Urbanistica

Case troppo piccole, rischio svalutazione in centro città

di Evelina Marchesini

Napoli, Roma, Torino e Milano le famiglie vivono l’emergenza Covid-19 con il maggior disagio abitativo, alle prese con spazi domestici limitati, senza giardini e terrazzi (o al limite un balcone di piccole dimensioni), con scarsa illuminazione. L’emergenza sanitaria ha costretto una buona parte delle famiglie italiane a passare molto tempo in casa. Ma le abitazioni degli italiani in molti casi non sono adeguate a fronteggiare questa situazione e sicuramente, una volta passata l’emergenza (in senso lato, anche economicamente) gli operatori immobiliari prevedono un cambiamento radicale della casa ideale e delle richieste abitative.

Secondo un’analisi di Abitare Co., società d’intermediazione immobiliare, le famiglie italiane hanno a disposizione una superficie media di ben 117 mq, ma con valori che variano sensibilmente sul territorio. Tra le 12 prime grandi città sono i milanesi ad avere la minore superficie media (88 mq), seguiti dai torinesi (91 mq). Al di là delle medie statistiche, il dato tendenzialmente positivo sulla superficie vale per tutti? Su questo la fotografia di Abitare Co. mostra aspetti meno rosei. Secondo l’ultimo censimento Istat, più di un terzo delle abitazioni occupate da persone residenti, pari a quasi 8,23 milioni di case, è al di sotto degli 80 mq e il 13,4% (circa 3,23 milioni) non raggiunge i 60 mq. Una percentuale, quest’ultima, che tra le province dei capoluoghi di regione sale sensibilmente al 22,7% di Milano, al 22,4% di Trieste, al 21% di Aosta, al 20,4% di Torino e al 18,7% di Roma. Un dato importante se si considera che le famiglie italiane sono composte mediamente da 2,3 componenti.

E i nuclei numerosi? Oltre un quinto delle abitazioni (20,7%) occupate da più di 4 persone è inferiore a 80 mq, ma con un’incidenza che arriva al 29,8% nella provincia di Milano, al 31,3% di Torino, al 32,5% di Roma, fino al 34% di Napoli. Abitazioni, quindi, sovraffollate: nel 2018, sempre secondo i dati dell'Istat , ben il 27,8% delle persone, pari a oltre 16,8 milioni, viveva in questa condizione.

Se Mario Breglia, direttore di Scenari Immobiliari, già dai primi giorni dell’emergenza sanitaria aveva osservato che gli italiani si stavano rendendo conto che è più importante avere una casa ampia e con spazi esterni piuttosto che il nuovo Suv, ora arrivano analisi dettagliate sulle maggiori insoddisfazioni delle famiglie circa la propria abitazione e su cosa vogliono cambiare in futuro. I più penalizzati sono coloro che abitano nelle grandi città e in aree centrali o semi-centrali e, volendo riassumere, potremmo dire che in prospettiva le famiglie cercheranno di più la casa in periferia e negli hinterland che, a parità di prezzo, consente di avere spazi maggiori, terrazzi e giardini. Ma non solo. «Gli italiani hanno una maggiore consapevolezza del bene casa in generale e della propria in particolare, mettendone in luce pregi e difetti – spiegaFabiana Megliola, responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa –. Molti fattori come la luminosità, la presenza di spazi esterni vivibili, la possibilità di avere un angolo per lavorare in tranquillità o la connessione veloce stanno assumendo un valore più importante. Ma anche l’isolamento acustico e termico potrebbero essere riconsiderati. Questi nuovi driver di scelta potrebbero penalizzare le abitazioni che ne sono prive e che vedrebbero i loro prezzi ribassarsi e allo stesso tempo dare indicazioni importanti su come eventualmente concepire le nuove case o ristrutturare le esistenti».

Le stesse considerazioni valgono per le case in affitto, ma con effetti anche più rapidi. «Il segmento che ha già subito un effetto immediato è quello degli affitti brevi, dove molti investitori si erano indirizzati, essendo legato al comparto turistico, altamente penalizzato in questo momento – continuano da Tecnocasa –. Le conseguenze su questo settore potrebbero andare oltre il periodo dell’emergenza nel nostro Paese perché dipenderà anche dal modo in cui anche gli altri Stati fronteggeranno l’epidemia. Non si esclude però una probabile migrazione di questi immobili verso il mercato della locazione tradizionale che, negli ultimi tempi, aveva sofferto per la carenza di offerta. Se ciò dovesse accadere anche i canoni di locazione potrebbero leggermente calmierarsi, in particolare nelle città dove il fenomeno degli affitti turistici si è affermato in modo considerevole».

«Alla luce dell'emergenza del coronavirus – afferma Megliola – ci aspettiamo un rallentamento dal lato delle compravendite, che già nel 2019 hanno registrato una crescita più contenuta. L’attesa è di una riduzione di almeno 50mila transazioni per quest’anno e i prezzi stabili o in lieve ribasso».

Considerando tutti questi elementi, si vedrà verosimilmente uno spostamento delle preferenze abitative e magari, come auspicato dall’architetto Stefano Boeri in una recente intervista, una riscoperta dei borghi abbandonati da salvare, di cui l’Italia è piena. E, più in generale, anche in città, del verde come spazio vitale, anche in casa.

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