Urbanistica

Immobiliare/3. Così la casa non è «tossica» (ma anzi è certificata)

Fumi e sostanze nocive, stress da inquinamento ambientale e acustico. In un periodo in cui i valori delle polveri sottili (specie nelle grandi città del Nord) sono alle stelle, il problema non si può semplicemente “chiudere” fuori dalla porta di casa. Anzi, proprio al riparo fra le pareti domestiche si rischia di respirare in media cinque volte peggio che in strada.

Uno studio condotto dall’Università di Harvard (e diffuso da Gbc) dimostra come la scarsa qualità dell’aria di un ambiente abbatta drasticamente le abilità cognitive; lo scorretto utilizzo dell’illuminazione comporti danni sul comportamento e sistema metabolico; la gestione delle temperature influisca per 10% delle performance lavorative; gli indicatori di stress reagiscano a determinati impulsi cromatici; il sistema uditivo, se disturbato, comporti un rendimento professionale peggiore del 66%. L’8% delle patologie di cui soffriamo (da un “semplice” mal di testa a problemi respiratori o psichici, fino a malattie gravi come tumori o affezioni cardiovascolari) possono derivare, secondo gli esperti, dall’ambiente in cui viviamo.

Un rimedio per tirare un respiro di sollievo, però, c’è. Scegliere cosa “mettersi in casa” in modo consapevole, aiuta a migliorare la qualità della vita. Dal livello più strutturale (costruire bene e senza ponti termici, isolare la casa con materiali naturali come canapa, fibra di legno o sughero, inserire un impianto di ventilazione meccanica controllata, per garantire un ricambio di aria costante, meglio se associato a un sistema di filtraggio) fino a comprare con attenzione un mobile, un parquet, un materasso o un detersivo. Perché anche nelle piccole scelte, è possibile guadagnare in salute. Molto più di quanto si pensi.

Lo premettiamo: i prodotti citati in questo pezzo sono solo l’indicazione di un mercato (molto più vasto) che ogni giorno investe in tecnologia a servizio del miglioramento del comfort e della salubrità indoor. Innanzitutto, cosa ci aiuta a compiere la scelta? «Dalle pareti ai pavimenti, agli arredi – spiega Leopoldo Busa, esperto, architetto e fondatore del protocollo Biosafe – un aiuto all’acquisto arriva dalle certificazioni rilasciate, a livello internazionale, da enti terzi che svolgono analisi sulla biocompatibilità. Solo per citare i più famosi, parliamo del bollino francese che discende dal Decret 321 del 2011; del marchio Ecolabel; la certificazione di prodotto Gav Emicode o la certificazione Greenguard».

Strutture portanti a parte, primo punto è definire bene cosa mettiamo sulle pareti: intonaco, vernici, carte da parati. Optare per un composto a base di calce naturale (anziché cemento) è una buona base di partenza. Inserire una parete sgargiante o lucida può comportare senza dubbio un aumento della presenza di inquinanti. Meglio le tinte tenui. Parlando di prodotti, Naturalia Bau (certificato Biosafe) propone intonaci a base calce e argilla, di facile applicazione e che non rilasciano sostanze chimiche e nocive. Ma anche grandi player (dalla Rofix alla Mapei) investono sulla riduzione di sostanze tossiche. Marchi come Durga, Spring Color, Thermovital, Primat o Solas propongono vernici e biopitture a basse emissioni. Airlite commercializza addirittura una vernice in grado di “mangiare” lo sporco nell'aria, all'aperto o all'interno di un edificio, depurandola dall’88% dell’inquinamento.

Passando ai rivestimenti, Gerflor ha creato un gruppo multispecialistico per studiare pavimenti eco-compatibili (con l’uso di materiali riciclati ed emissioni Voc inferiori agli standard di legge). Fiemme 3000 ha fatto eseguire sui propri parquet una ricerca da Cnr-Ivalsa e ha certificato – dati scientifici alla mano – le basse emissioni; scoprendo addirittura che alcune sostanze presenti nei loro legni (ad esempio, i cosiddetti terpeni) possono avere un effetto terapeutico. Alla salubrità è ispirata anche l'ultima collezione di WoodCo: i parquet Alpen Parkett One, in rovere europeo, utilizzano vernici all’acqua e atossiche, senza solventi e con olio-cera Osmo, che nutre e protegge la fibra del legno. Più in generale, il legno massello (commercializzato anche da artigiani e non trattato) è sempre una scelta biocompatibile, previa verifica delle certificazioni, anche per sapere l’origine dell’essenza.

Per ciò che riguarda le finestre, gli infissi Roto sono certificate a basse emissioni nocive. Sul piano degli arredi, le opzioni “biocompatbili” sono molte: optare per un manufatto a incastro (che non abbia colle di connessione) è un indicatore di cui tener conto. Guardando al materasso (uno dei punti più inquinati della casa, secondo gli esperti), la Dorelan è stata la prima azienda in Italia a ricevere la Certificazione Garanzia di Igiene, rilasciata dall’ente Bureau Veritas. La stessa che viene prevista per la conservazione dei cibi. Infine, attenzione ai prodotti per le pulizie. Qui, più che mai, occorre prestare guardare al marchio Ecolabel.

In un edificio progettato per il benessere dei suoi abitanti i parametri da rispettare riguardano la qualità di aria, acqua, luce, comfort e , più in generale, benessere fisico e mentale. A misurare le performance (ben oltre quindi la “semplice” osservazione dei requisiti dell’involucro in termini di efficienza e prestazioni energetiche) sono alcuni protocolli pensati per alzare l’asticella della vivibilità delle costruzioni.

In arrivo dagli Stati Uniti (e parte della grande famiglia Leed) è il rating immobiliare Well, presentato in Italia in autunno. Fra gli aspetti che vengono certificati, c’è non solo la qualità dei materiali impiegati per la costruzione, ma anche, ad esempio – tenendo conto che l’attestato è nato soprattutto per un’applicazione in ambito terziario, dagli ospedali alle scuole – la salubrità dei cibi che vengono serviti in tavola. Well è pensato soprattutto per edifici di grandi dimensioni, ma in Italia è in fase di test su abitazioni private.

Studiato per un mercato più residenziale è CasaClima Nature. Il protocollo (frutto dell’esperienza dell’Agenzia CasaClima di Bolzano) certifica un edificio non solo dal punto di vista energetico, ma anche in relazione agli impatti sull’ambiente, sulla salute e sul benessere. Il sistema introduce una valutazione oggettiva dell’ecocompatibilità dei materiali e dei sistemi impiegati nella costruzione e dell’impatto idrico dell’edificio. Sono inoltre richiesti precisi requisiti per la qualità dell’aria interna, per l’illuminazione naturale, per il comfort acustico e per la protezione dal gas radon. Infine, è tarato appositamente per la qualità dell’aria indoor (rappresenta in questo un caso unico in Italia) il protocollo sviluppato da Biosafe. Lo standard è nato lo scorso anno, è al 100% italiano e viene declinato a seconda delle caratteristiche dell’edificio che deve essere vagliato. Quattro le fasi previste: il test dei materiali e delle relative emissioni nella stesura del progetto, la gestione delle lavorazioni e la pulizia in fase di cantiere, un’analisi diretta sul manufatto della qualità dell’aria con metodo standard (UNI-EN 14412) per verificare assenza di inquinanti (come formaldeide, acetaldeide, acroleina, propanale, tricloroetilene) e un monitoraggio in fase post lavori, quando l’edificio inizia a essere abitato. I primi edifici sono già stati certificati: un insediamento residenziale a Verona Dolci Colli, un ufficio a Mantova, e due scuole, nel Salento e a Masano (Bs).

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