Urbanistica

Agenzia delle Entrate: crescita più lenta delle compravendite nelle grandi città

di Emiliano Sgambato

Da aprile a giugno in Italia sono state concluse 153.693 compravendite, il 5,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2017. Una variazione superiore al +4,3% registrato nel primo trimestre e che alcuni avevano letto come un primo segnale di rallentamento della crescita che dura ormai ininterrottamente da 4 anni (per la precisione da 13 trimestri).

A guardare nel dettaglio i dati diffusi venerdì dall’Agenzia delle Entrate rimane però un elemento di criticità che già era emerso, in maniera anche più marcata, dalla rilevazione del primo trimestre; e cioè come le grandi città crescano meno della metà della media nazionale. Negli otto centri maggiori la variazione delle compravendite da aprile a giugno è stata del +2,5%. Va meglio in provincia: i capoluoghi crescono del 5,1%, i non capoluoghi del 5,9%. L’andamento non è omogeneo: si va da Firenze e Genova che segnano un +4,7% – dopo cali del primo trimestre di, rispettivamente, -1,1% e -3% – al +4,4% di Milano dopo il +3,9% del periodo precedente. L’unico segno negativo – ed è la terza volta di seguito – riguarda Roma, che è ancora la “grande malata” del mercato, nonostante i rialzi (più contenuti rispetto ad altre piazze) segnati dal 2015 al 2017 e il primato di transazioni in termini assoluti (8.535 nel secondo trimestre contro le 6.674 di Milano, chiude Firenze con 1.462).

Se nel complesso il mercato nazionale è quindi in lenta ma costante ripresa, non si può non notare la mancanza della spinta propulsiva delle grandi città, che in genere anticipano le tendenze di almeno un semestre. «La crescita totale dal 2014 è comunque più intensa lì che altrove . Il dato del primo semestre – commenta Luca Dondi, ad di Nomisma – deve quindi essere letto come maggiore reattività dei grandi centri ad adeguarsi alle mutate condizioni congiunturali più che allo spostamento della domanda verso i mercati secondari. Il caso di Roma va oltre queste dinamiche e va ricondotto alla fragilità reddituale (il Lazio è una delle regioni in cui il Pil pro capite è calato di più), con conseguente selettività del sistema creditizio e all’attendismo della componente di investimento». Componente da cui viene una nota positiva: seppur ancora residuale e non determinate, è passata in un anno dal 6,1 al 15,4%. Nomisma stima che a fine anno si arriverà a 566mila compravendite, ma nell’ultimo report ha rivisto al ribasso le previsioni per il 2019 e il 2020 a 586mila e 594mila scambi.

Sul fronte mutui, Crif segnala da giugno un ritorno della domanda in terreno positivo (+4,6% l’ultimo dato di agosto) dopo un intero primo semestre negativo (soprattutto per il calo del bacino delle surroghe). Scenari Immobiliari – il Forum di Santa Margherita si è tenuto nel weekend (vedi a pagina 3 e .Casa del 10 settembre) – sottolinea come il fatturato del mattone italiano sia sì in crescita (+5,3%) ma molto meno che in Europa. Del resto un mercato dove aumentano gli acquisti ma i prezzi restano al palo non può ritenersi certo in buona salute. Su questo fronte alcuni operatori si mostrano però più ottimisti, proprio a partire dalle città: secondo i dati diffusi da Tecnocasa giovedì scorso, i prezzi sono saliti a Bologna del 4,6%, del 3,8% a Milano, dell’1,3% a Napoli e dello 0,9% a Firenze. Però Roma cala ancora di quasi un punto.

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