Urbanistica

Immobiliare, Abbadessa (Hines): investiremo 1,5 miliardi in «trophy asset», peccato non poterlo fare a Roma

di Massimo Frontera

Tanti soldi da investire nelle valorizzazioni immobiliari, con poche possibilità - però - di concludere affari a Roma, che resta, potenzialmente, la città più interessante. È questo, in sintesi il paradosso che sta vivendo Hines Italia, la filiale italiana del big Usa del real estate, sbarcato in Italia nel 1999, con l'immobiliarista e finanziare milanese Manfredi Catella. Dal novembre del 2015, le attività del gruppo Hines in Italia sono affidate a Mario Abbadessa. «Negli ultimi 24 mesi - esordisce il manager - abbiamo investito quasi un miliardo di euro, principalmente a Milano e in un caso a Firenze». Tutti gli investimenti sono noti (la lista è accessibile al link più in basso). È anche noto il modello di Hines: acquisto di interi fabbricati in posizioni pregiate, riqualificazione di alta qualità per realizzare prodotti ben individuati (studentati, residenze o uffici) e, infine, messa a reddito con ritorni stabili e di lungo termine.

INVESTIMENTI PER UN MILIARDO, TRA MILANO E FIRENZE

La nuova divisione dedicata al "living"
Accanto alla direzione dedicata alle operazioni nel settore del terziario uffici e del retail, il gruppo ha creato in Italia una nuova divisione dedicata al mercato residenziale, con il compito di sviluppare prodotti ad hoc. «Quest'anno - ricorda Abbadessa - abbiamo aperto una seconda divisione, dedicata al "living", che si articola su tutto il residenziale in affitto. Per ora siamo forti nello student housing, dove abbiamo comprato un progetto a Milano, davanti alla Bocconi, per un investimento complessivo di quasi 100 milioni. Poi siamo molto forti nella gestione del residenziale short term, cioè affitti brevi, dove stiamo realizzando 250 unità a Firenze. E vogliamo entrare anche nel mercato del "senior living" e nel mercato "multifamily": condomini per famiglie da mettere in affitto con contratti 4+4».
Tutte operazioni che guardano al lungo termine: «non palazzi da frazionare e vendere - sottolinea Abbadessa - ma condomini da progettare ex novo per l'affitto». Nel settore "living", Abbadessa anticipa che a breve saranno perfezionate due operazioni: una a Milano, sempre nel quartiere Bicocca, l'altra a Firenze, sempre in zona Tornabuoni. In tutti e due i casi si tratta di prodotti destinati a studenti e giovani professionisti.

Il capitale: 1,5 miliardi da investire nei prossimi due anni
I numeri? «Abbiamo 700 milioni di equity da investire nel business tradizionale, cioè business e retail, anche grazie alla Jv sottoscritta con il fondo pensione olandese Pggm. E abbiamo altri 300 milioni da investire nella parte living». «Quindi - riassume il country manager per l'Italia di Hines - abbiamo una dotazione complessiva di un miliardo di euro, che ci consente di comprare asset per un controvalore di 1,5 miliardi nei prossimi 24 mesi».

Le quattro città dove fare business: Milano, Venezia, Firenze e Roma (ehm)
«Noi - spiega sempre Abbadessa - investiamo in quattro piazze: Milano, soprattutto, Firenze e Venezia, che grazie al loro flusso turistico sono dei mercati pazzeschi. E poi c'è Roma, dove c'è il mercato forse più interessante a livello europeo, ma è anche il mercato più complicato e ancora troppo poco trasparente. E infatti ancora non siamo riusciti a entrare».
Perché non è stato possibile entrare nel mercato Romano? «Il mercato locale - risponde il manager - è poco trasparente, non si riesce a dialogare». Per andare sul sicuro, spiega l'immobiliarista, bisognerebbe trovare «investitori internazionali o investitori istituzionali "super", tipo Cdp, da cui è possibile comprare oggetti trasparenti e ben spiegati, senza rischi». «Ma questi immobili - aggiunge - diventano interessanti per chiunque».
«A Milano - aggiunge il Abbadessa (ricordando che è la città dove il gruppo ha deciso di aprire la sua sede fin dallo sbarco in Italia) - noi facciamo anche operazioni con privati, anche perché siamo presenti e abbiamo un vantaggio competitivo rispetto ai fondi internazionali. Invece a Roma c'è un ambiente un po' pericoloso da tanti punti di vista: abbiamo anche speso tati soldi in analisi, ma senza risultati concreti».

Che differenza c'è tra Roma e Milano da questo punto di vista?
Se a Roma trovi un'opportunità da 500 milioni, ci metti un anno e poi magari non la fai neanche. A Milano invece, in due anni abbiamo investito quasi il doppio e non abbiamo avuto nessun tipo di problema, ma solo soddisfazioni.

E poi ?
A Milano c'è una classe dirigente che ha un determinato tipo di approccio, assolutamente paragonabile alle municipalità di altri paesi europei. Abbiamo progetti a Dublino, Londra, Francoforte, Monaco, Parigi, Madrid. Il comune di Milano è assolutamente reattivo e offre la massima trasparenza e una grande competenza. Ovviamente, è un'organizzazione pubblica che ha i suoi tempi, che vanno rispettati, ma non ci siamo mai trovati in imbarazzo.

E Roma?
Credo che il problema sia il modo in cui è organizzato il Comune. In ogni caso, la conseguenza pratica è che a Roma è difficile fare dei programmi a lungo termine. A Milano, se compri un terreno sai anche che in un anno ottieni i permessi. A Roma no, non si sa, si viaggia nel buio. Per me - che devo dare conto agli investori - è difficilissimo dare un "blessing" sulla tempistica. Sicuramente, c'è un grado di non professionalità della classe dirigente che rende molto difficile a me, che lavoro in America, andare a spiegare perché, per esempio, a Roma devo prendere cinque geometri quando a Milano me ne basta uno. È troppo complicato.

Dunque niente business nella Capitale?
Se lei ci pensa, non esiste in tutta Europa una Capitale di quattro milioni di abitanti con un patrimonio immobiliare così dismesso, con un livello pessimo di qualità in tutti i segmenti: palazzi, studentati, negozi, uffici. Questo rappresenta per noi un'opportunità unica. A Francoforte, a Monaco o a Parigi, è già quasi tutto perfetto, non c'è tanto valore aggiunto da dare. Il lavoro è, semmai, inventare cose nuove. A Roma, invece, vanno riqualificati tutti i palazzi in via del Corso. È una opportunità fantastica, unica per chi, come noi, fa il lavoro di riposizionare immobili. Però, purtroppo, c'è questo fattore ambientale che non permette di entrare nel mercato. Questa è la verità.

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