Urbanistica

Dl fiscale: cancellata la permuta negli affitti passivi della pubblica amministrazione

di Saverio Fossati

Razionalizzare il patrimonio pubblico per soddisfare le esigenze della Pubblica amministrazione: il Demanio “non baratterà”più immobili pubblici con uffici in base alle regole stabilite nel 2011 per effettuare queste operazioni con i privati.

Nel Dl fiscale viene infatti abrogato il comma 6-ter dell’articolo 6 del Dl 138/2011. Di fatto, si tratta di una norma piuttosto complessa (e che difatti non ha portato a nessun risultato).

Nella disposizione che verrà abrogata era previsto che (prioritariamente nelle aree a maggior disagio occupazionale e produttivo) l’agenzia del Demanio provvedesse a permutare immobili dello Stato (lasciando fuori solo quelli destinati agli enti locali dal “federalismo demaniale”) con altri immobili adeguati all’«uso governativo» (quindi a soddisfare le diverse esigenze di tutta la Pa). Il tutto con lo scopo di ridurre le locazioni passive, cioè gli affitti stipulati dalla Pubblica amministrazione con privati per ospitare le sue attività, oppure anche per spostare questa attività da immobili pubblici ma inadeguati in altri immobili (sempre pubblici, risultato delle permute) ma adatti.

Veniva anche previsto una sistema di percentuali per potere cedere in permuta immobili ancora occupati dalla Pa (in uso governativo, quindi gratis per la Pa occupante) che quindi sarebbero passati alla categoria delle locazioni passive (con un forte costo); insomma, una norma piuttosto confusa e contraddittoria che ora sarebbe abrogata dal nuovo Dl.

Scopo della cancellazione, si legge nella relazione illustrativa, è infatti quello di semplificare ma anche di evitare ulteriori disastri economici: la norma, in questi otto anni «non ha, sinora, trovato attuazione per svariate ragioni (mancata individuazione di beni disponibili, difficoltà collegate alla necessità di trasformare l’utilizzazione diretta di immobili in locazioni passive delle Amministrazioni Statali), tra cui da ultimo, anche le sopravvenute disponibilità di risorse economiche per finanziare interventi di rifunzionalizzazione che hanno reso percorribili operazioni di razionalizzazione di beni già di proprietà dello Stato in precedenza non valorizzati per mancanza di fondi».

Insomma, con l’abrogazione si darebbe «certezza a tale materia» e si eviterebbe il sorgere di nuove locazioni passive. Il Governo, in sostanza, afferma che, per ridurre le locazioni passive, occorre abrogare una norma nata con il preciso scopo di limitarle. Questa scelta, sollecitata dalla stessa Corte dei conti, la dice lunga sul bailamme normativo nel quale l’agenzia del Demanio, che saggiamente non si è addentrata in un ginepraio inestricabile dove si sarebbero potute realizzare permute di edifici anche già occupati dalla Pa che quindi avrebbe dovuto poi pagare un affitto, il tutto, chissà come, con un saldo positivo per i conti pubblici.

Sembra uno scherzo, cui ora la norma abrogativa mette fine, come recita la relazione tecnica, evitando «il sorgere di nuove locazioni passive (...). Infatti si prevede che possano formare oggetto di permuta anche immobili già detenuti in uso governativo da amministrazioni dello Stato fino alla percentuale massima del 75% della permuta. Ciò comporta la trasformazione degli utilizzi gratuiti in onerosi con conseguente incremento della spesa pubblica».

Del resto va ricordato che, in linea con le politiche di spending review dell’ultimo decennio, le più recenti leggi di stabilità hanno stanziato somme importanti per rifunzionalizzare i beni dello Stato e rendere concretamente possibile la riallocazione degli uffici pubblici; l’indirizzo, insomma, è di riqualificare l’esistente (comma 140 della egge 232/2017). Tra l’altro i beni disponibili da dare in permuta sono sempre meno.

Le permute con gli enti locali, invece, il Demanio le fa da tempo e profittevolmente, a scopo di razionalizzazione ma anche di render utilizzabili beni che attualmente non rivestono interesse per i reciproci proprietari.

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