Urbanistica

Immobili Inarcassa nel fondo di Caltagirone, il Consiglio di Stato: rendere accessibili i documenti

di Massimo Frontera

I professionisti che compongono il comitato dei delegati di Inarcassa sono titolati ad avere contezza di tutti gli atti sui quali sono chiamati a deliberare. È questo in sintesi il principio con il quale il Consiglio di Stato (sezione Terza) ha recentemente confermato una sentenza del Tar dell'agosto 2015 imponendo agli organi direttivi della Cassa di previdenza degli ingegneri e degli architetti di consentire l'accesso a tutti gli atti richiesti.

Operazione immobiliare da mezzo miliardo di euro
Il pronunciamento di Palazzo Spada sembrerebbe di scarso rilievo, se non fosse per la questione che ha dato origine al contenzioso, e che è stata sollevata da uno dei delegati Inarcassa in rappresentanza degli architetti di Roma, Gianluca Valle. La questione riguarda una operazione immobiliare da quasi mezzo miliardo di euro che Inarcassa ha deliberato nel 2014. Più precisamente si tratta del conferimento di parte del suo patrimonio immobiliare in un fondo gestito da Fabrica Immobiliare Re, società controllata dal gruppo Caltagirone. Il valore esatto dell'operazione, riportato dalle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato, è di 490, 6 milioni di euro.

L'avvio del contenzioso
Secondo quanto si ricava dalle carte, Inarcassa non avrebbe soddisfatto pienamente la richiesta documentale del delegato relativamente a questa operazione. Il diniego di accesso agli atti, comunicato da Inarcassa nel marzo del 2015, è stato così impugnato di fronte al Tar. La prima sentenza del Tar Lazio (n.10707 depositata il 6 agosto 2015) accoglie, in parte, il ricorso, ordinando a Inarcassa di rendere disponibili gli atti richiesti e impone anche il pagamento di 2.000 euro di spese legali al ricorrente). La cassa di previdenza prosegue la battaglia legale, ma il Consiglio di Stato (nonostante l'ordinanza di sospensiva deliberata nel novembre 2015 su richiesta di Inarcassa) - conferma la decisione del Tar Lazio nella sentenza n. 113/2017 depositata il 16 gennaio scorso.

Le modalità dell'accesso agli atti
Il cuore della questione riguarda le modalità con le quali Inarcassa ha deciso la cessione di una quota rilevante del patrimonio. Modalità sulle quali il delegato Inarcassa voleva vederci chiaro. L'obiettivo del delegato Valle è infatti di «verificare - come si legge nella prima sentenza del Tar - che l'operazione di dismissione del patrimonio immobiliare sia avvenuta "secondum legem" ed in particolare se siano stati rispettati i passaggi autorizzatori da parte dei due Ministeri vigilanti». Da qui la richiesta di visionare alcuni documenti, finora negati. Due sono in particolare gli atti di interesse.
Il primo documento consiste nel decreto non regolamentare di concerto Economia e Lavoro, che la legge 122/2010 richiede per le «operazioni di acquisto e vendita di immobili da parte degli enti pubblici e privati che gestiscono forme obbligatorie di assistenza e previdenza, nonché le operazioni di utilizzo, da parte degli stessi enti, delle somme rivenienti dall'alienazione degli immobili o delle quote di fondi immobiliari». Tali operazioni, sempre secondo quanto si legge infatti nella legge n.122 (articolo 8 comma 15) sono «subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali».
Gli altri documenti di cui si chiede l'accesso sono - sempre stando alla lettera della sentenza del Tar Lazio - gli «atti di approvazione e di autorizzazione delle operazioni di conferimento da parte del Comitato dei Delegati (con la documentazione connessa e prodromica)». In altre parole si contesta a Inarcassa di non aver mai esibito gli atti con cui è stata deliberata l'operazione immobiliare.

Inarcassa: documenti già messi a disposizione
Interpellati sulla vicenda, i vertici di Inarcassa, ostentano tranquillità. «Il presidente Giuseppe Santoro - fa sapere Inarcassa in una nota inviata in risposta alla richiesta di un commento sulla vicenda - nel consueto rispetto istituzionale verso gli organi giurisdizionali, non desidera rilasciare alcuna dichiarazione a commento della sentenza del Consiglio di Stato. Tuttavia, come riportato nella stessa sentenza: "nel presente grado del giudizio le parti concordemente riferiscono che la documentazione richiesta è stata già posta a disposizione dell'appellato", compreso il decreto interministeriale ex art. 8 comma 15 della legge 122/2010 e connessi. Nessuna difficoltà quindi a rimettere a disposizione dell'appellato quanto già a suo tempo fornito».
Per capire se la vicenda finirà qui, o se invece - come appare più probabile - riserverà altri sviluppi, basterà attendere. Fra pochi giorni infatti scade il termine entro il quale Palazzo Spada impone alla Cassa di dare accesso agli atti. E allora ci potrebbe essere materia per un "sequel".

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