Urbanistica

Demanio/3. Reggi al secondo mandato, con l'obiettivo delle trasformazioni urbane

di Massimo Frontera

Meno vendite ma più beni trasferiti agli enti locali, più valorizzazioni e più risparmi per la pubblica amministrazione. E soprattutto più trasformazioni urbane. Il direttore del Demanio, Roberto Reggi incassa un secondo mandato di tre anni per premere per continuare a "cucinare" la carne messa sul fuoco in questi ultimi anni.
Le vendite - come emerge dal resoconto diffuso dall'Agenzia - continuano a scendere, e così sarà anche nel prossimo futuro, in nome della più recente linea del Mef che intende privilegiare le operazioni per trasformare e mettere in efficienza il patrimonio esistente, più che puntare a far cassa vendendolo. Meglio semmai abbattere i costi di gestione per la Pa oppure montare operazioni immobiliari che prevedono una messa a reddito a livelli di mercato degli spazi disponibili. Le vendite nel 2016 hanno segnato un valore di 783 milioni, il più basso degli ultimi anni, dopo i 942 milioni del 2015 e la cifra di 1,241 miliardi nel 2014. Tutte vendite «coerenti con gli indirizzi del Mef», la cui quota maggiore è costituita dalle vendite di immobili di Enti locali. Enti locali che, grazie al federalismo demaniale (e culturale) finora hanno incassato - secondo quanto indicato nel bilancio dell'attività svolta dall'Agenzia nel periodo 2014-2017 - 4.462 asset, pari a un valore di 1,6 miliardi circa. Le amministrazioni coinvolte sono state 1.324.

L'indice che meglio individua il recupero di valore del patrimonio pubblico è quello che dato dal rapporto tra il numero dei beni gestiti e il loro valore. Rapporto che è andato progressivamente migliorando negli anni. Alla fine del 2013, il Demanio aveva in bilancio 47.068 asset per un valore di libro pari a 57,82 milioni di euro. Da allora, il numero degli asset è andato diminuendo, fino ad arrivare alle 43.258 unità censiti a metà 2017 (cioè con una diminuzione di 3.810 beni in tre anni e mezzo) ma a fronte di un valore salito a 60,12 milioni di euro, pari a un incremento di 2,3 miliardi di valore.

Come anticipato dal direttore Reggi, la spesa per lavori è andata aumentando nel corso del tempo, passando dai quasi 22 milioni nel 2015 ai 38,34 milioni del 2016, per arrivare e a 45 milioni di previsione 2017. Ma il principale capitolo investimenti è quello dei federal building, che vale 1,215 miliardi di euro. Un maxi-piano che ha preso avvio per step, man mano che si risolvono anche i problemi legati al trasferimento di uffici e funzioni pubbliche. Il primo beneficio economico è quello della riduzione della spesa per le locazioni passive. Ma gli interventi mettono in moto anche rilevanti operazioni di riqualificazione immobiliare e di valorizzazione di ambiti urbani. Il programma deve ancora dispiegarsi per arrivare ai numeri attesi. Complessivamente, i federal building esprimono 1,215 miliardi di investimenti per 34 operazioni complessivamente pianificate in Italia. Di queste, dieci sono «in corso o in avvio», per 398 milioni di euro. Altre 11 iniziative sono in fase di progettazione, per 384 milioni. Un capitolo a parte sono le 13 cittadelle della giustizia, in fase di progettazione, per 433 milioni di investimento. Queste le città interessate dalle operazioni: Aosta, Bari, Belluno, Benevento, Bologna (2 iniziative), Cagliari, Caserta, Catania, Catanzaro, Chieti, Como, Firenze (2 iniziative), Messina, Milano, Napoli, Novara, Perugia, Potenza, Reggio Calabria (2 iniziative), Roma (5 iniziative), Rovigo, Salerno, Sassari, Torino, Udine, Venezia, Vercelli.

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