salerno

Il vincolo di inedificabilità per motivi archeologici può bloccare un'area più ampia di quella in cui affiorano reperti. Anche se in linea di principio il vincolo non opera in assoluto, ma blocca solo le opere che snaturano o danneggiano i reperti, spetta alla Sovrintendenza valutare l'impatto delle costruzioni sull'omogeneità del paesaggio storico. Basandosi su questi principi il Tar Campania (con la sentenza n. 2870 del 22 maggio 2015) ha rigettato il ricorso contro la decisione della Sovrintendenza di non concedere parere positivo su un condono relativo a un ampliamento e a una sopraelevazione abusivi nel territorio di Pozzuoli.

Tra i motivi di opposizione dei ricorrenti c'era anche il fatto che nell'area tutelata sorgevano già edifici non coerenti con il vincolo: fatto che per i giudici non può però avere riflessi automatici sulla sanabilità degli abusi, che «rappresentano comunque, un non consentito fattore di ulteriore perturbazione dell'area, ancorché, in via di tesi, già compromessa».
Non solo. Per il Tar va considerato anche la natura specifica del vincolo archeologico. In linea di principio, è la ricostruzione, lo stop alle nuove costruzioni non può avere un valore assoluto, ma riguarda «soltanto le costruzioni che, in qualsiasi modo, snaturano o, comunque, danneggiano i reperti fissi al suolo o affioranti, non potendo trovare applicazione per tutte quelle altre costruzioni che non determinano siffatto pregiudizio» se autorizzate. Ma questo principio può avere delle eccezioni. In particolare, una riguarda la necessità di tutelare l'interesse archeologico di un'intera area, valorizzando «non soltanto i reperti, ma lo stato dei luoghi nel suo complesso».

Dunque, concludono i giudici, la Sovrintendenza può legittimamente valutare se «la realizzazione di un piano o di un progetto di un'opera singola abbia un impatto, visivo o territoriale, talmente significativo da alterare lo stato dei luoghi». In quest'ultimo caso non è neppure necessaria la prova che sull'area insistano effettivamente ruderi o reperti del passato: «Verrebbe piuttosto in rilievo l'unità storico-culturale dell'area ed il giudizio di compatibilità andrebbe riferito, nell'ambito di una necessaria valutazione di insieme, al complessivo paesaggio archeologico - paesaggistico oggetto di tutela».

La sentenza n. 2870/2015 del Tar Campania

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