Urbanistica

Coronavirus/6. Cantieri, affitti e mutui congelati: la casa già paga il conto Covid-19

La serrata imposta dall’epidemia si fa sentire su un settore da cui dipendono un quinto del Pil e mezzo milione di addetti

di Cristiano Dell'Oste, Michela Finizio, Bianca Lucia Mazzei

La casa comincia a pagare il conto del coronavirus. La serrata imposta dall’epidemia si fa sentire su un settore da cui dipendono un quinto del Pil e mezzo milione di addetti. I punti di sofferenza più acuta per ora sono le compravendite, i mutui, gli affitti brevi, le locazioni dei negozi e i cantieri.

Come ad agosto

In questi giorni le agenzie immobiliari sono chiuse per decreto (il Dpcm 11 marzo), le visite e i sopralluoghi annullati. «I periti si muovono seguendo rigidi protocolli e solo se l’istruttoria viene dichiarata indifferibile dalle banche», fa sapere Daniela Percoco di Crif real estate services. Gli istituti di credito a loro volta non sono aperti al pubblico e smaltiscono solo le pratiche urgenti. I notai, per legge, sono operativi, ma le segreterie dei Registri immobiliari lavorano a singhiozzo.

Carlo Giordano, Ad del portale Immobiliare.it, conferma lo stallo: «Dopo lo shock iniziale, il traffico sul nostro sito è risalito. Oggi siamo tra il 15 e il 17% sotto i livelli ordinari, ma c’è un collasso nei contatti, con telefonate ed email dimezzate. Inoltre, non vengono caricati nuovi annunci di case in vendita».

Sono saltate anche molte trattative ben avviate. Tecnocasa stima fossero circa 50mila quelle in corso prima del lockdown. Alcune con il mutuo già “prenotato”. «C’è chi interrompe la stipula perché rinuncia - afferma Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline -, chi non vuole più vendere e chi non garantisce più le condizioni di solvibilità iniziali».

Lo smart working e internet permettono agli agenti di portare avanti le attività ordinarie e qualche visita virtuale. Ma l’effetto è marginale. «Molte attività da remoto non sono fattibili - afferma Gian Battista Baccarini, presidente di Fiaip - e per tante agenzie la maggior parte dei ricavi arrivavano dalle locazioni brevi. Gli incarichi di vendita acquisiti, invece, sono di fatto sospesi».

La consulta che rappresenta gli agenti ha chiesto ai cinque principali portali immobiliari di sospendere i pagamenti delle commissioni sugli annunci online. Casa.it e Immobiliare.it si sono detti disponibili a valutare, caso per caso, le situazioni di difficoltà.

Bye bye Italia

Pur tra le polemiche per lo spopolamento dei centri storici, il boom degli affitti brevi e turistici era arrivato a fatturare 11 miliardi l’anno. Secondo Scenari immobiliari, però, la primavera – che vale 2 miliardi – è ormai andata in fumo e stanno già arrivando le disdette per i mesi estivi, cui sono legati 5 miliardi.

Chi sta toccando con mano la situazione è Rocco Lomazzi, co-founder e chairman di Sweetguest, società specializzata nel settore, con il 60% dell’attività concentrata a Milano. «Abbiamo registrato un calo del 90% del fatturato – spiega -. Il nostro obiettivo è salvaguardare tutti i posti di lavoro, ma ci sono forti problemi di liquidità e il decreto del Governo non ci aiuta, perché dobbiamo anticipare gli stipendi in attesa della cassa integrazione». Alcuni proprietari stanno tentando di passare all’affitto lungo. Ma per ora è un palliativo. Solo ripartendo a giugno secondo Lomazzi si può sperare di salvare la stagione.

I negozi chiusi

La serrata ha mandato in affanno i negozianti, già provati dalla concorrenza dello shopping online. «Senza incassi gli esercenti non ce la faranno a pagare già questo mese – afferma Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari – e anche i centri commerciali andranno presto in sofferenza». Previsione su cui concorda Luca Dondi, Ad di Nomisma: «Molti negozi di prossimità potrebbero non superare la crisi. E le richieste di rinegoziazione e dilazione possono mandare in crisi le società di gestione delle strutture».

C’è un problema di liquidità, insomma, che non viene risolto dal tax credit per i negozi dal decreto “cura Italia” (Dl 18/2020, si veda l’articolo a pagina 17). Il rischio è un boom della morosità, contro cui Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, chiede interventi coordinati: «Vorremmo vedere estesa alle locazioni commerciali in essere la regola introdotta dal 2020 per l’abitativo, che esclude il pagamento delle imposte sui canoni non incassati». Poi, però, secondo Confedilizia serviranno altre misure, «come l’estensione della cedolare secca agli affitti dei negozi esistenti e più flessibilità alla legge del 1978 per aiutare le parti a trovare un’intesa che salvi il contratto».

Ancora parziali, anche sul fronte casa, gli interventi del decreto, con lo stop all’esecuzione degli sfratti fino al 30 giugno e la moratoria sui mutui prima casa.

L’orizzonte per ripartire

Ora la domanda è: quando e come ripartiremo? «Molte operazioni non si concretizzeranno più - afferma Giuseppe Crupi, Ceo di Abitare & Co, developer di immobili residenziali -, a partire dagli acquisti per investimento che resteranno in stand by».

«Siamo all’inizio di un processo di indebolimento», avverte Dondi di Nomisma, con riflessi sui prezzi che non saranno compensati dalla domanda di investimento. Per Breglia di Scenari Immobiliari, però, «la quarantena tra le mura domestiche spingerà molti italiani a riconsiderare la casa come un bene rifugio su cui investire».

Lavori in casa e cantieri
La difficoltà di rispettare la distanza di un metro, di reperire mascherine e forniture sta fermando l’edilizia residenziale.

Chi contava di entrare in una abitazione nei prossimi mesi dovrà quindi aspettare ma l’effetto lockdown si sente anche sul settore del recupero edilizio.

L’Ance ha chiesto (per ora invano) la proroga di tutti i termini per evitare il rischio di penali per mancato rispetto dei termini contrattuali. Consiglia quindi alle imprese di chiedere un aggiornamento del piano di sicurezza (che nel frattempo blocca i lavori).

Non tutti i cantieri per le ristrutturazioni di piccola taglia sono fermi, secondo l’Ance, ma l’effetto lockdown si sente anche sul settore del recupero edilizio.

Statisticamente più del 50% delle ristrutturazioni è avviato tra la primavera e l’inizio dell’estate, ed è ora a rischio.

Molto dipende da come e quando sarà superata l’epidemia: negli anni più bui dell’ultima crisi immobiliare, le ristrutturazioni hanno tenuto a galla molte imprese.



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