Urbanistica

Ristrutturazione di immobili altrui: la Cassazione riconosce la detrazione dell'Iva

di Pietro Verna

Il diritto alla detrazione dell'Iva per lavori di ristrutturazione o manutenzione di beni immobili deve essere riconosciuto anche nel caso in cui tali beni siano di proprietà di terzi, a condizione che sussista un nesso di strumentalità con l'attività d'impresa o professionale, benché questa sia potenziale e non sia stata poi effettivamente svolta per cause estranee al contribuente. Con l'enunciazione di questo principio di diritto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza 11 maggio 2018,n. 11533) si sono pronunciate sulla annosa questione riguardante la detraibilità dell'Iva pagata in occasione del sostenimento delle spese di ristrutturazione degli immobili detenuti in locazione e la deducibilità delle stesse spese.

Questione che la Sezione tributaria aveva posto (ordinanza 22 settembre 2017, n. 22089) per risolvere il contrasto fra due indirizzi giurisprudenziali sorto all'interno della stessa della

Sezione:
a) un indirizzo secondo cui è irrilevante la circostanza che l'imprenditore detentore del fondo non sia proprietario (o lo sia solo in parte), giacché questi, oltre ad essere legittimato a eseguire le opere di miglioramento/ristrutturazione che gli consentano il miglior esercizio dell'attività imprenditoriale, «è anche il destinatario della norma agevolativa fiscale che ha per oggetto le spese incrementative del valore dei beni che si trovano nella sua disponibilità e che vengono eseguite al fine di migliorare la redditività dell'impresa» (sentenza 16 febbraio 2010, n.3544 );

b) l'altro, fatto proprio dall'Agenzia delle Entrate, secondo il quale la detrazione Iva deve essere esclusa per i fabbricati abitativi che risultino tali dalle risultanze catastali (ex plurimis, sentenze 11 dicembre 2013, n. 27690 e 10 febbraio 2006, n. 2939). Esclusione sovente motivata dalla preoccupazione che il contratto di locazione potesse essere stato predisposto «allo scopo di consentire al conduttore una detrazione di cui il proprietario dell'immobile in quanto consumatore finale non avrebbe potuto aver diritto».

La vicenda processuale
Una S.r.l. operante nel settore turistico- alberghiero aveva impugnato tre avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2003, 2004 e 2005 con i quali veniva recuperata l' Iva ritenuta indebitamente detratta, in relazione a spese di ristrutturazione di un complesso immobiliare detenuto in locazione dalla stessa società. In parziale riforma della pronuncia di primo grado la Commissione tributaria regionale della Toscana (Ctr) confermava la legittimità della pretesa tributaria per mancanza del nesso di strumentalità tra gli interventi di ristrutturazione e l'attività dell'impresa sia perché al momento della ristrutturazione il complesso immobiliare era censito in categoria catastale A/2 (Abitazioni di tipo civile), sia perché si trattava di immobile di proprietà di terzi.

Decisione contro la quale la ricorrente aveva proposto con ricorso alla Suprema Corte per violazione dell'articolo 19 –bis.1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), sostenendo che il complesso immobiliare era destinato all'attività di impresa turistica, “tanto che al termine della ristrutturazione era stata assegnata la categoria D/2 “ (Alberghi e pensioni con fine di lucro).

La decisione della Corte di Cassazione
Le Sezioni Unite hanno stabilito che il diritto alla detrazione dell'IVA in presenza di spese incrementative su immobili di terzi spetta indipendentemente dalla categoria catastale dell'immobile, a condizione che vi sia un nesso di strumentalità tra il bene e l'attività di impresa o professionale esercitata dal soggetto passivo; nesso che viene meno soltanto quando l'attività economica anche potenziale cui avrebbe dovuto accedere non sia stata intrapresa per circostanze non estranee al contribuente.

Il che - argomentano le SS.UU. – è in linea con il consolidato orientamento della Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenze: 28 febbraio 2018, C672/16; 14 settembre 2017, C-132/16; 18 luglio 2013, C-124/12 e 29 ottobre 2009, C-29/08), in base al quale il diritto alla detrazione spetta al contribuente anche se per sopravvenute circostanze questi si trovi nella condizione di non poter utilizzare i beni che hanno consentito la detrazione dell'Iva.

Di qui il principio di diritto enunciato del Supremo Collegio: «Deve riconoscersi il diritto alla detrazione Iva per lavori di ristrutturazione o manutenzione anche in ipotesi di immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità con l'attività d'impresa o professionale, anche se quest'ultima sia potenziale o di prospettiva. E ciò pur se – per cause estranee al contribuente – la predetta attività non abbia poi potuto concretamente esercitarsi».

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