Urbanistica

L’intervento. Nell’immobiliare ancora una norma fiscale anti-crescita

di Gabriele Buia*

Contro ogni logica, le ultime modifiche all’art. 96 del Testo Unico Imposte Redditi ci dicono che, al di là di annunci e buone intenzioni, la politica, invece di sostenere la crescita dell’economia, dell’occupazione e la ripresa del Paese, pensa solo a fare cassa nel breve periodo, vessando ancora una volta il settore dell’edilizia e della promozione immobiliare, che di quella ripresa dovrebbero essere protagonisti. Come si può spiegare altrimenti la decisione miope di aumentare la pressione fiscale su un comparto che ha già pagato pesantemente di tasca propria gli effetti della crisi e soffre di una liquidità fortemente ridotta?

Il Dlgs, approvato in via definitiva qualche giorno fa in attuazione di una direttiva Ue (malamente interpretata), dispone, infatti, il taglio secco della deducibilità degli interessi passivi sui finanziamenti ipotecari, mettendo così seriamente a rischio qualsiasi investimento in corso da parte di fondi, società immobiliari o imprese di costruzioni che gestiscono patrimoni destinati alla locazione. Il che vuol dire che sarà ulteriormente disincentivato realizzare in futuro ogni intervento di rigenerazione urbana, che a parole, invece, tutti sembrano volere.

Questa misura appare in totale contraddizione con quanto il governo sembra intenzionato a fare promuovendo una massiccia cessione di asset pubblici da destinare al comparto privato, affinché ne promuova investimenti e riqualificazioni per la successiva messa a reddito. Reddito che con questo nuovo regime fiscale verrà seriamente compromesso.

Non solo. La norma incide anche su un’importante componente di investimenti pubblici: da Bankitalia a Cdp, dai fondi previdenziali ai quotisti pubblici di fondi diffusi sui territori per la realizzazione di patrimoni immobiliari destinati anche ad housing sociale da cedere in locazione: nessuno si sottrarrà alla mannaia che cala su bilanci e rendite di questi soggetti.

Gli investitori privati, specialmente esteri, sono pronti ad andarsene dal nostro Paese, proprio quando ci sarebbe enorme bisogno di promuovere sviluppo e sostenere un mercato, che presenta grandi potenzialità e richiede sempre maggiori asset da cedere in locazione ad aziende, studenti, anziani: una domanda in forte crescita e priva di prodotto adeguato sul mercato. Le abitudini stanno cambiando, alla proprietà si preferisce l’uso, spesso temporaneo, con una serie di servizi a contorno, come nella maggior parte dei paesi europei. Occorrerebbe che la politica ne prendesse atto.

Il mercato dell’affitto è già ampiamente vessato: nelle locazioni viviamo la penalizzazione del pro-rata Iva, l’indetraibilità Iva per manutenzioni ordinarie e straordinarie, l’esclusione delle locazioni residenziali quali beni strumentali per l’attività di impresa.

Qualcuno dovrà spiegare perché dobbiamo rinunciare a qualche decina di miliardi di investimenti programmati, ma non ancora eseguiti, mettendo a rischio ogni altra ulteriore programmazione futura. Al Nord Italia, ma anche nelle grandi città del Centro e del Sud del Paese.

Eppure la precarietà finanziaria e i rischi ai quali il nostro Paese è esposto con un livello di spread così alto dovrebbero indurre a ponderare bene qualsiasi intervento possa deprimere gli investimenti e sferrare un nuovo colpo alla credibilità del nostro Paese. Cito Corrado Trabacchi, Investment Director, Head of Italy di Orion Capital Managers: «Un provvedimento di questo genere è completamente privo di senso. Gli interessi bancari sono un costo reale per chi investe nel settore immobiliare in Italia, specialmente ora che un maggiore spread si sta riflettendo in interessi passivi più onerosi». Con la limitazione della deducibilità si impone un fermo agli investimenti e si riducono le entrate fiscali.

Se il Governo intende realmente far tornare a crescere Pil e occupazione deve sintonizzarsi con urgenza su quel che serve al Paese, alle imprese e ai cittadini che certo nulla hanno da guadagnare da un impoverimento ulteriore di uno dei settori imprenditoriali determinante per la ripresa del mercato interno e lo sviluppo/competitività delle nostre città.

* presidente dell’Ance

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