Urbanistica

Sismabonus/1. Scoppia il caso capannoni: il tetto a 96mila euro frena gli interventi

di Giuseppe Latour

Il sismabonus per i capannoni rischia di schiantarsi su una norma scritta male. L'imprecisione è nota da diverse settimane agli operatori del settore ma, con il passare dei giorni, ha assunto sempre più consistenza, dopo l'arrivo di molte conferme autorevoli, Agenzia delle Entrate in testa: il tetto da 96mila euro, indicato dall'ultima legge di Bilancio (legge n. 232 del 2016) come limite massimo per le operazioni di messa in sicurezza, vale anche per gli edifici produttivi, esattamente come per gli appartamenti. Il risultato è che ai capannoni si applica un tetto molto basso, che sta costringendo qualcuno a inventarsi soluzioni fantasiose, come i frazionamenti fittizi, e che comunque potrebbe limitare di molto l'impatto del bonus fiscale in termini di investimenti mobilitati.

La questione affonda le sue radici proprio nella legge di Bilancio. Qui viene disegnato il nuovo meccanismo che, come noto, prevede il sistema della diagnosi sismica e del salto di classe, che viene premiato con sconti crescenti, fino a un massimo dell'85%. Nel testo si pone un limite per le spesse che è possibile portare in detrazione, pari a 96mila euro per "unità immobiliare". Quanto ai condomini, viene specificato che questo tetto va "moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio". In altre parole, la manovra è stata scritta pensando agli edifici residenziali ma non ha considerato che il nuovo sistema di messa in sicurezza sarebbe stato utilizzato anche per i capannoni.

Il decreto ministeriale di attuazione della legge di Bilancio ha, infatti, addirittura previsto una procedura semplificata per gli edifici produttivi, consentendo di evitare la diagnosi preventiva e di incassare il bonus soltanto tramite alcuni "interventi di rafforzamento locale" elencati dalla legge. Quindi, nei disegni del ministero delle Infrastrutture i capannoni avrebbero potuto mobilitare molti investimenti.

Questo, però, rischia di non accadere, perché la definizione di unità immobiliare, data dalla manovra, si adatta perfettamente agli appartamenti ma sta stretta ai capannoni. Un edificio produttivo, cioè, è formalmente un'unità immobiliare singola e, come tale, deve sottostare al limite unico di 96mila euro. Una vera tagliola per strutture che misurano anche migliaia di metri quadrati, sulle quali è possibile fare molti interventi di messa in sicurezza: dalle coperture all'involucro, passando per gli elementi portanti e le fondazioni.
Molte imprese in tutta Italia si sono già accorte del problema e hanno segnalato la questione all'Agenzia delle Entrate. Che, però, ha le mani legate da una norma che parla molto chiaro: impossibile sciogliere il nodo in via interpretativa. Serve, insomma, una correzione della legge. Nel frattempo, qualcuno si sta inventando soluzioni creative e sta facendo ricorso a frazionamenti fittizi, pensati proprio per moltiplicare lo sconto fiscale. Si tratta, però, chiaramente di soluzioni dal respiro cortissimo.

E questo non è l'unico problema sul tavolo. Le linee guida del ministero delle Infrastrutture, proprio nella parte che riguarda gli edifici produttivi, presentano diversi problemi di carattere tecnico: Ingegneria sismica italiana (Isi) ha raccolto nelle ultime settimane i dubbi di parecchi operatori in tutto il paese. Nei prossimi giorni presenterà un documento che analizza la questione in dettaglio ma, nella sostanza, il problema è che le procedure semplificate ipotizzate dalle linee guida si adattano male alla complessità degli interventi sui capannoni. Difficile progettare un intervento senza diagnosi preventiva e senza verifica di sicurezza successiva, peraltro già prevista dalle norme speciali scritte per l'emergenza in Emilia Romagna, proprio per i capannoni. Sarebbe meglio, allora, utilizzare in tutti i casi il metodo convenzionale, che prevede un livello maggiore di approfondimento.

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