Urbanistica

Terreni edificabili, ok alla cessione con prezzo inferiore alla perizia

Stop all’avviso se il valore di vendita è più basso dell’affrancamento. La Ctr Campania «anticipa» le Sezioni unite del 31 gennaio scorso

di Giorgio Gavelli

È nullo l'avviso che accerta una maggiore plusvalenza in caso di vendita di area edificabile avvenuta a un prezzo inferiore rispetto al valore risultante dalla perizia di affrancamento. Con questo principio, la decisione 5496/05/2019 della Ctr Campania (presidente Notari, relatore Grande) si allinea alla giurisprudenza, di legittimità e di merito, del tutto prevalente, anticipando addirittura la sentenza della Cassazione a Sezioni unite che ha chiuso (almeno si spera) definitivamente il contenzioso in corso, sul punto, da moltissimi anni (pronuncia 2321 del 31 gennaio scorso, si veda Il Sole 24 Ore del giorno successivo). Il problema sorge a seguito del testo dell'articolo 7, comma 6, della legge 447/2001, in base al quale il valore periziato ai fini della procedura di affrancamento «costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta di registro e dell'imposta ipotecaria e catastale».

L'agenzia delle Entrate (sin dalle circolari 15/E/2002 e 81/E/2002) ha interpretato questo passaggio come se la cessione a un corrispettivo inferiore a quello periziato (spesso neppure citato nell'atto di vendita) costituisse una sorta di rinuncia all'affrancamento, determinando un calcolo della plusvalenza da cessione con riferimento non al valore periziato, ma a quello precedentemente rilevante (vale a dire il costo originario di acquisto a titolo oneroso o gratuito). I conseguenti accertamenti hanno dato luogo a un rilevante contenzioso (si veda, da ultimo, Il Sole 24 Ore dell'8 aprile scorso) generalmente a favore del contribuente, ma non sempre, come dimostrato dall'esito del primo grado di giudizio ribaltato dalla decisione della Ctr Campania in esame e dalle ordinanze 19351/2019 e 19352/2019 della Suprema corte che, rimettendo gli atti alla Sezioni unite per una fattispecie del tutto simile, citano un indirizzo divergente (definito minoritario), rappresentato dalle pronunce 19465/2016, 29184/2017 e 24136/2017.

Le Sezioni unite hanno confermato l'orientamento prevalente, riconoscendo che, una volta operata legittimamente la rideterminazione di valore, il contribuente non può essere assoggettato all'imposizione di una plusvalenza che non tenga conto di tale valore, anche laddove il corrispettivo di cessione riportato in atto sia inferiore (fattispecie che, peraltro, non determina alcuna minusvalenza fiscalmente rilevante). È vero che la perizia estimativa asseverata in base all'articolo 7 della legge 448/2001 non limita il potere di rettifica dell'ufficio. Ciò non significa, però, che fino a concorrenza del valore periziato il contribuente non abbia già assolto il debito tributario attraverso l'imposta sostitutiva e, di conseguenza, la tassazione ordinaria non possa che configurarsi nel caso, inverso, in cui il corrispettivo (dichiarato o presunto) sia superiore a tale valore asseverato. Riconoscendo, comunque, la rilevanza del valore periziato nell'ambito degli accertamenti aventi a oggetto le imposte indirette sul trasferimento (registro e ipocatastali) – pur non sussistendo un obbligo del contribuente di indicare in atto tale valore minimo – la Suprema corte mette la parola fine a queste "plusvalenza fantasma" e si attende che l'Agenzia detti con urgenza agli uffici i comportamenti da tenere per l'abbandono delle tanti liti in corso nei vari gradi di giudizio.

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