Urbanistica

Immobiliare, la Cassazione dirà (finalmente) se è nulla la vendita di un cespite con irregolarità urbanistica

di Pietro Verna

È valido l'atto di compravendita di un immobile sul quale sono stati eseguiti interventi non conformi al titolo abilitativo edilizio? È il quesito che la II Sezione Civile della Corte di Cassazione ( ordinanza 30 luglio 2018, n.20061 ) ha posto alle Sezioni Unite per risolvere il contrasto giurisprudenziale circa la natura formale o sostanziale della nullità degli atti di trasferimento di diritti reali sugli immobili, prevista dall'articolo 46, comma 1, del Testo unico dell'edilizia- TUA (« Gli atti tra vivi [...] aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti […] sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria»).

La vicenda processuale
La querelle vede quali parti in causa due coniugi in regime di separazione, uno dei quali aveva fittiziamente intestato alla consorte un immobile che poi aveva ristrutturato con una serie di interventi non conformi alla concessione edilizia. Immobile che la consorte aveva ceduto a terzi con regolare rogito notarile alle prime avvisaglie della crisi coniugale. Fatto, questo, che innescava la vicenda processuale approdata in Cassazione: (i) il coniuge conveniva davanti Tribunale di Nola la consorte per sentir dichiarare la nullità della compravendita perché l'immobile era difforme dal progetto di ristrutturazione autorizzato dal titolo edilizio; (ii) la pronuncia sfavorevole del Tribunale, secondo cui il contratto di compravendita non poteva essere nullo “perché gli estremi [della] concessione edilizia risultavano menzionati nel contratto stesso“; (iii) la sentenza della Corte territoriale di Napoli che ribadiva la validità della compravendita facendo rilevare che l'articolo 46, comma 4, del TUA sanziona con la nullità “la sola violazione dell'obbligo, di natura formale, di indicare nel contratto gli estremi della concessione”.

Orientamenti giurisprudenziali contrapposti
Sulla nullità degli atti negoziali di diritti reali per violazione delle norme in materia urbanistica ed edilizia, si registrano due orientamenti giurisprudenziali. Secondo l'orientamento più risalente (ex plurimis, Cassazione, sentenze nn. 14025/1999, 5068/2001, 5898/2004), l'indicazione nell'atto degli estremi del titolo edilizio ex articolo 46, comma 4, del TUA costituisce una tutela per l'acquirente, il quale tramite tale indicazione è messo in condizione di controllare la conformità dell'immobile alle risultanze del titolo o della concessione in sanatoria, con la conseguenza che soltanto la mancanza di tale indicazione (e non anche la difformità dall'immobile) comporta la nullità del negozio. Ragione per la quale la sola menzione degli estremi del titolo edilizio è di per sé sufficiente ad assicurare la validità del negozio. Mentre l'orientamento giurisprudenziale più recente ( Cassazione, sentenze nn.23591/2013 e 28194/2013) trae dal citato articolo 46, comma 4, “il principio generale della nullità (di carattere sostanziale) degli atti di trasferimento di immobili in regola con la disciplina urbanistica o per i quali è in corso la regolarizzazione, cui si aggiunge una nullità (di carattere formale) per gli atti di trasferimento di immobili in regola con la normativa urbanistica ”. Il che implica che per la validità del negozio non può ritenersi sufficiente la sola menzione del titolo edilizio (requisito formale) ma deve necessariamente sussistere anche la conformità del fabbricato a tale titolo (requisito sostanziale), altrimenti si correrebbe il rischio di ritenere nullo un contratto avente ad oggetto un immobile in regola con le norme urbanistiche (per il vizio formale della mancata menzione nell'atto del titolo edilizio) e valido un contratto avente ad oggetto un immobile anche totalmente difforme dal titolo edilizio menzionato nel contratto.

La rimessione alle Sezioni Unite
L'ordinanza di rimessione muove dall'esigenza di riconsiderare la tesi della nullità sostanziale sostenuta con le pronunce nn.23591/2013 e 28194/2013 per due ordini di motivi. In primis perché penalizza gli interessi della parte acquirente, in quanto quest'ultima “si vede esposta, con la dichiarazione di nullità dell'atto di trasferimento, alla perdita dell'immobile […] pure in situazioni nelle quali aveva fatto incolpevole affidamento sulla validità dell'atto”. In secondo luogo perché tale tesi finisce con il far dipendere la validità dell'atto da valutazioni- quali quelle legate alla differenza tra variazione essenziale e variazione non essenziale al permesso di costruire - che lasciano spazio a “non pochi margini di opinabilità” , se si considera che la verifica della gravità dell'irregolarità urbanistica “è demandata dalla legge alle amministrazioni municipali le cui normative […] non sempre forniscono criteri di valutazione idonei ad orientare con chiarezza e certezza le valutazioni dei tecnici delle parti contraenti e dello stesso notaio rogante”.

L’ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione depositata il 30 luglio 2018

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